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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Processo al Nuovo Clan Partenio, i difensori attaccano: "Nicola Galdieri tirato in mezzo perché serviva un architrave dell’attività usuraia"

Nella giornata di oggi, all'interno dell'Aula di Assise del Tribunale di Avellino, è proseguita la discussione degli avvocati di fiducia degli imputati accusati, a vario titolo, di associazione di stampo camorristico, tentata estorsione, usura e turbata libertà degli incanti

Continua il processo che vede imputati gli affiliati al Nuovo Clan Partenio; accusati, a vario titolo, di associazione di stampo camorristico, tentata estorsione, usura e turbata libertà degli incanti. Nella giornata di oggi, all'interno dell'Aula di Assise del Tribunale di Avellino - dinanzi al giudice dott. Gian Piero Scarlato, con i giudici a latere dott. Giulio Argenio e dott. Lorenzo Corona - è proseguita la discussione dei difensori di fiducia degli imputati. Nel corso della requisitoria del Pm Antimafia dott.ssa Simona Rossi, avvenuta il 16 maggio 2023, dopo aver ripercorso cinque anni di indagine e tutti i principali episodi delittuosi contenuti nelle oltre trecento pagine di ordinanza, a distanza di due anni e mezzo dalle misure cautelari, ha chiesto - complessivamente - 387 anni di reclusione per i 21 imputati. 

Nel corso del processo contro il presunto Nuovo Clan Partenio, il dibattimento ha visto emergere una serie di imputazioni mosse dalla pubblica accusa nei confronti dei soggetti coinvolti. Tuttavia, l'avvocato Claudio Davino, legale di fiducia di Nicola Galdieri, ha sollevato seri dubbi riguardo alla corretta interpretazione delle imputazioni e alla presunta associazione mafiosa che si vorrebbe attribuire al clan.

In una vibrante requisitoria del PM, si è sostenuto che il Nuovo Clan Partenio si opponesse alla vecchia guardia presente sul territorio per la spartizione delle attività criminali. Tuttavia, secondo l'avvocato Davino, queste imputazioni rappresentano un surplus di accuse che richiedono un'analisi attenta e una valutazione finale accurata. Egli mette in discussione il reato associativo contestato, sottolineando la necessità che le imputazioni siano supportate dalle circostanze dei fatti.

"Dopo una prima lettura dei capi d'imputazione, la difesa si è trovata scoraggiata", ammette il penalista. Tuttavia, il fervente protesto del loro assistito ha spinto gli avvocati Davino e Aufiero a condurre ulteriori verifiche: "Ciò che è emerso durante il processo è stato inquietante: la polizia giudiziaria ha utilizzato un metodo discutibile, inquietante, che difficilmente abbiamo riscontrato nella nostra lunga carriera professionale".

Durante la discussione, l'avvocato Davino ha presentato delle registrazioni audio che, a loro dire, dimostravano ampiamente i dubbi sollevati, sottolineando con forza gli errori che hanno caratterizzato le prove presentate a carico degli imputati: “I metodi utilizzati sono stati manchevoli. Non sono state fatte verifiche. Il problema è ricollegare il Galdieri Nicola al reato di usura e poi, dopo, all’associazione mafiosa. Due reati completamente diversi che, senza dubbio, non fanno di Galdieri Nicola il “boss a interim” del presunto clan. Queste accuse sono state fatte “a sensazione”. Il presunto rapporto tra Galdieri e Dello Russo, poi, è stato inventato dalla polizia giudiziaria. Per poter sostenere l'accusa di associazione mafiosa, prevista dall'articolo 416 bis del Codice Penale, è necessaria una prova incontrovertibile dell'affermazione del metodo mafioso. Questo comporta la presenza di violenza, minacce e l'assoggettamento del territorio al potere criminale. Al di fuori di questo contesto, non è possibile parlare di reato associativo mafioso". Pertanto, l'avvocato Davino chiede al collegio giudicante, nel segreto della camera di Consiglio, di valutare attentamente, prima di ogni cosa, la vera natura del capo d'imputazione e, infine, l'assoluzione per il suo assistito. 

Oggi è emerso un nuovo elemento che aggiunge nuove sfumature alla vicenda de "Il Pagliarone" e che coinvolge direttamente il processo in corso. Riguarda le intercettazioni telefoniche e i "brogliacci" della Polizia Giudiziaria. Questi nuovi elementi mettono in discussione le dichiarazioni di Livia Forte, che ha sempre sostenuto di avere pochi legami con Nicola Galdieri. Inoltre, sono state fornite informazioni che sollevano dubbi anche sulla veridicità dei dati dei GPS relativi agli spostamenti di Nicola Galdieri. Questi nuovi sviluppi – a detta dei difensori – rappresenterebbero una smentita categorica alle affermazioni di Livia Forte riguardo alla sua relazione con Nicola Galdieri. Le intercettazioni telefoniche e i documenti della Polizia Giudiziaria sembrano fornire prove che contraddicono le sue affermazioni. Queste nuove informazioni mettono in luce la necessità di un'analisi più approfondita e accurata delle evidenze presentate durante il processo. Inoltre, è stato sollevato un interrogativo anche riguardo alla veridicità dei dati dei GPS. Queste informazioni geografiche sono state spesso utilizzate come prova di determinati movimenti o posizioni durante la vicenda de "Il Pagliarone". Tuttavia, gli elementi emersi oggi mettono in dubbio la loro affidabilità, suggerendo la possibilità di errori nei dati raccolti.

"Occorre cercare la sincerità nella propria coscienza, quanti individui abbiamo influenzato con le prove presentate contro l'imputato e le risposte fornite"

Nella giornata odierna, l'avvocato Gaetano Aufiero ha proseguito la discussione difensiva concentrandosi sulle posizioni di Carlo Dello Russo e Nicola Galdieri, due dei principali imputati coinvolti nel processo. L'avvocato ha cercato di dimostrare la non colpevolezza dei suoi assistiti, esaminando attentamente le prove presentate dall'accusa e avanzando argomentazioni a loro favore. Il penalista ha iniziato la sua argomentazione citando un passaggio letterario: "Occorre cercare la sincerità nella propria coscienza, quanti individui abbiamo influenzato con le prove presentate contro l'imputato e le risposte fornite". Questa citazione mette in luce l'importanza di una visione chiara e onesta nel processo legale. Il nostro sistema giuridico ci obbliga a porre una sola domanda, che rappresenta l'essenza stessa delle prove presentate: "Ha una ferma convinzione? Tuttavia, dobbiamo anche considerare che ci possono essere un insieme di informazioni false e un cumulo di menzogne che hanno influenzato il caso. Ciò ci porta a riflettere su cosa sarebbe successo se avessimo avuto l'opportunità di esaminare più approfonditamente gli atti processuali. La domanda che sorge spontanea è: cosa sarebbe cambiato se avessimo avuto accesso a una panoramica più completa delle prove e delle informazioni disponibili?”. Questa riflessione pone l'accento sulla necessità di una revisione critica delle prove presentate e sulla garanzia di un processo equo e imparziale.

L'avvocato Aufiero ha affermato che, nel sistema giudiziario, è fondamentale che si faccia luce su eventuali informazioni fuorvianti o false, al fine di garantire che la giustizia sia effettivamente raggiunta. Gli atti processuali devono essere accuratamente esaminati e le prove devono essere valutate in modo oggettivo per evitare errori e garantire un'adeguata tutela dei diritti delle persone coinvolte nel processo, senza nessun pregiudizio: "Nicola Galdieri ha vissuto un episodio insolito nella sua vita, quando è stato oggetto di un sequestro, ma non di armi o denaro. Ciò che è stato sequestrato è una VHS, una vecchia cassetta de "Il Padrino", ha continuato a spiegare Aufiero che, in seguito, cita anche il processo parallelo "Aste OK", sulle aste giudiziarie: “Nell'altro procedimento in corso si affronta la questione del monopolio delle aste giudiziarie, e non si tratta di un errore. Il mantenimento del controllo monopolistico sulle aste è effettivamente una "necessità". Infatti, se viene meno questo controllo, che riguarda solamente 12 aste su un totale di 370, l'intera ipotesi accusatoria crollerebbe. Delle 12 aste menzionate, nessuna è riconducibile a Pasquale Galdieri, mentre solo una coinvolge Nicola Galdieri e due Carlo Dello Russo. Questo è ciò che l'ufficio di Procura definisce come "il monopolio delle aste".

La citazione letteraria iniziale dell’avvocato Aufiero richiama alla sincerità e all'integrità nel processo legale. L'interrogativo sulla possibilità di conoscere meglio gli atti evidenzia l'importanza di un'analisi approfondita delle prove presentate. Solo attraverso un'indagine accurata e obiettiva delle informazioni disponibili sarà possibile giungere a una conclusione veritiera e garantire la giustizia nel sistema giudiziario: "Galdieri Nicola è stato tirato in mezzo nell’attività usuraia perché serviva “l’architrave” dell’attività delittuosa. Questa è stata una costruzione dell’Accusa, nulla più di una fantasiosa invenzione dell’ufficio di Procura". 

Il penalista rincara la dose è si scaglia con vigore contro le testimonianze della "Regina delle aste": "Forte Livia sostiene di essere stata prelevata da Pagano Beniamino dalla sua abitazione e portata da Galdieri Pasquale poco prima dell'incendio della sua auto. Tuttavia, abbiamo dimostrato con una regolare certificazione che questa affermazione di Livia Forte è falsa, poiché nel periodo indicato Pagano Beniamino era detenuto in provincia di Torino. Un'altra situazione simile riguarda Bocciero Diego. Livia Forte afferma che Bocciero si sia presentato presso il ristorante "It's OK", ma anche in questo caso abbiamo dimostrato che, al momento dei fatti, Bocciero era detenuto e quindi non avrebbe potuto trovarsi presso il ristorante". 

Aufiero: "L'accusa di usura per Dello Russo è una ricostruzione estremamente audace"

L'atmosfera nell'Aula di Assise era densa di tensione, mentre l'attenzione di tutti i presenti rimaneva focalizzata sulle argomentazioni degli avvocati difensori e sulla possibile reazione del collegio giudicante. La gravità delle accuse e la complessità del caso rendevano il processo estremamente delicato, richiedendo una valutazione accurata delle prove e un'analisi attenta di tutte le posizioni degli imputati. Per la posizione di Carlo Dello Russo, l'avvocato Aufiero ha preferito un approccio analitico, depositando le memorie difensive e aggiungendo alcune precisazioni nel corso della discussione: "Per quanto riguarda Dello Russo, il Pubblico Ministero ha richiesto la massima pena, ma bisogna considerare che stiamo trattando una situazione complessa, una posizione che io definirei "bipolare". L'accusa di usura a suo carico è una ricostruzione estremamente audace. Le testimonianze presentate in aula hanno affermato più volte che non si è mai discusso di interessi con Dello Russo. In alcuni casi, addirittura, è stato dichiarato che tali prestiti non sono mai avvenuti. Ciò che è emerso durante il processo è completamente diverso dalla natura del reato contestato. Non vi è usura, non vi è estorsione, ci sono solo minacce, ma scaturite dall'effettivo tentativo di recuperare il credito. Si tratta semplicemente di un esercizio arbitrario delle proprie funzioni, certamente non del reato contestato. Durante le intercettazioni è emersa una realtà diversa: "il camorrista!" Dello Russo è stato preso in giro più volte. Non è un usuraio. Ha minacciato le sue presunte vittime soltanto perché queste avevano effettivamente ricevuto del denaro da lui e non glielo avevano restituito, ma senza usura. Ci sono intercettazioni inequivocabili. Dello Russo - ed è evidente - non riesce a recuperare nemmeno un centesimo. Non emergono minacce fatte per conto di terzi. Ma, quando si fa parte di un'associazione così feroce, non dovrebbero esserci elementi inequivocabili come l'affermazione della propria supremazia territoriale? Non dovrebbero esserci manifestazioni di forza? Imprese criminali evidenti?". L'avvocato Aufiero, in relazione agli eventi sopracitati, ha richiesto l'assoluzione per il suo assistito. I difensori degli imputati si sono impegnati con forza nel tentativo di dimostrare la presenza di errori già presenti nel capo d'imputazione. I legali hanno puntato tutto su presunti errori presenti nella formulazione delle accuse mosse contro i loro assistiti. Hanno sottolineato come, a loro avviso, ci fossero delle lacune o delle incongruenze nel capo d'imputazione, che avrebbero potuto influenzare negativamente l'intero processo. Questi tentativi miravano a minare la solidità dell'accusa e a mettere in discussione la validità delle prove presentate dall'accusa stessa.

Nonostante l'iter processuale sia ancora in corso, il caso del Nuovo Clan Partenio ha attirato in maniera adeguata l'attenzione dell'opinione pubblica, poiché rappresenta un ulteriore capitolo nella lotta contro la criminalità organizzata e testimonia l'impegno delle autorità nel contrasto alle attività camorristiche in Irpinia. L'esito di questo processo avrà un impatto significativo sulla percezione dell'efficacia del sistema giudiziario nella lotta contro la criminalità organizzata e nella tutela dei cittadini.

La prossima udienza, adesso, è attesa per il 3 luglio 2023 quando discuteranno gli avvocati Villani, Tagliaferri e Tecce. Il giorno successivo, il 4 luglio, invece, sarà il turno di Perone e Quatrano. 

Processo al Nuovo Clan Partenio, il filone dell'estorsione e dell'usura

Questo filone processuale è relativo all’inchiesta condotta dalla Dda di Napoli sul clan Partenio che vede alla sbarra i fratelli Pasquale e Nicola Galdieri, ritenuti a capo dell’organizzazione malavitosa irpina, insieme ad altre persone. Nelle oltre mille pagine di ordinanza cautelare è evidenziato lo spessore criminale del clan diretto dai fratelli Galdieri che si occupavano di usura ed estorsioni. Per gli inquirenti, infatti, il gruppo criminale è nato dalle ceneri del vecchio clan Partenio che a fine anni ’90 ha insanguinato la provincia di Avellino. Un’organizzazione che faceva capo ai Genovese e che gestiva un grosso traffico di cocaina.

Al termine della requisitoria del 16 maggio 2023, il Pubblico Ministero, dott.ssa Simona Rossi, ha avanzato le seguenti richieste di pena:

  1. Pasquale Galdieri, chiesti anni 30 di reclusione, 
  2. Nicola Galdieri, chiesti anni 27 di reclusione,
  3. Carlo Dello Russo, chiesti anni 30 di reclusione, 
  4. Ernesto Nigro, chiesti anni 20 di reclusione, 
  5. Diego Bocciero, chiesti anni 24 di reclusione, 
  6. Luigi De Simone, chiesti anni 18 di reclusione, 
  7. Angelo Genito, chiesti anni 22 di reclusione, 
  8. Antonio Matarazzo, chiesti anni 20 di reclusione,
  9. Giuseppe Moscariello, chiesti anni 17 di reclusione, 
  10. Ludovico Nittolo, chiesti anni 19 di reclusione, 
  11. Mario Rosania, chiesti anni 18 di reclusione,
  12. Antonio Taccone, chiesti anni 20 di reclusione, 
  13. Carmine Valente, chiesti anni 26 di reclusione,
  14. Giuseppe Giovanni Volpe, chiesti anni 10 di reclusione,
  15. Renato Freda, chiesti anni 17 di reclusione,
  16. Giuliana Brogna, chiesti anni 6 di reclusione, 
  17. Giuseppina Nigro, chiesti anni 18 di reclusione,
  18. Martino De Fazio, chiesti anni 9 di reclusione,
  19. Franco Ambrosone, chiesti anni 9 di reclusione,
  20. Giuseppe Durante, chiesti anni 22 di reclusione,
  21. Sabino Mariano, chiesti anni 5 di reclusione. 

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