Processo Clan Graziano: "Avevano percepito il vuoto di potere all'interno del clan Cava"
Processo Clan Graziano, i testi di polizia giudiziaria ricostruiscono l’attività del sodalizio criminale
Processo Clan Graziano – nella giornata di oggi, presso il Tribunale di Avellino, è stata celebrata una nuova udienza nel processo che vede imputati Fiore e Salvatore Graziano, Antonio Mazzocchi e Domenico Ludovico Rega. Quest’ultimi sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo camorristico. Nella fattispecie, veniva ascoltato un nuovo teste di polizia giudiziaria voluto dal Pubblico Ministero.
La prima ipotesi investigativa dei carabinieri è nata dall’attività di intercettazione. Nel 2016, dopo l’omicidio di Maffettone, è emersa un’insolita vicinanza tra i Vitale e i Graziano. Da questo spunto investigativo è emerso un nuovo scenario nel panorama criminale del Vallo di Lauro.
A questo episodio si aggiunse anche l'attentato all'auto dello stesso Donnarumma. L'accaduto risale alla sera del 21 giugno 2018, quando l'esplosione di una bomba carta distrusse l'auto in sosta dell'imprenditore, a Bosagro nel comune di Quindici. Queste vicende portarono lo stesso ad affermare di non essere più intenzionato a fare da ambasciatore della famiglia Graziano.
Oggi si è svolto anche il controesame dell'Avvocato Raffaele Bizzarro, difensore di fiducia di Graziano Fiore e Graziano Salvatore. Il penalista ha approfondito con il carabiniere le relazioni degli imputati e determinati elementi propri del 416 bis che, poi, sono stati oggetto di indagine da parte dei carabinieri. In seguito, la discussione si è concentrata su Mazzocchi Antonio, difeso dall’Avvocato Sabato Graziano. Il militare ha esposto il contenuto di alcune attività investigative relative all'imputato e alle sue relazioni con gli altri imputati, in particolare focalizzandosi sulla loro collocazione temporale. Questo aspetto è fondamentale per comprendere meglio il loro rapporto durante le estorsioni contestate.
In merito a quanto riferito oggi dal luogotenente, infine, l'imputato Graziano Salvatore ha successivamente rilasciato dichiarazioni spontanee, fornendo dettagli riguardo all'auto di Vitale che è passata vicino alla sua abitazione. Inoltre, l'imputato ha precisato la natura dei suoi spostamenti, affermando che usciva per raccogliere funghi e per portare a spasso il cane, non per incontrare altre persone coinvolte nell'indagine.
La prossima udienza è attesa per il 20 febbraio 2024.
La faida tra i Cava e i Graziano
Nell’agosto del 2019 i Carabinieri del Comando Provinciale di Avellino, nel Vallo di Lauro e nella provincia di Verona diedero esecuzione a cinque misure cautelari per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il procedimento ha riguardato i fratelli Fiore e Salvatore Graziano, 46 e 48 anni, ritenuti elementi di spicco del clan Graziano, Domenico Desiderio e Antonio Mazzocchi, imprenditori di onoranze funebri, e Domenico Ludovico Rega, altro esponente del clan Graziano.
Tutto è iniziato con la scarcerazione di Cava Jr.
Stando a quanto si apprende, tutto è partito con la scarcerazione di Salvatore Cava, figlio del boss Biagio, morto di tumore dopo una lunga detenzione in regime di 41 bis. Questo, di fatto, ha dato nuova linfa a una faida, quella con il clan Graziano, che va avanti da oltre quarant’anni. Il nucleo speciale dei Cacciatori del Gargano ha battuto ogni centimetro dei boschi tra Quindici e Lauro e, qui, è stato ritrovato un manichino di donna, con un nastrino azzurro in vita e due fori di proiettile (sparati con un fucile di precisione) all’altezza del cuore.
I familiari di Cava erano l’obiettivo
Gli inquirenti della Dda di Napoli, in brevissimo tempo, hanno individuato, come obiettivi dell’agguato, Salvatore Cava e la moglie. Le accuse di estorsione aggravata dal metodo mafioso, nascono da una serie di attentati e minacce compiuti nel Vallo di Lauro, nello specifico, contro un’impresa di pompe funebri di Domicella.
I Graziano hanno preteso una tangente da 100mila euro; minacciando continuamente i dipendenti, fino ad arrivare a sparare contro il cancello della ditta. Modus operandi, questo, rivolto anche nei confronti di un’impresa edile incaricata di realizzare i lavori per un parcheggio che sarebbe dovuto nascere proprio nei pressi dell’impresa funebre di Domicella. I fatti sono avvenuti tra il 2017 e il 2018 e, grazie ad alcune intercettazioni ambientali e telefoniche, il cerchio si è chiuso.