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Cronaca

Processo Aste OK, emerge il “protocollo” di Livia Forte: “Aveva anche le chiavi del bagno dei dipendenti del Tribunale”

“Armando Aprile girava con una 500 con una corona sulle portiere, enorme, con la scritta sotto “Aste Immobiliari” a caratteri cubitali”

Il 20 maggio scorso si è svolta una nuova udienza relativamente all'inchiesta giudiziaria ribattezzata "Aste Ok" e che ha visto sul banco degli imputati ben 22 persone, accusate, a vario titolo, di associazione finalizzata alla turbativa delle aste fallimentari, alla tentata estorsione e all’intestazione fittizia di beni. Nel corso dell’escussione di un testimone di parte civile, emergevano dettagli fondamentali di quello che, a tutti gli effetti, può essere definito un “protocollo” voluto da Livia Forte al fine di pilotare le aste giudiziarie: “Andammo a casa e il signor Armando Aprile volle visitare tutta l’abitazione, partendo dalla camera da letto, i bagni, la cucina – per capirci - tutt’e tre i piani. La visitò tutta e, prendendomi da parte, mi invitò ad andare presso il ristorante della signora Livia Forte, ricordandomi - di nuovo - che la signora era molto aggressiva, che aveva la capacità economica e finanziaria di acquistare qualsiasi bene in qualsiasi posto. Mi raccontò di una esecuzione immobiliare, a cui aveva partecipato, di una casa ad Avellino; raccontandomi di una villa - cui i vecchi proprietari volevano rientrare in possesso - partita da una base di circa 100.000 euro. La signora se l’era acquistata, queste sono parole sue, per circa 350.000-400.000 euro”.

Nel corso dell’escussione, il Pm Woodcock incalzava il testimone, chiedendogli perchè - anche in quella sede – le richieste di Livia Forte gli fossero apparse particolarmente aggressive: “Perché, sicuramente, la loro richiesta era di natura economica. Chiedevano soldi affinché loro non comprassero il bene all’Asta”. A questo punto, il teste riferisce cosa gli fu detto da Armando Aprile: “Guarda, tu sai come funziona, vieni di là e ti metti d’accordo con la signora Livia. Questo me lo fece capire quando, a casa, tirò fuori i soldi aggiungendo che, quello, era il protocollo che devono portare avanti le persone che vogliono ragionare in un certo modo”.

"Per entrare nel Tribunale ci vogliono 20.000 euro”

Successivamente a questo incontro, poi, ci fu un nuovo appuntamento nei giorni successivi e, in quel frangente, si delineò la strategia della richiesta economica: “Mi presentai all’appuntamento con gli abiti da lavoro, come facevo sempre. C’era un signore con i baffi che non avevo mai visto e mi venne incontro un cameriere, che mi fece fare il percorso. Mi sono trovato al tavolo con delle persone. Nell’ordine, una persona corpulenta, di cui non conoscevo il nome e che non avevo mai visto prima. C’era quello che poi ho capito essere il signor Modestino Forte, e c’erano anche la signora Livia Forte e il signor Aprile. Io ero seduto di fronte. Mi ricordo di aver pensato di stare sostenendo un esame all’Università”. A questo punto del racconto, poi, emerge la richiesta economica: “Tu sai cosa è successo? Devi sapere che ci sono delle persone interessate all’acquisto del tuo capannone. Io risposi che andava bene, che l’immobile era all’asta, pazienza. In quel momento mi dissero che se non avessi voluto farle partecipare occorrevano 20.000 euro. Per non far partecipare queste persone e per cercare di entrare nel Tribunale ci vogliono 20.000 euro”.
Woodcock, a quel punto, chiede: “Questi 20.000 euro a chi dovevano essere destinati?”. La risposta è diretta: “Sicuramente ai signori Forte e al signor Aprile”. 

"Livia Forte aveva un atteggiamento diverso da tutti gli altri, di dimestichezza, aveva anche le chiavi del bagno"

L’escussione del testimone non si ferma, è un fiume in piena e – alla domanda di uno degli avvocati sul perché fosse così sicuro che la donna presente nel corso dell’appuntamento fosse proprio Livia Forte - emergono dettagli assolutamente inquietanti: “Avevo visto quella sagoma e quella figura nel Tribunale, poi lì mi sono reso conto che quella persona, che avevo visto più volte durante le Aste, presso la stanza numero 30, era la signora Livia Forte. Era una delle poche donne presenti, oltre agli avvocati. E poi, una cosa che mi ha colpito, era la familiarità con cui trattava con le persone. Quell’universo/mondo è frequentato da tre persone: gli esecutati, che hanno tutti la stessa faccia; gli avvocati che fanno le questioni e poi chi va a comprare i beni. Si vedeva che la signora non era un avvocato e non era un esecutato. Aveva un atteggiamento di familiarità, di dimestichezza con le persone. Inoltre, come ho detto in udienza, la signora Forte, il 21 marzo, ha tirato fuori dalla borsa le chiavi del bagno dei dipendenti del Tribunale”.

Aprile girava con una 500 con la scritta "Aste Immobiliari" 

Vengono descritte, poi, le parole che Armando Aprile utilizzava per intimorire le persone: “Guarda, tu sai chi sono io. Tu lo sai, io vengo per nome e conto della signora Livia Forte. Tu sai che è una signora molto aggressiva dal punto di vista economico e anche dal punto di vista degli acquisti delle abitazioni. Quindi, se tu vuoi continuare ad avere i beni o avere la possibilità di fartelo acquistare, devi sapere che devi venire a relazionare con la signora Forte”. 

Infine, poi, a rimanere impresso nella mente, fu un dettaglio della vettura di Armando Aprile: “Era una 500 a quattro porte, con una corona sulle portiere, enorme, con la scritta sotto ‘Aste Immobiliari’ a caratteri cubitali. Io mi ricordo che, quando siamo arrivati a casa, ho capito che serviva soprattutto per intimorire le persone. Per questo motivo si presenta davanti a un’abitazione con una macchina del genere, con una corona color argento/oro e la scritta su tutta la fiancata dell’auto, a destra e a sinistra, ‘Aste Immobiliari’”.

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