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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Processo al Nuovo Clan Partenio, i difensori in aula: "Senza violenza di quale camorra parliamo?"

Nella giornata di oggi, all'interno dell'Aula di Assise del Tribunale di Avellino, è proseguita la discussione degli avvocati di fiducia degli imputati accusati, a vario titolo, di associazione di stampo camorristico, tentata estorsione, usura e turbata libertà degli incanti

Continua il processo che vede imputati gli affiliati al Nuovo Clan Partenio; accusati, a vario titolo, di associazione di stampo camorristico, tentata estorsione, usura e turbata libertà degli incanti. Nella giornata di oggi, all'interno dell'Aula di Assise del Tribunale di Avellino - dinanzi al giudice dott. Gian Piero Scarlato, con i giudici a latere dott. Giulio Argenio e dott. Lorenzo Corona - è proseguita la discussione dei difensori di fiducia degli imputati. Nel corso della requisitoria del Pm Antimafia dott.ssa Simona Rossi, avvenuta il 16 maggio 2023, dopo aver ripercorso cinque anni di indagine e tutti i principali episodi delittuosi contenuti nelle oltre trecento pagine di ordinanza, a distanza di due anni e mezzo dalle misure cautelari, ha chiesto - complessivamente - 387 anni di reclusione per i 21 imputati. 

Nella giornata odierna, è stata la volta degli avvocati Alberico Villanie Raffaele Tecce di presentare le loro difese. Con competenza e determinazione, i difensori si sono adoperati per contestare le accuse e dimostrare l'infondatezza delle imputazioni nei confronti dei propri assistiti. L'obiettivo principale è stato quello di ottenere una sentenza equa e garantire il rispetto del diritto di difesa per ciascun imputato. La prima posizione discussa riguarda Giovanni Volpe, difeso dall'avvocato di fiducia Raffaele Tecce. "La responsabilità di Volpe è fuori contesto; lui è coinvolto nella vicenda a causa del suo rapporto con la fidanzata. Ogni suo comportamento è condizionato da questa relazione", afferma l'avvocato Tecce. "Le conversazioni intercettate non ci forniscono alcuna prova dell'accusa contro Giovanni Volpe. L'unica cosa che emerge è che Volpe ha accompagnato Ernesto Nigro sul cantiere oggetto dell'indagine. Un altro episodio contestato, che coinvolge Giovanni Volpe e Giuseppina Nigro, non presenta alcun elemento che possa confermare l'implicazione di Volpe nell'indagine. L'accusa ritiene che l'intercettazione più importante sia quella in cui Volpe afferma: 'Se non lo facevo io, hai voglia ad aspettare!' Tuttavia, non emerge in alcun modo se questa frase si riferisca agli episodi contestati. È evidente che, in assenza di prove incontrovertibili dei reati contestati, questo processo si basa solo su supposizioni. Non si comprende nemmeno quale sia stato il contributo di Volpe. La sua presenza in questa vicenda è stata completamente passiva e non contribuisce minimamente alle principali accuse riguardanti la presunta estorsione".

L'avvocato Tecce ha nuovamente contestato l'aggravante del metodo mafioso sostenendo: "Ciò che manca è l'elemento di violenza nell'azione. Allo stesso modo, l'accusa di agevolamento dell'attività mafiosa non può essere sostenuta. Non possiamo affermare che Volpe abbia commesso l'estorsione per sostenere l'attività mafiosa." Il penalista ha inoltre presentato alcune intercettazioni in cui Volpe si rivolge alla fidanzata dicendo: "L'ho fatto per te! Perché è tuo fratello, per aiutarlo! Ma l'ho fatto per te!". Secondo il difensore, queste intercettazioni dimostrerebbero l'insussistenza dell'aggravante relativa all'agevolamento dell'attività mafiosa da parte del clan. L'avvocato Tecce ha chiesto l'assoluzione per numerosi capi d’imputazione e di valutare nel modo corretto la pena per un uomo la cui posizione all'interno della vicenda è assolutamente marginale. 

Durante la discussione avvenuta presso l'Aula di Assise del Tribunale di Avellino, l'avvocato Alberico Villani, difensore di Nigro Ernesto, Moscariello Giuseppe, Nigro Giuseppina e Rosania Mario, ha sollevato importanti questioni e manifestato delle perplessità riguardo all'accusa e alle prove presentate. "Ci sono delle questioni che mi sono apparse delle forzature da parte dell'accusa", ha dichiarato l'avvocato Villani, avviando la sua discussione difensiva. "L'argomento forte che voglio subito portare all'attenzione è che non c'è stato nessun riscontro della presenza camorristica sul territorio”. Secondo l'avvocato, l'imputazione a Ernesto Nigro basata sulle intercettazioni non ha trovato una conferma nella realtà. Inoltre, ha espresso perplessità sul fatto che molte figure importanti per l'indagine non siano state esaminate in modo adeguato, nemmeno per verificare se avessero una conoscenza dell'imputato.

L'avvocato Villani ha inoltre menzionato il noto caso di "Mafia Capitale" per sottolineare la differenza di approccio investigativo. "In sede di controesame, gli inquirenti hanno scelto di portare in aula solo alcuni soggetti a discapito di altri", ha affermato l'avvocato. "Nel caso di 'Mafia Capitale', ero assolutamente certo della presenza di un'attività criminale. Se ad Avellino ci fosse stata un'associazione criminale in grado di applicare il vero metodo mafioso sul territorio, sarebbe stata subito rilevata dagli inquirenti."

Secondo l'avvocato Villani, gli investigatori avrebbero dovuto condurre un'indagine orientata a dimostrare la presenza della camorra nel territorio, basandosi sulla loro conoscenza approfondita del territorio stesso. Tuttavia, sembra che la presenza della camorra sia nata con Nigro, senza precedenti informazioni o segni di un fenomeno criminale così grave ed esteso nella provincia. L'avvocato difensore, con tono deciso, ha contestato immediatamente l'accusa di affiliazione nei confronti di Nigro Ernesto, mettendo in dubbio la volontà dell'imputato di unirsi alle presunte associazioni criminali presenti nel territorio. "Al di là della sua spavalderia, noi contestiamo immediatamente il reato di affiliazione di Nigro Ernesto. Non c'è mai stata la volontà di affiliarsi alle presunte associazioni criminali presenti sul territorio", ha affermato. Secondo la difesa, le supposizioni del Pubblico Ministero si basano su un incontro tra Nigro Ernesto e Pasquale Galdieri in un garage, ma l'avvocato ha criticato l'eccesso di zelo dei verbalizzanti. "Purtroppo devo dire che i verbalizzanti si sono lasciati prendere la mano. La polizia giudiziaria era convinta della propria intuizione investigativa. Erano tutti convinti che si trattasse di camorra ed erano tutti convinti che ci fosse un'associazione mafiosa sul territorio”.

Villani ha anche citato il procedimento parallelo relativo alle aste giudiziarie, contestando l'accusa di attività intimidatoria. "Non c'è un testimone cui è stato impedito di partecipare alle aste. Anche in questo caso non c'è stata nessuna attività intimidatoria nei confronti di nessuno. Ma questi, secondo voi, che razza di camorristi sarebbero?" ha sottolineato l'avvocato. "L'accusa deve dimostrare che ci sia stata un'effettiva attività intimidatoria nei confronti delle vittime”. Secondo la difesa, emerge con chiarezza dai passaggi relativi agli imputati quali fossero i reali rapporti di Nigro Ernesto con gli altri coinvolti nel processo. "Da tutti i passaggi che riguardano gli imputati emerge con evidenza sibillina quali fossero i reali rapporti di Nigro Ernesto con gli altri imputati. Noi riteniamo che le valutazioni del Pubblico Ministero partano da presupposti sbagliati. Nigro Ernesto voleva guadagnarsi le simpatie dei principali imputati del processo soltanto per pavoneggiarsi e darsi un tono. Di concreto non c'è nulla”. Le parole dell'avvocato Villani pongono l'accento sulla necessità di una valutazione critica delle prove e dell'indagine condotta, sottolineando l'importanza di un'analisi accurata per giungere a una giustizia equa e imparziale.  

La discussione dei difensori è stata caratterizzata da argomentazioni dettagliate, analisi delle prove presentate dall'accusa e richiami ai principi fondamentali del diritto penale: "L'unico coinvolgimento contestabile di Rosania Mario è il danneggiamento del veicolo di Dello Russo", afferma l'avvocato Villani, che ha richiesto l'assoluzione dai reati estorsivi e l'aggravante mafiosa per gli imputati, sottolineando il ruolo assolutamente marginale degli imputati all'interno dell'inchiesta. "Ritengo che, considerando che non ci sono stati episodi gravi di violenza in questa vicenda, si possa tranquillamente concedere l'accoglimento delle attenuanti generiche". Gli avvocati hanno sottolineato la necessità di valutare attentamente ogni elemento di prova e considerare ogni circostanza al fine di garantire una decisione basata sulla verità e sulla correttezza processuale. La prossima udienza, adesso, è attesa per domani - 4 luglio - quando discuteranno gli avvocati Perone e Quatrano. 

Processo al Nuovo Clan Partenio, il filone dell'estorsione e dell'usura

Questo filone processuale è relativo all’inchiesta condotta dalla Dda di Napoli sul clan Partenio che vede alla sbarra i fratelli Pasquale e Nicola Galdieri, ritenuti a capo dell’organizzazione malavitosa irpina, insieme ad altre persone. Nelle oltre mille pagine di ordinanza cautelare è evidenziato lo spessore criminale del clan diretto dai fratelli Galdieri che si occupavano di usura ed estorsioni. Per gli inquirenti, infatti, il gruppo criminale è nato dalle ceneri del vecchio clan Partenio che a fine anni ’90 ha insanguinato la provincia di Avellino. Un’organizzazione che faceva capo ai Genovese e che gestiva un grosso traffico di cocaina.

Al termine della requisitoria del 16 maggio 2023, il Pubblico Ministero, dott.ssa Simona Rossi, ha avanzato le seguenti richieste di pena:

  1. Pasquale Galdieri, chiesti anni 30 di reclusione, 
  2. Nicola Galdieri, chiesti anni 27 di reclusione,
  3. Carlo Dello Russo, chiesti anni 30 di reclusione, 
  4. Ernesto Nigro, chiesti anni 20 di reclusione, 
  5. Diego Bocciero, chiesti anni 24 di reclusione, 
  6. Luigi De Simone, chiesti anni 18 di reclusione, 
  7. Angelo Genito, chiesti anni 22 di reclusione, 
  8. Antonio Matarazzo, chiesti anni 20 di reclusione,
  9. Giuseppe Moscariello, chiesti anni 17 di reclusione, 
  10. Ludovico Nittolo, chiesti anni 19 di reclusione, 
  11. Mario Rosania, chiesti anni 18 di reclusione,
  12. Antonio Taccone, chiesti anni 20 di reclusione, 
  13. Carmine Valente, chiesti anni 26 di reclusione,
  14. Giuseppe Giovanni Volpe, chiesti anni 10 di reclusione,
  15. Renato Freda, chiesti anni 17 di reclusione,
  16. Giuliana Brogna, chiesti anni 6 di reclusione, 
  17. Giuseppina Nigro, chiesti anni 18 di reclusione,
  18. Martino De Fazio, chiesti anni 9 di reclusione,
  19. Franco Ambrosone, chiesti anni 9 di reclusione,
  20. Giuseppe Durante, chiesti anni 22 di reclusione,
  21. Sabino Mariano, chiesti anni 5 di reclusione. 

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