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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Aste OK. Per i Galdieri, il denaro era più importante del disprezzo per Livia Forte: "Teniamocela buona, facciamo i soldi"

Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza per il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d'illeciti che vede protagonista il Clan Partenio

Nella giornata di oggi, presso il Tribunale di Avellino, in composizione collegiale presieduta dal presidente Dott. Roberto Melone, a latere Vincenza Cozzino e Gilda Zarrella, ha avuto luogo una nuova udienza per il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d'illeciti che vede protagonista il Clan Partenio. Il primo atto disposto dal Tribunale di Avellino – solo per questa udienza - è lo stralcio della posizione di Genovese Damiano, difeso di fiducia dagli Avvocati Gerardo Santamaria e Claudio Mauriello. Un ricongiungimento, poi, atteso per la prossima udienza, già calendarizzata per il 23 giugno 2023. Il Pubblico Ministero John Woodcock ha espresso tutte le sue perplessità relativamente all’ordinanza del collegio: “Damiano Genovese rappresenta la genesi di questo processo, la decisione di stralciare - per oggi - la sua posizione metterebbe in serio pericolo il prosieguo del dibattimento”.

Nella fattispecie, con questa decisione, Genovese avrebbe - infatti -  l’opportunità di non dare il consenso all’utilizzo delle informazioni acquisite nel corso dell’udienza odierna e, questo, metterebbe in seria difficoltà anche i difensori di fiducia degli altri imputati. Non a caso, alla lettura dell’ordinanza, il collegio difensivo ha immediatamente chiesto al presidente Melone di rivedere la sua posizione. Il collegio si è chiuso in camera di consiglio e, al rientro in aula, l'ordinanza è stata confermata perchè, a detta del presidente, la stessa non avrebbe pregiudicato in alcun modo le posizioni degli altri imputati e neanche il lavoro dei difensori. 

Oggi il controesame degli avvocati Rosaria Vietri, Roberto Saccomanno e Gaetano Aufiero 

Successivamente, prosegue il controesame del teste - il Luogotenente del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino - da parte dei difensori di fiducia degli imputati. Il primo legale a esaminare il militare è l'avvocato Rosaria Vietri, difensore di fiducia di Mario Gisolfi, quest’ultimo accusato di turbativa d’asta per un immobile sito in Montoro, nonché di associazione di stampo mafioso poiché presunto membro del clan Partenio e longa mano - così lo definisce la Procura - del presunto clan Partenio per gli affari illeciti sull’area di Montoro. Durante il controesame condotto dall'avv. Vietri, è emerso che non sussistono intercettazioni tra l'imputato e i membri del clan Partenio, ossia Livia Forte, Forte Modestino, i Galdieri e gli altri: “Gli unici elementi investigativi sono le sommarie informazioni testimoniali. Abbiamo acquisito le documentazioni concernenti le procedure esecutive interessate, ma senza fare ulteriori riscontri”. Incalzato dalle domande dell’avvocato Vietri, il Luogotenente ha riportato il contenuto di alcune intercettazioni in cui si approfondisce il rapporto della supertestimone con gli altri esecutati, con gli imputati e – soprattutto - la natura del suo interessamento alle aste giudiziarie. 

Dopo è stato il turno del controesame dell'avvocato Roberto Saccomanno, difensore di Livia Forte e Modestino Forte. Il Luogotenente, rispondendo alle domande dell’avvocato Saccomanno, ha esposto l’attività d’indagine iniziata nel 2018. Come più volte è stato ribadito in aula, tutto è partito con una intercettazione ambientale. Successivamente, i carabinieri hanno cercato di far luce sul rischio di voto di scambio politico/mafioso nel corso delle elezioni comunali del 2018 ad Avellino ma, poi, è emerso molto altro. La testimonianza, ancora, torna sulla ben nota intercettazione del 30 gennaio del 2019, captata all’interno dell’abitazione di Galdieri Pasquale e in cui si fa riferimento all’accordo intercorso tra gli imputati. Si parla di cifre di denaro, degli immobili e - a un certo punto - Nicola Galdieri, parlando con il fratello, dichiara: “Ha detto Armando... Livia non è che mi deve dire tutti i conti. Armando ha preso i contratti, ha preso il telefono e ha fatto vedere tutte le spese che tiene ogni volta che va a vedere le case. Io costo 40.000 euro, le spese sono queste. Sono andato a Lioni, a Montella, a Montesarchio. Mi ha detto: “Io tengo delle spese, tu i conti come li fai?" - "Abbiamo trovato un accordo", con queste parole, poi, Nicola Galdieri rassicurera' il fratello: "Lui mi voleva dare il 7,50% - sopra i cicci... sono gli affari. Mi ha detto “Io questo posso offrire, Nicola”. Io gli ho detto che, a noi, devi dare almeno il 20%”. 

Il carabiniere, ancora, sciorinando il contenuto delle intercettazioni, ribadisce in aula anche la scarsa considerazione che Pasquale Galdieri aveva nei confronti di Livia Forte. Un'opinione, quella registrata nel 2019, in cui si evince che Pasquale Galdieri ritenesse "scorretta" Livia Forte. Un comportamento, quello di Livia Forte, che non soddisfaceva il boss e che ha trovato, in Nicola Galdieri, se vogliamo, un tentativo di "mediazione" tra il fratello maggiore e la "Regina delle aste": “Teniamocela buona, perché stiamo facendo i soldi”. Il Luogotenente - sempre per appurare l'entità dell'accordo intercorso - ha rappresentato al Tribunale la verifica degli accertamenti effettuati dall'Arma e da cui emerge che le tre quote del 33% andavano suddivise: 33% Aprile Armando; 33% Forte Livia e 33% Barone e Formisano. Poi, dalla quota di Forte Livia e Aprile Armando, andava corrisposto il 10% a Forte Modestino e, in più, c’era la percentuale da dare al gruppo Galdieri. Il luogotenente, in questo caso, fa riferimento a una intercettazione in cui Aprile Armando Pompeo dice: “Allora, noi siamo rimasti con Nicola che - quando ce li manda lui - prende il 33%; quando, invece, siamo noi sono il 20%”. 

Al tramonto di questo controesame, il Luogotenente ha risposto alle ultime domande dell'avvocato Saccomanno ribadendo, ancora una volta, che Livia Forte e Armando Aprile avevano tutte le possibilità economiche per entrare in possesso degli immobili ma, proprio a seguito dell’attività di turbativa, non era nel loro interesse impadronirsene. Anzi, cercavano proprio di evitare il rischio di acquisire gli immobili. Il loro interesse era soltanto quello di indirizzare le aste a proprio piacimento.

L'ultimo controesame del giorno è stato quello dell'avvocato Gaetano Aufiero, difensore di fiducia di Nicola Galdieri, Carlo Dello Russo e Pagano Beniamino. Il Luogotenente ha ribadito all'avvocato Aufiero che - contatti diretti tra Gisolfi Mario e Nicola Galdieri e Carlo Dello Russo - non ci sono stati. L’avvocato Aufiero, poi, ha chiesto di chiarire la vicenda dell'assegno di 5mila euro consegnato il 4 gennaio ad Aprile Armando. Nella fattispecie, il penalista ha cercato di comprendere se, la consegna dell’assegno, è stata voluta da Aprile Armando o, invece, se sono stati gli esecutati a proporre la consegna di questa cifra. Il Luogotenente ha risposto che, in base soltanto a quanto riferisce la denuncia presentata per l’episodio, la richiesta sarebbe arrivata dallo stesso Aprile. Ancora, poi, il penalista ha approfondito con il militare "la genesi" della ricostruzione effettuata dai carabinieri, cercando di chiarire se, quest'ultima, è stata fatta prima o dopo le dichiarazioni della supertestimone alla Guardia di Finanza.  In ultimo, in aula si è discusso, anche con toni accesi, della famosa questione relativa ad alcune intercettazioni che riguardavano Pasquale Galdieri e Pagano Beniamino. L'avvocato Aufiero, facendo riferimento alla perizia, ha affermato più volte che, nelle intercettazioni, non ci fosse fedeltà nelle trascrizioni poiché, mentre veniva verbalizzata la parola “cocaina”, la parola effettivamente presente nell’intercettazione - a seguito di analisi peritale - era “guagliona”. Altra contestazione, ancora, era per la trascrizione del nome della moglie di uno degli imputati che, secondo le indagini degli investigatori, avrebbe dovuto ricevere del denaro. Stando a quanto si apprende, il nome che effettivamente emerge dalle intercettazioni non è quello verbalizzato, bensì la sua versione maschile. Il Luogotenente, infine, ha elencato i comuni irpini dove le indagini dell'Arma hanno riscontrato la presenza del clan. Nello specifico, a Serino, Montella, Bagnoli Irpino, Montemarano: "Sono molteplici i comuni attenzionati dalle attività del Nuovo Clan Partenio", ha dichiarato il teste, sottolineando, inoltre, che in altri comuni come Monteforte, Mercogliano e Avellino - invece - altre attività delittuose, proprie della criminalità organizzata, non si sono registrate. 

Aste Ok e il coinvolgimento del Nuovo Clan Partenio

L’indagine, convenzionalmente denominata “ASTE OK”, ha consentito di disarticolare un’organizzazione malavitosa composta da membri di spicco del c.d. “Nuovo Clan Partenio” (egemone nel capoluogo irpino, oggetto dell’operazione “PARTENIO 2.0”, condotta il 14 ottobre del 2019), nonché da imprenditori e professionisti. Dalle risultanze investigative è infatti emerso un contesto di espansione degli interessi criminali del gruppo camorristico ai redditizi settori delle aste e delle acquisizioni immobiliari, unito a un sempre forte e corrispondente interesse a influenzare la vita politica e amministrativa della città di Avellino, allo scopo di accedere alla “cabina di regia” delle scelte operate dalla Pubblica amministrazione, per esempio, per l’appunto, in materia urbanistica ed edilizia. In particolare, anche attraverso le elaborate investigazioni economico-finanziarie sviluppate per seguire i trasferimenti d'immobili ceduti all’asta e gli anomali flussi di regolamento, l’indagine ha consentito di acclarare forti legami tra alcuni sodali del clan camorristico, i titolari di alcune società d'intermediazione immobiliare e professionisti nel settore i quali, avvalendosi dell’intimidazione derivante dal vincolo associativo, inibivano a proprietari esecutati la partecipazione alle aste giudiziarie aventi per oggetto propri beni, in questo modo appropriandosene al fine di chiedere ai medesimi ex-proprietari una quota di denaro maggiorata qualora avessero voluto rientrarne in possesso.

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