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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Aste OK, completato il controesame del Luogotenente: ecco "la spina dorsale" delle estorsioni

Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza per il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d'illeciti che vede protagonista il Clan Partenio

Nella giornata di oggi, presso il Tribunale di Avellino, in composizione collegiale presieduta dal presidente Dott. Roberto Melone, a latere Gilda Zarrella e Vincenza Cozzino, ha avuto luogo una nuova udienza per il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d'illeciti che vede protagonista il Clan Partenio.

Il primo controesame del giorno è stato quello dell'avvocato Claudio Botti, difensore di fiducia di Antonio Barone. Il luogotenente, rispondendo alle domande del penalista ha rappresentato ancora una volta la verifica degli accertamenti effettuati dall'Arma e da cui emerge che le tre quote del 33% andavano suddivise: 33% Aprile Armando; 33% Forte Livia e 33% Barone e Formisano. Poi, dalla quota di Forte Livia e Aprile Armando, andava corrisposto il 10% a Forte Modestino e, in più, c’era la percentuale da dare al gruppo Galdieri. Il luogotenente, in questo caso, fa riferimento a una intercettazione in cui Aprile Armando Pompeo dice: “Allora, noi siamo rimasti con Nicola che - quando ce li manda lui - prende il 33%; quando, invece, siamo noi sono il 20%”. Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, il militare conferma in aula le diverse conversazioni – avvenute tra l’aprile 2019 e il maggio 2019 – tra Armando Aprile Gianluca Formisano, Antonio Barone. Nell’ escussione ancora, viene  sottolineata la preparazione degli assegni per l’assegnazione dell’asta di un capannone industriale a Solofra. Il militare, nel dettaglio, afferma che la trattativa prima dell’assegnazione avveniva presso il ristorante “Its’ok” con la partecipazione di Livia Forte e Armando Aprile”. Il Luogotenente ha risposto alle domande del difensore, esponendo l'attività investigativa e descrivendo il presunto coinvolgimento di Barone nell'accordo con gli altri principali imputati nel processo.

Sempre per la posizione di Antonio Barone, anche l'avvocato Nicola D'Archi ha posto le sue domande al Luogotenente dei Carabinieri. Il militare ha nuovamente rammentato un'asta che era stata oggetto di grande attenzione durante l'indagine. Nel caso specifico, risulta che l'esecutato ha effettivamente versato le somme di denaro richieste. Questa certezza è stata ribadita più volte durante l'interrogatorio: 2.000 euro ai Galdieri e 8.000 euro divisi per il 33%. Secondo una nota di servizio redatta dalla Polizia di Stato, l'esecutato, parlando con Aprile Armando Pompeo, ha dichiarato testualmente: "Io ho cacciato i soldi".

Dopo ha avuto luogo il controesame degli avvocati Claudio Mauriello e Gerardo Santamaria, difensori di fiducia di Damiano Genovese. I due avvocati penalisti, con l'aiuto del Luogotenente, hanno affrontato il confronto intercorso tra Cutillo e Damiano Genovese, suo amico d'infanzia nonché nipote di Livia Forte. Questo incontro aveva l'obiettivo di consentire al Genovese di mediare con "la regina delle aste". Tuttavia, Genovese ha risposto di non poter fornire aiuto in quanto non aveva più alcun rapporto con Livia Forte. Inoltre, sono state descritte altre conversazioni in cui Cutillo e Damiano Genovese discutono dell'amicizia esistente tra Cutillo Ottavio e Nicola Galdieri. Infatti, Damiano Genovese consiglia a Cutillo di rivolgersi direttamente a Nicola Galdieri. Il Luogotenente ha poi raccontato i rapporti tra Forte Livia e Damiano Genovese, affermando che nelle prime intercettazioni Genovese dichiarava di non avere un buon rapporto con la zia, mentre in quelle successive affermava che i rapporti fossero buoni. Di conseguenza, il Luogotenente ha ipotizzato che i rapporti potessero essersi ricuciti.

Successivamente, è ripreso il controesame dell'avvocato Roberto Saccomanno, difensore di Livia Forte e Modestino Forte. Si è tornati a parlare dell'accordo tra i Galdieri e Livia Forte e Armando Aprile, evidenziando ancora una volta i casi in cui i soggetti sottoposti a esecuzione sono stati indirizzati dai Galdieri e quelli in cui gli esecutati sono stati avvicinati direttamente dalla "regina delle aste". Rimarcato ancora una volta, l'accordo ben noto tra le parti, che prevedeva che - quando i Galdieri portavano il cliente - ricevevano il 33%. Mentre, quando intervenivano solo per indirizzare le aste, ricevevano il 20%. Inoltre, è stato sottolineato in aula che, su oltre mille aste prese in considerazione, i Galdieri sono intervenuti solo in due occasioni. In una sola occasione, invece, i Galdieri hanno tentato di cacciare un soggetto terzo interessato, senza però riuscirci. In tutte le altre aste prese in considerazione, tuttavia, è emerso che i Galdieri hanno ottenuto comunque il 20% della somma, anche senza nessun intervento diretto. 

Il Pubblico Ministero, Henry John Woodcock, ha concluso il controesame al Luogotenente del Nucleo Investigativo. Spiegata nuovamente l'attività investigativa, le intercettazioni svolte e il contenuto di alcune conversazioni che hanno giocato un ruolo centrale nell'impianto accusatorio durante il lungo processo. Inoltre, il Pubblico Ministero ha depositato un decreto che autorizzava le riprese video, inclusi i fotogrammi del presunto bacio "mafioso" tra Pagano Beniamino e Damiano Genovese nella zona dello scarico pubblico ma, tali riprese, sono state interrotte in quanto la telecamera era stata rimossa. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia (Dda), non sarebbe necessario il decreto emesso dal Gip per effettuare le riprese video. Tuttavia, la difesa si è opposta all'acquisizione e all'utilizzabilità di tali riprese. L'avvocato penalista Gaetano Aufiero, rappresentante della difesa di Pagano, ha sostenuto che le immagini registrate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino non possono essere utilizzate come prova, in quanto sono state ottenute all'interno di una proprietà privata, lo scarico di legnami di Beniamino Pagano, senza l'autorizzazione del Gip. Nonostante l'opposizione della difesa, il Tribunale presieduto dal giudice Melone ha deciso di acquisire l'intera documentazione prodotta dal pm antimafia. Il presidente Melone, in risposta alla richiesta dell'avvocato penalista Aufiero, ha chiarito che l'obiettivo era ottenere un'ordinanza specifica e che l'acquisizione della documentazione si è svolta "senza pregiudicare ogni altra decisione" legata al merito del caso. 

La prossima udienza, adesso, è attesa per il 28 giugno 2023, quando sarà ascoltato l’allora comandante del Nucleo Investigativo, il maggiore Quintino Russo.

Aste Ok e il coinvolgimento del Nuovo Clan Partenio

L’indagine, convenzionalmente denominata “ASTE OK”, ha consentito di disarticolare un’organizzazione malavitosa composta da membri di spicco del c.d. “Nuovo Clan Partenio” (egemone nel capoluogo irpino, oggetto dell’operazione “PARTENIO 2.0”, condotta il 14 ottobre del 2019), nonché da imprenditori e professionisti. Dalle risultanze investigative è infatti emerso un contesto di espansione degli interessi criminali del gruppo camorristico ai redditizi settori delle aste e delle acquisizioni immobiliari, unito a un sempre forte e corrispondente interesse a influenzare la vita politica e amministrativa della città di Avellino, allo scopo di accedere alla “cabina di regia” delle scelte operate dalla Pubblica amministrazione, per esempio, per l’appunto, in materia urbanistica ed edilizia. In particolare, anche attraverso le elaborate investigazioni economico-finanziarie sviluppate per seguire i trasferimenti d'immobili ceduti all’asta e gli anomali flussi di regolamento, l’indagine ha consentito di acclarare forti legami tra alcuni sodali del clan camorristico, i titolari di alcune società d'intermediazione immobiliare e professionisti nel settore i quali, avvalendosi dell’intimidazione derivante dal vincolo associativo, inibivano a proprietari esecutati la partecipazione alle aste giudiziarie aventi per oggetto propri beni, in questo modo appropriandosene al fine di chiedere ai medesimi ex-proprietari una quota di denaro maggiorata qualora avessero voluto rientrarne in possesso.

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