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Cronaca

Nuovo Clan Partenio, processo "Aste OK": "Avevano una pistola"

Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza relativamente all'inchiesta giudiziaria ribattezzata "Aste Ok" e che ha visto sul banco degli imputati ben 22 persone

Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza relativamente all'inchiesta giudiziaria ribattezzata "Aste Ok" e che ha visto sul banco degli imputati ben 22 persone, accusate a vario titolo, di associazione finalizzata alla turbativa delle aste fallimentari, alla tentata estorsione e all’intestazione fittizia di beni.

In aula, oltre alle escussioni delle presunte vittime delle estorsioni e turbative d’asta, avrebbe dovuto avere luogo anche l'escussione dell’avvocato Marzia Landi; ma la difesa di Manlio Di Benedetto, imputato principale accusato dalla avvocatessa, ha prestato il consenso all'acquisizione delle dichiarazioni rese dalla donna innanzi al pubblico ministero Woodckok in fase d'indagine. La linea dell’avvocato Danilo Iacobacci segue la scia delle pronunce dello scorso anno, quando il Tribunale del Riesame -  e poi la Corte di Cassazione - avevano posto in libertà il Di Benedetto, annullando i provvedimenti di carcerazione per assenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico.

Tra i testi in aula ascoltata una imprenditrice, che ha ribadito quanto dichiarato in fase d'indagine sulle condotte degli imputati Forte e Aprile - nonché Barbati e Forte Modestino - fornendo chiarimenti anche sulle domande dei difensori Villani, Diddi, Saccomanno e Forgiuele, oltre che del Pubblico Ministero della DDA.  Evidenziata, inoltre, la circostanza di una pistola portata dal Forte di cui non era mai emersa prima l’esistenza. 

L'ultima escussione del giorno ha riferito di un immobile all'asta a San Mango sul Calore al quale lo stesso testimone e la sua società erano interessati: “Abbiamo depositato l'offerta, pari al 10% dell'importo stabilito per poter partecipare all'asta, pari a 8mila euro, e poi abbiamo presentato un'offerta di 75mila euro. Prima dell'udienza venne Armando Aprile a visionare l'immobile, disse che era interessato all'acquisto. Mi disse che se noi fossimo stati più interessati avremmo dovuto fargli un regalo, senza quantificare la somma da dare, affinché lui non partecipasse all'asta. Noi non abbiamo ceduto a nessun ricatto. Poi trovammo un numero di telefono nella cassetta postale con scritto "contattateci", era quello di Armando Aprile. Alla fine, dopo circa undici rilanci, siamo riusciti ad aggiudicarci il bene. Quel giorno Armando Aprile non era presente".

La prossima udienza, ora, è attesa per il 20 maggio 2022, quando saranno ascoltati altri cinque testimoni relativi a tre procedure d'asta.

Aste Ok e il coinvolgimento del Nuovo Clan Partenio

L’indagine, convenzionalmente denominata “ASTE OK”, ha consentito di disarticolare un’organizzazione malavitosa composta da membri di spicco del c.d. “Nuovo Clan Partenio” (egemone nel capoluogo irpino, oggetto dell’operazione “PARTENIO 2.0”, condotta il 14 ottobre del 2019), nonché da imprenditori e professionisti. Dalle risultanze investigative è infatti emerso un contesto di espansione degli interessi criminali del gruppo camorristico ai redditizi settori delle aste e delle acquisizioni immobiliari, unito a un sempre forte e corrispondente interesse a influenzare la vita politica e amministrativa della città di Avellino, allo scopo di accedere alla “cabina di regia” delle scelte operate dalla Pubblica amministrazione, per esempio, per l’appunto, in materia urbanistica ed edilizia. In particolare, anche attraverso le elaborate investigazioni economico-finanziarie sviluppate per seguire i trasferimenti di immobili ceduti all’asta e gli anomali flussi di regolamento, l’indagine ha consentito di acclarare forti legami tra alcuni sodali del clan camorristico, i titolari di alcune società di intermediazione immobiliare e professionisti nel settore i quali, avvalendosi dell’intimidazione derivante dal vincolo associativo, inibivano a proprietari esecutati la partecipazione alle aste giudiziarie aventi per oggetto propri beni, in questo modo appropriandosene al fine di chiedere ai medesimi ex-proprietari una quota di denaro maggiorata qualora avessero voluto rientrarne in possesso.

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