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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Blitz anti-camorra contro il clan Pagnozzi: il “reggente” scarcerato dal Riesame

Il Riesame annulla la misura degli arresti domiciliari a Paolo Pagnozzi, il presunto capo del clan dopo l'arresto del fratello Domenico, noto come "il professore"

Il Riesame annulla la misura degli arresti domiciliari a Paolo Pagnozzi, il presunto capo del clan dopo l'arresto del fratello Domenico, noto come "il professore". La mattina del 6 settembre, i Carabinieri di Avellino si presentarono alla porta di casa Pagnozzi per eseguire un'ordinanza cautelare nei confronti di Paolo, figlio di Gennaro, noto come "il Giaguaro". Quest'ultimo era stato precedentemente posto agli arresti domiciliari nella sua residenza di San Martino Valle Caudina, con l'obbligo di non comunicare con persone estranee alla sua famiglia. Il secondo figlio di Gennaro Pagnozzi era stato accusato di essere il mandante dei reati di usura ed estorsione, aggravati dal coinvolgimento del metodo mafioso e dal supporto al Clan Pagnozzi. Secondo quanto affermato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Paolo Pagnozzi avrebbe assunto il ruolo di capo del clan.

Tuttavia, nel tardo pomeriggio di ieri, il Tribunale del Riesame di Napoli, presieduto da Maria Vittoria Foschini, ha accolto le argomentazioni presentate dal team di difesa, composto dagli avvocati Giuseppe Milazzo del foro di Nola, Immacolata Romano del foro di Napoli e Giovanni Adamo del foro di Avellino. Queste argomentazioni miravano a dimostrare che Paolo Pagnozzi era del tutto estraneo alle accuse di essere il capo della malavita a San Martino Valle Caudina. La difesa ha evidenziato che, nonostante le intercettazioni tra Paolo e suo zio Gerardo Marino, quest'ultimo assistito dagli avvocati Giuseppe Milazzo e Giovanni Adamo, che era stato incarcerato e successivamente posto agli arresti domiciliari dallo stesso Giudice a seguito di un interrogatorio di garanzia, potessero sembrare suggestive, esse non potevano essere considerate elementi indiziari validi per giustificare una misura cautelare contro Paolo Pagnozzi.

L'operazione coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e dai Carabinieri

Il 6 settembre, in una serie di azioni coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e dai Carabinieri, sono state arrestate tre persone: Paolo Pagnozzi, Clemente Caliendo e Gerardo Marino, tutti residenti a San Martino Valle Caudina e Casagiove. Questi arresti sono il risultato di un’ampia indagine antiusura che ha scaturito dall’omicidio di Orazio De Paola, 58 anni, avvenuto l’8 settembre 2020 a San Martino. Orazio De Paola, una figura di spicco nel clan Pagnozzi, era stato rilasciato dalla prigione alla fine del 2019, su decisione della Corte d’Appello. Purtroppo, il suo ritorno nella comunità fu segnato dalla tragica fine della sua vita. In seguito a un’attenta attività investigativa, un giovane di 33 anni, suo compaesano, è stato condannato in appello per l’omicidio di De Paola. Questa condanna è stata ottenuta grazie a una serie di prove, tra cui intercettazioni telefoniche su diverse linee, che hanno rivelato dettagli cruciali legati all’omicidio.

“Vedete cosa dovete fare, non mi prendete per fesso!"

Le indagini hanno rivelato che De Paola aveva prestato denaro a un imprenditore locale, concedendogli un prestito di 4.000 euro nel marzo 2019. Tuttavia, sembra che il prestito fosse associato a interessi ritenuti usurari, con rate mensili di 600 euro. Quando l’imprenditore non è stato in grado di pagare queste rate, due degli indagati avrebbero iniziato a rivolgergli minacce e intimidazioni.

“Vedete cosa dovete fare, dobbiamo fare questo servizio sennò ci pigliamo collera, non mi prendete per fesso,” avrebbero detto gli indagati, lasciando chiaramente intendere che il loro credito doveva essere ripagato a qualsiasi costo. Queste condotte hanno portato gli investigatori a ravvisare le aggravanti del metodo mafioso e della complicità con il clan Pagnozzi. Questi arresti e le accuse di usura e intimidazione dimostrano l’importanza delle indagini antiusura per smantellare reti criminali che sfruttano finanziariamente le vittime spesso con connessioni mafiose profonde. La lotta contro il crimine organizzato continua a essere una priorità per le forze dell’ordine e il sistema giudiziario in Italia.

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