Povertà, rapporto Caritas: "In Irpinia oltre 2mila persone hanno bisogno di aiuto"
Così Carlo Mele: "Troppo spesso i servizi sociali non sono finalizzati ai bisogni dei cittadini ma solo alla necessità di spendere soldi"
Ad Avellino, il Natale si tinge di amarezza mentre le povertà crescono in Irpinia, secondo il rapporto della Caritas che analizza il periodo dal 2020 al 2022. Il Covid e la guerra in Ucraina, con il conseguente afflusso di profughi, impattano pesantemente sui dati, rendendo la situazione allarmante.
Il sociologo Mario Antignani, presentando il dossier, sottolinea un'inversione nel rapporto, coinvolgendo sempre più italiani, soprattutto donne e giovani. Oltre duemila persone gravitano attorno ai centri di ascolto, di cui 355 sono italiani adulti, 203 stranieri adulti, 78 giovani italiani, 180 giovani stranieri, 198 anziani italiani e 42 anziani stranieri. Considerando anche gli aiuti delle parrocchie, non inclusi nel report, il numero risulta ancora più elevato.
Il direttore della Caritas irpina, Carlo Mele, critica aspramente istituzioni e politica, sottolineando che i servizi sociali spesso trascurano i bisogni dei cittadini per concentrarsi solo sulla spesa. Mele menziona la sfida del Pnrr, accusandolo di mortificare ulteriormente questi territori: "A chiedere aiuto sono sempre più italiani, con famiglie monogenitoriali, sempre più donne, con il rischio che il territorio si vada desertificando. Troppo spesso i servizi non sono finalizzati ai bisogni dei cittadini ma solo alla necessità di spendere solti. Penso alla sfida del Pnrr. Quello che noi chiediamo, invece, è partire dalla necessità, dal bisogno e sviluppare politiche di integrazione. Le tante assenza sono il segno che dà fastidio parlare dei poveri. L’appello che lanciamo alle istituzioni è quello di essere attenti ai bisogni dei cittadini che hanno tutti la stessa dignità. Noi facciamo la nostra parte ma è compito dello Stato preoccuparsi di chi vive una condizione di bisogno. Altrimenti rischiamo di diventare come la Caritas che opera in Germania a cui lo Stato chiede di verdersela da sola. Non vogliamo arrivare a questo, c’è una dimensione pedagogica che non può essere dimenticata ma lo Stato deve adempiere alle proprie responsabilità. E’ chiaro che vorremmo poter chiudere la mensa e speriamo di poterlo fare nel momento in cui ci saranno politiche attive che riescono a sostenere chi è in difficoltà. L’unica strada oggi è lavorare insieme”