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Mario Draghi, il presidente dalle origini irpine chiamato a salvare l'Italia

I nonni materni, farmacisti, e la madre di Mario Draghi, Gilda Mancini, erano nati e cresciuti a Monteverde

Mario Draghi è stato convocato ieri sera al Quirinale per ricevere dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella l'incarico di formare un nuovo governo. Un governo tecnico guidato da una personalità che non appartiene a nessun partito politico: è stata questa la decisione del Capo dello Stato, la cui scelta è poi caduta sull'uomo del Whatever It Takes ricalcando quella di Mario Monti con Elsa Fornero ministra del Lavoro nel 2011. La Repubblica ha vissuto altri due momenti in cui il potere è andato a un governo tecnico: quando vennero nominati Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini presidenti del consiglio. 

Chi è Mario Draghi

Mario Draghi, o SuperMario come è spesso soprannominato soprattutto sulla stampa estera, è nato a Roma nel 1947 ed è figlio di un dirigente di banca e di una farmacista. Sua madre Gilda Bruni era nata e cresciuta a Monteverde, essendo a sua volta figlia di due stimati farmacisti del bellissimo borgo irpino. Sla donna si trasferì poi a a Roma per sposare Carlo Draghi da cui ebbe il primogenito Mario. Mario ha tre fratelli ed è diventato orfano di entrambi i genitori quando era poco più che adolescente. È sposato con Serena ed ha due figli, ha insegnato all'università e lavorato alla Banca Mondiale. Dal 1991 al 2001 è stato direttore generale del Ministero del tesoro, nominato Guido Carli, ministro del Tesoro nell’Andreotti VII, su suggerimento di Carlo Azeglio Ciampi all'epoca governatore della Banca d'Italia. Dal 1993 al 2001 è stato presidente del comitato per le liberalizzazioni (per questo il suo nome torna nella storia del Britannia). Oggi Alessandro Barbera ricorda quel periodo su La Stampa:

Fu lui, in quei mesi, a dover fare i conti con l’accusa di aver svenduto l’Italia agli interessi stranieri. Gli capita ancora, a distanza di trent’anni, di ricordare con fastidio la campagna di discredito che gli fu riservata per essere salito pochi minuti sul panfilo della Regina d’Inghilterra attraccato al molo di Civitavecchia. L’invito fu spedito da un gruppo di investitori. Lui salì, fece un saluto a nome del governo, e se ne andò. Quel piano di privatizzazioni, attaccato da molti, fu una delle premesse per far entrare l’Italia nella moneta unica.

Nel 1998, ha contribuito al Testo Unico della Finanza, che peraltro porta il suo nome (legge Draghi) e che attua una riforma del sistema finanziario italiano. Dal 2002 è stato anche vicepresidente per l'Europa di Goldman Sachs. Il 29 dicembre 2005 è diventato il nono governatore della Banca d'Italia chiamato a sostituire Antonio Fazio, costretto alle dimissioni in seguito allo scandalo dei "furbetti del quartierino" e alle accuse di vicinanza tra vigilanti e vigilati (nell'occasione si parla di Gianpiero Fiorani, dominus della Banca Popolare di Lodi). Fazio venne in seguito assolto da gran parte delle accuse mentre altre vennero dichiarate prescritte. 

Nelle sue annuali Considerazioni finali da governatore di Bankitalia Draghi incalza sulla necessità di risanare i conti pubblici, riducendo il debito e tagliando la spesa. Insiste sulle riforme strutturali, dalla previdenza al mercato del lavoro, quale chiave di volta per lo sviluppo e la modernizzazione del Paese. Alla guida di Palazzo Koch  rimane fino al 31 ottobre 2011. Nell'aprile del 2006 viene eletto Presidente del Financial Stability Forum, divenuto Financial Stability Board dalla primavera del 2009. Il 24 giugno 2011 viene scelto come terzo governatore della Banca centrale europea, entrando in carica il primo novembre. È rimasto in carica fino al 31 ottobre 2019. Il 5 agosto 2011, poco prima del suo insediamento, scrive, insieme col presidente uscente della Bce Jean Claude Trichet una lettera al governo italiano per sollecitare una serie di misure economiche, che l'Italia avrebbe dovuto al più presto attuare. Il 26 luglio 2012, in un intervento a Londra, annuncia che la Banca centrale europea farà tutto il possibile (Whatever it takes) per salvare l'euro. Successivamente fu la volta del "Quantitative easing", provvedimento con cui la la Banca Centrale Europea si impegnò ad acquistare (dal 22 gennaio del 2015 fino al settembre del 2016) titoli di stato dei paesi dell'Eurozona per un controvalore di 60 miliardi di euro. 

Chi voterà il suo governo?

Da subito bisogna sottolineare che Mario Draghi, che è stato convocato per stamattina alle 12 al Quirinale, diventerà presidente del Consiglio una volta che avrà giurato davanti al Capo dello Stato. Ovvero, tecnicamente, oggi al Colle gli verrà conferito l'incarico che verrà accettato "con riserva" secondo la formula programmatica: lui dovrà poi scioglierla presentando la lista dei ministri. E qui già nasce un problema: Draghi sceglierà di parlare con i partiti politici prima di indicare i ministri? Sceglierà di trattare con chi oggi già gli dà la fiducia sulla parola (Forza Italia, Italia Viva), con chi è possibilista (la Lega e il Partito Democratico), con chi ha già annunciato il suo no (MoVImento 5 Stelle, Fratelli d'Italia), o con tutti? Intanto si è già scatenato il totoministri: il nome dell’ex presidente della Consulta Marta Cartabia viene speso per la Giustizia, mentre il ministero dell'Economia e delle Finanze, se Draghi non terrà l'interim come fece Monti, potrebbe essere affidato a Fabio Panetta (che sembrava indisponibile a sostituire Gualtieri perché non poteva lasciare il board della Bce). Anche Carlo Cottarelli viene dato in corsa per l'incarico, mentre per il ministero della Salute si fa il nome di Ilaria Capua. 

In ogni caso, entro un tempo congruo Draghi si presenterà con la sua squadra di ministri al Quirinale con i ministri per il giuramento (a meno che il suo tentativo non fallisca) e poi dovrà andare alla Camera e al Senato per chiedere ottenere la fiducia esponendo il suo programma. Ma attenzione: anche se la fiducia gli venisse negata, dopo il giuramento il premier resterebbe comunque in carica per gli affari correnti fino alla eventuale formazione di un nuovo esecutivo o, in caso di elezioni anticipate, fino alla nascita del nuovo governo dopo il voto. Visti i tempi tecnici necessari per una campagna elettorale e per l'incarico di un governo dopo l'insediamento delle nuove Camere, sarebbe comunque Draghi a scrivere il piano italiano per il Next generation Ue. A meno che, ma l'ipotesi ad oggi pare più che improbabile, Mattarella non decida di togliergli l'incarico per conferirlo a un altro. O di portare il paese alle elezioni anticipate se il governo non dovesse ottenere la fiducia del parlamento. In quel caso una data possibile è quella di aprile 2011. C'è anche un'altra data da tenere a mente: a fine luglio 2021 scatterà il cosiddetto semestre bianco, ovvero il periodo di tempo degli ultimi sei mesi del mandato del Presidente della Repubblica Italiana, durante il quale il Quirinale non può sciogliere le Camere. Se Draghi ottenesse la fiducia alle camere e il suo governo arrivasse senza essere sfiduciato alla fine di luglio, guadagnerebbe automaticamente altri sei mesi di tempo perché anche in caso di fiducia non potrebbero esserci nuove elezioni. 

Mario Draghi avrà la fiducia del Parlamento?

Il punto cruciale è se Draghi otterrà o meno la fiducia del parlamento. Lui ha detto che vuole una maggioranza ampia per poter governare, per ora hanno annunciato il loro no sia il MoVimento 5 Stelle con Vito Crimi che Fratelli d'Italia con Giorgia Meloni. Forza Italia e Italia Viva sono invece per il sì. Saranno decisive a questo punto le scelte del Partito Democratico e della Lega. Secondo Repubblica quello del Pd sarà un sofferto sì, ma ieri Andrea Orlando è stato interlocutorio: Draghi "è un punto di partenza importante, ma non risolutivo senza una maggioranza politica". 

Salvini invece ieri su Twitter puntava alle elezioni: "Continua il vergognoso teatrino sulla pelle di 60 milioni di italiani. Siamo sicuri che il Capo dello Stato non permetterà altre perdite di tempo: la via maestra sono le elezioni. Il centrodestra ha le idee chiare sulle priorità per rilanciare l’Italia: piano vaccinale serio, taglio delle tasse e Flat Tax al 15% per famiglie e imprese, apertura immediata di tutti i cantieri fermi, piano di utilizzo efficace dei fondi europei, profonda riforma della giustizia, pace fiscale...". E faceva notare che l'impedimento a votare durante il contagio "dovremmo spiegarlo ai calabresi che votano per le regionali l'11 aprile e ai milioni di italiani che voteranno per le comunali in primavera (1.300 comuni, tra cui Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna)".

Dopo la sua partecipazione a Porta a Porta, in una diretta facebook il Capitano è stato più possibilista: "Noi non abbiamo pregiudizi, non diciamo sì o no per simpatia o antipatia. Sicuramente aver mandato a casa Conte, Azzolina e Casalino è già un servizio al paese". "Cosa diciamo a Draghi? Quando cade un governo l'alternativa è il voto. Detto questo, a differenza della sinistra noi non viviamo di rancore e rabbia. Noi ci siamo per votare qualcosa che serva agli italiani. per la Lega vengono prima dei temi". La via maestra "sono le elezioni", da qui al voto Salvini snocciola l'elenco di cose da fare. "Se vuole il nostro sì -prosegue- Draghi deve dire sì al taglio delle tasse, a una riforma della giustizia degna di questo nome, un piano vaccinale come si deve, stop alle cartelle esattoriali, difendere quota 100 e sbloccare le infrastrutture. Su tutto questo vogliamo risposte". Se la Lega e il MoVimento 5 Stelle sono per il no, visto che erano la maggioranza assoluta nel primo governo Conte, Draghi non raggiungerà la fiducia e il suo sarà un governo elettorale (oppure Mattarella conferirà l'incarico a un altro). A patto che siano compatti, però. Altrimenti quello di SuperMario sarà un governo debole. Ma sarà un governo. 

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