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Salute

Mascherine false, ecco come riconoscerle

La presenza del marchio CE non basta, la guida per orientarsi

Secondo gli esperti le mascherine Ffp2 e chirurgiche fasulle che girano per l’Italia sono decine di milioni, con grossi rischi per la salute. La Clariscience, azienda leader nella consulenza all'importazione, guidata da Stefano Pagnutti  lavora ormai da un anno con una task force specializzata per garantire che le mascherine, in particolare le Ffp2, acquistate sui mercati internazionali siano a norma: lo staff dell'azienda verifica i documenti mentre appositi laboratori eseguono specifici test sui prodotti.

Il vademecum per riconoscere le mascherine false

Per consentire ai consumatori di capire se si è a rischio truffa quando si acquistano le mascherine, la Clariscience ha messo a punto un minuzioso vademecum. Eccolo:

Mascherine chirurgiche

Per legge, le mascherine chirurgiche sono classificate come dispositivi medici. In quanto dispositivi medici, le mascherine chirurgiche devono assicurare non solo il rispetto della normativa generale dei dispositivi medici (Dir. 93/42/CEE) ma anche soddisfare i requisiti imposti dalla norma tecnica EN 14683, che ne delinea le prestazioni minime in termini di efficacia filtrante e respirabilità. Sulla confezione devono essere presenti alcune informazioni.

Marchio CE: viene apposto sul prodotto a garanzia del rispetto delle norme vigenti (Direttiva 93/42/CEE o Regolamento UE 2017/745).

Riferimento EN 14683:2019: la confezione riporta il riferimento alla norma EN ISO 14683:2019. Questo è il riferimento alla norma tecnica che stabilisce i requisiti minimi di capacità filtrante e respirabilità delle mascherine ad uso medico. (indicazione del tipo di maschera: Tipo I, Tipo II o Tipo IIR). Il rispetto della normativa impone che sulla confezione delle chirurgiche sia riportato:

  • il fabbricante, cioè chi le ha prodotto o le ha fatte produrre a terzi, con sede in UE se del caso
  • il mandatario, cioè l’azienda in territorio UE che rappresenta un produttore extra-UE.

Con questi dati, insieme al nome commerciale della mascherina, si può anche verificare la presenza del dispositivo nella banca dati dei dispositivi medici del ministero della Salute.

Per i fabbricanti italiani (e per i fabbricanti extra-UE con mandatario italiano) è obbligatorio registrare i dispositivi medici in banca dati per immettere il prodotto sul mercato italiano. Qualora il fabbricante o il mandatario abbiano sede in un altro Stato membro non è però obbligatoria la registrazione trattandosi di un DM di classe I, per cui non è detto sia presente in banca dati.

Se si acquistano le mascherine chirurgiche direttamente dal fabbricante (per importazione o distribuzione) si può poi richiedere la dichiarazione di conformità nella quale il fabbricante dichiara la conformità del prodotto alla legislazione di riferimento.

Attenzione: le mascherine chirurgiche, per legge, devono sì garantire specifici standard, valutati da laboratori e personale qualificato, ma non necessitano di certificati di conformità provenienti da enti o organismi notificati cioè quegli enti di certificazione autorizzati dalle autorità a valutare la conformità di alcuni prodotti alle norme vigenti. La normativa, infatti, per questo tipo di dispositivi prevede che il fabbricante emetta la dichiarazione di conformità in modo autonomo e che sia lui stesso garante dell’aderenza del prodotto alle norme vigenti. Quindi, i certificati che fanno riferimento a enti terzi che certificherebbero l’aderenza delle mascherine chirurgiche alle norma europee sono quasi sempre dei falsi, che riportano in modo illecito il nome di enti notificati. Inoltre, a differenza di quanto accade per i dispositivi di protezione individuale, il marchio CE non è accompagnato dal codice a 4 cifre che indentifica un ente notificato.

Le maschere filtranti facciali FFP2 ed FFP3

Sono classificate Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). Un prodotto, per essere un dispositivo di protezione individuale, deve rispettare quanto stabilito nel regolamento UE 425/2016. tale norma stabilisce che le maschere filtranti come le FFP2 e FFP3 sono DPI appartenenti alla categoria III di rischio: ciò significa che per essere messe in commercio devono essere valutate da un Organismo notificato designato per la certificazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie. L’organismo notificato verifica e certifica che il prodotto soddisfi i requisiti del regolamento ad esso applicabili: la norma armonizzata norma tecnica EN 149:2001 + A1:2009 fornisce la presunzione di conformità ai requisiti applicabili alle maschere filtranti pertanto la verifica dell’applicazione di questa norma determina l’apposizione della marcatura CE.

In quanto dispositivo di protezione individuale, la maschera filtrante deve avere una elevata capacità filtrante nei confronti di particelle e goccioline molto piccole e un’ottima respirabilità, che invece mascherine che non si qualificano come DPI non possono garantire. Queste prestazioni sono assicurate se il produttore ha rispettato i requisiti stabiliti nella norma tecnica EN 149:2001 + A1:2009, specifica per i filtranti facciali. Ed è per questo che sulle confezioni o sul prodotto stesso ritroviamo riportata questa indicazione, prevista dal regolamento.

Insieme al riferimento alla norma tecnica, la maschera filtrante deve riportare sulla confezione o sul prodotto il marchio CE, apposto a garanzia del rispetto delle norme vigenti.

Nel caso dei DPI come le FFP2 e FFP3, il marchio CE compare accompagnato da un codice di 4 numeri, che identifica l’organismo notificato che ha certificato la conformità del prodotto alle norme europee. Questa autorizzazione è prevista dal regolamento europeo ed è una garanzia anche per noi consumatori, perché grazie al codice di 4 cifre abbiamo un ulteriore modo per valutare l’affidabilità del prodotto che abbiamo comprato.

Attenzione al marchio CE

Attenzione: il marchio CE, per legge, deve avere proporzioni precise.

Se il marchio è diverso o ha proporzioni differenti, allora è possibile che sia contraffatto e il prodotto non assicura il rispetto degli standard di sicurezza imposti dalle normative europee.

I DPI vengono valutati da un ente terzo, chiamato Organismo Notificato, che una volta valutata la corrispondenza del prodotto alle norme tecniche vigenti, ne dichiara la conformità. Da questo percorso di autorizzazione derivano due informazioni utili per fare delle verifiche sul DPI:

  • il codice di 4 lettere che accompagna il marchio CE e che identifica in modo inequivocabile l’ente che ha certificato l’aderenza del DPI alle norme
  • se il DPI si accompagna ad un “certificato”, noi possiamo fare alcune verifiche.

Gli organismi notificati sono individuati e autorizzati dalle autorità. 

L'importanza di Nando

Un elenco esaustivo di tutti gli organismi notificati è presente nel database NANDO della commissione europea. Grazie all’elenco possiamo verificare se il numero che troviamo sotto il marchio CE della nostra mascherina FFP2 o FFP3 corrisponde effettivamente ad un ente autorizzato a valutare dispositivi di protezione delle vie respiratorie.

Una volta trovato il codice di 4 numeri nell’elenco e aperta la scheda dell’organismo notificato, si potrà verificare quali tipologie di prodotti e normative è autorizzato a certificare l’ente in questione. Nel caso delle maschere filtranti dovremo trovare proprio il riferimento ai “personal protective equipment” e al Regolamento EU 2016/425 e nello specifico, tra i prodotti valutati, il riferimento a “Equipment providing respiratory system protection”.

Regulation

La stessa verifica può essere fatta consultando un altro elenco del database Nando, che non elenca i codici degli organismi notificati, ma elenca le normative e i regolamenti di specifici prodotti.

In questo caso andremo a selezionare Regulation (EU) 2016/425 Personal protective equipment e successivamente restringeremo il campo della ricerca alla sola valutazione degli “Equipment providing respiratory system protection”. A questo punto ci comparirà la lista di tutti gli organismi notificati che valutano dispositivi di protezione delle vie respiratorie, che ci tornerà utile soprattutto quando vorremo capire se l’organismo notificato o più in generale, l’ente che figura su di un certificato, sia davvero autorizzato a fare verifiche di mascherine filtranti.

Se non compare in questo elenco, il certificato è quasi certamente un falso.

Non solo: un certificato di conformità emesso da un organismo notificato e che accompagna un dispositivo di protezione individuale deve contenere delle informazioni obbligatorie. Se queste informazioni non sono presenti, è molto probabile che il certificato non sia autentico.

Le informazioni indispensabili sono:

  • nome e numero di identificazione dell’organismo notificato;
  • nome e indirizzo del fabbricante e, qualora la domanda sia presentata dal mandatario, nome e indirizzo di quest’ultimo;
  • l’identificazione del DPI oggetto del certificato;
  • una dichiarazione in cui si attesta che il tipo di DPI soddisfa i requisiti essenziali di salute e di sicurezza applicabili;
  • se le norme armonizzate sono state applicate in tutto o in parte, i riferimenti di tali norme o parti di esse;
  • se sono state applicate altre specifiche tecniche, i loro riferimenti;
  • se del caso, il livello di prestazioni o la classe di protezione del DPI;
  • la data di rilascio, la data di scadenza e, se del caso, la data o le date di rinnovo del certificato;
  • le eventuali condizioni connesse al rilascio del certificato;
  • per i DPI della categoria III, una dichiarazione secondo cui il certificato deve essere utilizzato solo in combinazione con una delle procedure di valutazione della conformità previste.

Purtroppo, online, le maschere filtranti viaggiano spesso accompagnate da certificati falsi.

Se il dispositivo non ha marcatura CE o si accompagna ad un certificato falso le possibilità sono due:

Il prodotto acquistato non è un vero DPI e purtroppo, non possiamo avere garanzie sulle sue prestazioni.

Il prodotto acquistato è un DPI, ma è stato prodotto e venduto in deroga alla normativa vigente. In questo secondo caso bisogna dire che durante l’emergenza il decreto Cura Italia ha introdotto una deroga al rispetto delle norme vigenti per velocizzare l’immissione in commercio di DPI ad uso medico da usare strettamente in ambito sanitario, che resterà in vigore fino alla fine dello stato di emergenza. Il risultato è che possono essere venduti DPI senza marcatura CE e senza riferimento all’organismo notificato certificatore. La deroga, però, riguarda solo le tempistiche e prevede comunque il rispetto degli standard tecnici e di qualità previsti dalla norma EN 149:2001 + A1:2009. Infatti, i filtranti facciali prodotti in deroga possono essere venduti in ambito sanitario solo se i produttori autocertificano l’aderenza alle norme tecniche previste, mandando i documenti di prova all’INAIL, che una volta ricevuta la documentazione, ne autorizzerà la commercializzazione in ambito sanitario. Il sito dell’INAIL ha una pagina dedicata al tema, dove è possibile verificare gli elenchi dei DPI validati.

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