Legge Severino, Cassazione: "Nessuna discrezionalità". Per De Luca si complica sempre più
Ma i supremi giudici fissano un principio ancora più forte: le norme su incandidabilità e decadenza dei politici condannati hanno effetto automatico, e gli organi della pubblica amministrazione (i prefetti, nel caso di amministratori locali), non possono fare altro che prenderne atto e scrivere i relativi provvedimenti
Si complica e si tinge sempre più di giallo la questione Legge Severino collegata all'eventuale elezione di Vincenzo De Luca del Partito Democratico. Ora con la sentenza e le motivazioni ufficializzate dalla Corte di Cassazione si riesce a capire meglio il contenuto e i paletti.
Quando un amministratore locale è colpito dalla sospensione per la legge Severino “non è attribuita alla pubblica amministrazione alcuna discrezionalità in ordine all’adozione del provvedimento di sospensione; la sospensione opera di diritto al solo verificarsi delle condizioni legislativamente previste e per il tempo previsto dal legislatore”. La sezione unite civili hanno depositato le motivazioni della sentenza per gli amministratori condannati in primo grado per determinati reati, così come previsto dalla legge su incandidabilità e decadenza approvata nel 2012 quando Paola Severino era ministro della Giustizia. I ricorsi dovranno quindi essere presentati al tribunale ordinario.
Ma i supremi giudici fissano un principio ancora più forte: le norme su incandidabilità e decadenza dei politici condannati hanno effetto automatico, e gli organi della pubblica amministrazione (i prefetti, nel caso di amministratori locali), non possono fare altro che prenderne atto e scrivere i relativi provvedimenti.
In pratica, ad avviso della Suprema Corte, il “bilanciamento” tra “il diritto di elettorato passivo e il principio di buon andamento della pubblica amministrazione“, risulta “effettuato dal legislatore nel senso della chiara prevalenza della riferibilità del provvedimento (di sospensione) alla sfera dell’elettorato passivo”.