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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Le carceri di Avellino in preda a una incontrollata violenza quotidiana: il Governo dorme!

Il sistema penitenziario irpino è stato inghiottito dal buco nero della violenza, un urgente appello per un cambiamento reale

Ancora una volta, la cronaca si macchia di un nuovo episodio di violenza nel carcere di Avellino, facendo luce sulla crescente minaccia alla sicurezza del personale penitenziario. La recente aggressione da parte di un detenuto comune a un Sovrintendente di Polizia Penitenziaria, causando gravi ferite al braccio dell'agente, rappresenta soltanto l'ultimo di una serie di eventi sconvolgenti che si susseguono da mesi. Questa situazione insostenibile richiede l'adozione di misure concrete e decisive per proteggere il personale penitenziario e riportare l'ordine e la sicurezza nelle carceri di Avellino e provincia.

Il carcere di Avellino è stato teatro di una lunga sequela di atti violenti, e la sicurezza del personale penitenziario è costantemente minacciata. Gli agenti, che dedicano le loro giornate a garantire il rispetto delle leggi e la sicurezza all'interno delle mura carcerarie, si trovano ora a vivere in un costante stato di allerta. L'attacco al Sovrintendente di Polizia Penitenziaria da parte di un detenuto comune, spinto da motivi futili, dimostra la grave carenza di misure preventive e il bisogno urgente di riforme. Nessun appello, nessuna richiesta di aiuto da parte delle sigle sindacali riesce a raggiungere l’orecchio di qualche personalità politicamente influente. Nessuna delle tantissime urla pronunciate negli ultimi mesi è riuscita a essere poco più di un impercettibile sibilo.

Tutti ricordano nitidamente e con sgomento la gravissima rivolta avvenuta sempre presso il carcere di Avellino appena il 17 maggio scorso. Nel primo pomeriggio di quel giorno, le forze dell'ordine cinturarono l'intera area esterna della casa circondariale avviando, in primis insieme alla direttrice dell'istituto, Concetta Felaco, delle trattative con i detenuti per convincerli a desistere dalla protesta. Fortunatamente, grazie a queste negoziazioni delicate, la protesta rientrò. Il protocollo era scattato sotto il coordinamento del prefetto Paola Spena e del questore, Nicolino Pepe, con la presenza sul posto anche del procuratore capo di Avellino, Domenico Airoma. Dopo le notizie della rivolta, numerosi familiari degli ospiti del carcere erano giunti ad Avellino, esprimendo profonda preoccupazione per i loro cari reclusi all'interno della struttura carceraria. Un episodio di una gravità assoluta che, nella più scontata logica possibile, avrebbe dovuto mutarsi in una interrogazione parlamentare in un lasso di tempo non troppo dissimile da un respiro ma che, invece, ha richiesto più o meno il medesimo intervallo per precipitare nella voragine della dimenticanza.

Una soluzione necessaria: la classificazione delle carceri e un intervento del Governo

Per affrontare questo scenario di emergenza – come ribadito a più riprese dalle sigle sindacali - è cruciale rivedere la classificazione degli istituti carcerari. La suddivisione in massima sicurezza, media sicurezza e custodia attenuata consentirebbe di isolare i detenuti più pericolosi, prevenendo il contatto con il personale penitenziario e tra detenuti violenti. Inoltre, l'adozione di sezioni separate per i detenuti facinorosi e una riduzione drastica delle ore di apertura delle strutture fino a quando non dimostrino di rispettare le regole sarebbe essenziale per garantire la sicurezza del personale e dei detenuti stessi.

Di fronte a questa emergenza, il Governo non può permettersi di restare indifferente. L'attuale situazione carceraria in Irpinia richiede un intervento celere e deciso. Soltanto attraverso una stretta collaborazione tra istituzioni, è possibile adottare misure adeguate e concrete per garantire la sicurezza all'interno delle carceri e porre fine alle inaccettabili aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria. Ma le istituzioni, quando si parla d'Irpinia, sembrano cadere ogni volta in un sonno così impenetrabile da far impallidire anche il più profondo dei coma.

Le carceri di Avellino sono terra di nessuno

Le carceri di Avellino e provincia non devono continuare ad essere terreno fertile per una violenza incontrollabile. Il personale penitenziario, coraggioso e determinato, merita di essere protetto e sostenuto nel suo lavoro quotidiano. Ormai, per l’informazione, parlare di violenza nel carcere di Avellino non rappresenta più l’ennesimo campanello d'allarme su una situazione insostenibile. Ormai, per l’informazione, parlare di episodi di violenza all’interno del carcere può essere considerato ufficialmente come un trafiletto cui riservare il minimo dell’attenzione. Tutto questo perché siamo giunti a un punto in cui le notizie di reato non dovrebbero essere classificate come fatti di cronaca; bensì come una volgare e goffamente palese negligenza politica. Adottare misure concrete e decisive per affrontare questa emergenza e proteggere il personale penitenziario che dedica la propria vita a garantire la sicurezza pubblica non è nelle priorità della politica locale, regionale e finanche del Parlamento. Eppure, come si può negare che, in questo buco nero di violenza, solo un intervento celere da parte del Governo e una stretta collaborazione tra istituzioni potrebbero mostrare uno spiraglio di luce?

Il personale penitenziario chiede a gran voce un cambiamento significativo; quanto è triste immaginare che questa “rivoluzione” consisterebbe soltanto nel consentire alle carceri irpine di riacquistare la sicurezza e la serenità che meritano.

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