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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Pizzo del clan Cava nel Baianese: gli indagati sono stati scarcerati

I giudici hanno accolto così le istanze difensive e hanno disposto la scarcerazione per entrambi

I magistrati della Dodicesima Sezione del Tribunale del Riesame di Napoli si sono espressi relativamente alla richiesta di annullamento presentata dagli avvocati Gaetano Aufiero e Alessandro Del Grosso nei confronti della misura cautelare firmata dal Gip del Tribunale di Napoli Leda Rossetti nei confronti di Bernardo Cava e Pellegrino Crisci per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. I giudici hanno accolto così le istanze difensive e hanno disposto la scarcerazione per entrambi. Le indagini del pool di magistrati coordinato dal Procuratore Aggiunto Sergio Ferrigno hanno riportato alla ribalta il cinquantenne fratello del boss Antonio Cava, detto N’do N’do, ritenuto uno dei capi della famiglia (l’altro era il defunto Biagio Cava) e attualmente detenuto proprio con l’accusa di essere il promotore e organizzatore del gruppo in regime di 41 bis nel carcere de L’Aquila.

"La protezione ve la facciamo noi. Non mi fate vedere i Carabinieri"

Sono emerse, pertanto, le minacce che hanno spinto l’imprenditore a presentare la denuncia nei confronti dei due, finiti in carcere e che stamane, durante l’interrogatorio di garanzia, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Le condotte, secondo l'accusa, sono consistite nel minacciare un imprenditore, evocando anche implicitamente il potere di intimidazione del clan Cava, intimandogli, sebbene non in forma diretta, il pagamento di una imprecisata somma di denaro, senza riuscirci per la resistenza opposta dalla persona offesa. Le richieste di tangenti sarebbero state formalizzate attraverso le seguenti condotte: conducendo la vittima, a distanza di due mesi dall'incendio doloso del suo escavatore - avvenuto il 30 ottobre 2020, a Sirignano in via Calcara, nei pressi del cimitero - all'interno di un garage dove, ad attenderlo, c'era proprio Cava Bernardo (detto Aldo), il quale, dopo aver udito le richieste di informazioni dell'uomo sull'incendio subito, profferiva la seguente minaccia "non ti preoccupare adesso ci siamo noi sulla zona "... "non vi preoccupate per lo escavatore, voi dovete stare tranquillo, adesso qui ci siamo noi sulla zona. La protezione ve la facciamo noi. Non mi fate vedere i Carabinieri. Io non ho nulla da perdere, io sono Aldo Cava; non ho paura di nulla, chi tiene da perdere sei solo tu".

Dopo pochi giorni dall'incontro, l'imprenditore riceveva un'altra minaccia, pronunciata - questa volta - dall'altro imputato, Pellegrino Crisci: "sto cancello lo acconciamm o no, perché se no' escono i cani".

A fondamento della contestazione agli indagati, ci sono le intercettazioni telefoniche sulle utenze intestate alla persona offesa a Crisci Pellegrino, ma in uso a Cava Aldo, a una persona vicina a Crisci, ma in uso a quest'ultimo, oltre alle intercettazioni ambientali captate all'interno della vettura in uso a Crisci Pellegrino, tutte correttamente autorizzate e prorogate e certamente utilizzabili trattandosi di delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. 

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