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Cronaca

Omicidio Gioia, il Pm Russo ha chiesto 24 anni di reclusione per Elena e Giovanni

Questa mattina, presso il Tribunale di Avellino, dinanzi al Giudice Dott. Gian Piero Scarlato, è ripreso il processo che vede imputati Elena Gioia e Giovanni Limata

Questa mattina, presso il Tribunale di Avellino, dinanzi al Giudice Dott. Gian Piero Scarlato, è ripreso il processo che vede imputati Elena Gioia - assistita dai legali Livia Rossi e Francesca Sartori del foro di Roma - e Giovanni Limata - difeso dall'avv. Rolando Iorio - per l'omicidio di Aldo Gioia, 53enne di Avellino ucciso a coltellate il 23 aprile 2021. In data odierna si è svolta la discussione del Pubblico Ministero, dottor Vincenzo Russo e delle parti civili. Giovanni Limata era presenta, Elena Gioia ha rinunciato a comparire. 

Il Pubblico Ministero ha definito la fase dibattimentale un viaggio lungo e complesso, in cui le numerose consulenze hanno dato un apporto importante sotto il profilo psichiatrico. Questo è stato un processo che ha registrato anche la confessione degli imputati, al termine dell’esame dei testi. C’è ricchezza di prove e siamo in presenza di confessioni e dichiarazioni di pentimento. Il Pubblico Ministero, però, ha voluto fare anche una ricostruzione storica al fine di valutare un’adeguata pena per gli imputati. Aldo Gioia è stato assassinato la sera di venerdì 23 aprile 2021 da Giovanni Limata, 23 anni di Cervinara, entrato in casa della vittima grazie alla complicità della figlia 18enne, Elena Gioia, sua fidanzata all'epoca del delitto. Le urla di Gioia, colpito mentre dormiva, avevano richiamato l'attenzione della moglie e dell'altra figlia e l'aggressore era scappato. Sono 13 le lesioni riscontrate sul corpo di Aldo Gioia, tre i fendenti andati a segno. L’uomo è deceduto per arresto cardio-circolatorio e shock emorragico. Poco dopo era rincasata Elena, che aveva chiamato i soccorsi: alle Forze dell'Ordine aveva parlato di un'irruzione da parte di ladri. Giovanni Limata, rintracciato dagli agenti della Squadra mobile a Cervinara, dove abitano il padre e il fratello, ha confessato l'omicidio. Anche la 18enne Elena Gioia, quella sera stessa, ha confessato agli inquirenti di aver pianificato con il fidanzato la morte del padre. È stata proprio Elena, infatti, a farlo entrare in casa uscendo col pretesto di andare a gettare la spazzatura e lasciando la porta aperta. 

I due si sono convinti reciprocamente di dover uccidere tutta la famiglia

Nel corso del processo sono emersi i messaggi tra i due imputati e, dalla lettura, risultava evidente come i due si fossero convinti reciprocamente di dover uccidere tutta la famiglia Gioia, non soltanto Aldo, anche La madre e la sorella di Elena. È emersa anche la componente cronologica dell’episodio delittuoso. Una messaggistica frenetica, sfrenata, in cui nasce, cresce e si sviluppa fino all’effettivo compimento tutto l’efferato crimine. Questo rapporto inizia e sviluppa sempre e soltanto virtualmente. Una cosa assurda, che sicuramente stupisce: un rapporto virtuale che ha portato all’omicidio reale di un uomo. Un omicidio premeditato, ideato, progettato e condotto con tutta la convinzione necessaria.

Nel corso del processo sono emersi i messaggi di Limata in cui riconosceva che, più colpiva, più il coltello affondava nella carne, più provava piacere e soddisfazione. Elena Gioia, ancora, ha ribadito fino all’ultimo che la strage avrebbe dovuto coinvolgere anche la madre e la sorella. Per Elena Gioia non esisteva la famiglia. Gli elementi dell’omicidio sono emersi subito, anche in maniera piuttosto facile. Nel corso del dibattimento, invece, è venuta fuori la realtà torbida che era la vita di Giovanni Limata. Una realtà, invece, del tutto diversa da quella che era la vita di Elena Gioia, che invece non aveva nulla più dei semplici contrasti che una giovane può avere con i genitori o con la sorella maggiore.

Tensione in aula per Limata, richiamato più volte dal collegio giudicante

Nel corso della requisitoria del Pubblico Ministero, dottor Vincenzo Russo, l’imputato Giovanni Limata ha tentato diverse volte d’intervenire, interrompendolo. Questa condotta ha spinto il presidente del collegio, dottor Gian Piero Scarlato, a redarguirlo; avvisandolo che ulteriori interruzioni non sarebbero state tollerate e avrebbero comportato, per il ragazzo, l’allontanamento dall’aula. 

Il Pubblico Ministero ha affermato che, ancora prima di conoscere il contenuto delle numerose perizie che sono state realizzate, aveva già intuito che – per entrambi – c’era la totale capacità d’intendere e volere. Si è valutato accuratamente, però, l’incidenza della psicopatia sulla volontà dei soggetti coinvolti. Non si sono registrate, però, in Elena Gioia la presenza di elementi che avrebbero potuto in qualche modo giustificare l’atroce gesto. Limata, invece, ha un disturbo anti-sociale della personalità. Chiaramente, anche in questo caso, nulla che possa minimamente giustificare l’orrore avvenuto la sera del 23 aprile 2021. Siamo di fronte a un omicidio volontario e premeditato che avevano la perfetta capacità d'intendere e volere. 

La relazione è stata un "incastro perfetto ma sfortunato" tra i due ragazzi 

Il Pm, ancora, ha rimarcato le conclusioni della perizia del dottor Sciaudone sui due giovani imputati che, secondo il Pubblico Ministero, furono eloquenti: nonostante l’immane tragedia, l’omicidio è stato realizzato da Giovanni con il contributo di Elena. Sciaudone, infatti, ha affermato che, per Giovanni, la volontà di commettere l’omicidio fosse piena.  Il medico, ancora, nel corso dei colloqui, ha riscontrato in Giovanni Limata il disturbo antisociale della personalità. E, soffermandosi sul contenuto delle chat intercorse tra i due imputati, quest’ultime non facevano intravedere un disturbo psicotico condiviso. Nessuno dei due aveva un disturbo psicotico e, quindi, la cosiddetta “follia a due” – stando alla relazione del consulente – non avrebbe avuto luogo.

Il Pm Russo al termine della sua requisitoria, al momento della richiesta di condanna, ha indicato la pena di anni 24 per Elena Gioia e Giovanni Limata che, nonostante l'efferatezza dell’omicidio, "restano due ragazzini". Dopo aver sentito la richiesta di condanna, Giovanni Limata, chiuso all'interno della cella, ha avuto un violento scatto; chiedendo di lasciare l'aula. Richiesta accordata dal giudice Scarlato. 

La prossima udienza, adesso, è attesa per il 24 maggio, quando concluderanno gli altri difensori e poi ci sarà la Camera di Consiglio che emetterà la condanna per i due ragazzi. 

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