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Cronaca

Danni a una madre e al suo bambino in fase di parto, ginecologo condannato al risarcimento

I fatti risalgono al novembre 2011, allorquando il medico era in servizio presso la Clinica Malzoni

Aveva cagionato danni alla madre e al nascituro, ricorrendo al parto attraverso "vie genitali anguste” e alla somministrazione della gestante di ossitocina senza verificare le cause della lamentata "inerzia uterina". Il Tribunale di Avellino ha emesso la sentenza nei confronti del ginecologo Leonardo Nargi, condannandolo al risarcimento di una coppia di coniugi, difesi dall'avvocato Anna Maria Vittoria Vecchione, e del figlio.

Accertato il danno neuro-anatomico permanente al bambino

I fatti risalgono al novembre 2011, allorquando il medico era in servizio presso la Clinica Malzoni. Il ginecologo venne già citato, assieme a un'ostetrica e unitamente alla casa privata di cura avellinese, in un giudizio del 2013, conclusosi con sentenza quattro anni dopo: in quell'occasione, il giudice dichiarò estinto il giudizio solo nei confronti di questi ultimi, mentre venne ravvisata la responsabilità della struttura. 

Secondo quanto rilevato dai consulenti medici nominati, è stato dimostrato che, sebbene all'anamnesi fosse stato segnalato un aumento ponderale della gestante di 15 Kg, nel corso della gravidanza i sanitari non avevano ritenuto opportuno procedere ad indagare ecograficamente le condizioni del feto, consentendo così che il feto iperevoluto (Kg 4.300) venisse ad essere partorito attraverso "vie genitali anguste”, laddove nella pratica clinica, in tali condizioni, si ricorre ad un taglio cesareo.

Inoltre, è stato accertato che i sanitari avevano somministrato alla gestante ossitocina, senza verificare le cause della lamentata "inerzia uterina" che, ad avviso dei consulenti, trovava la sua ragione d'essere proprio nelle considerevoli condizioni del feto, nonché proceduto ad applicare il Vacuum Extractor quando verosimilmente la dilatazione uterina non era ancora pienamente completa, condizionando così, attraverso la rapida estrazione del feto, una lacerazione, sia pure contenuta, della bocca uterina. Infine, al nascituro venne cagionato un cefaloematoma con conseguente pericolo di vita, a causa di una verosimile, sia pur limitata, inalazione di liquido amniotico con necessità di assistenza ventilatoria, così sviluppando un danno neuro-anatomico rappresentato da lesioni ipossiche peritalamiche e periventricolari, tuttora evidente, seppur stabilizzato.

Sulla base di tali elementi, il Tribunale di Avellino ha condannato gli eredi del dott. Nargi (scomparso a causa del Covid nel dicembre 2020) al pagamento in favore di parte ricorrente della somma di euro 48.727,46. Rigettata, invece, ogni domanda nei confronti dell'ostetrica, alla quale non è stata ascritta nessuna responsabilità.

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