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Cronaca

Droga in carcere, il Sappe risponde a Ciambriello: "Le tematiche penitenziarie non sono ideologia"

La replica al Garante Campano dei Detenuti: "Lui vive su un altro pianeta, sue considerazioni senza alcun valore pratico"

“Dopo avere ascoltato le parole del Garante campano delle persone sottoposte a misura restrittiva della libertà personale, Samuele Ciambriello, secondo il quale la droga in carcere la portano i poliziotti penitenziari, auspico che ad esse si conferisca il disvalore che merita. L’introduzione di droga in carcere è un problema reale, e nel corso degli anni sono stati arrestati familiari di detenuti, cappellani, medici, infermieri e purtroppo anche “infedeli” che indossavano la divisa del Corpo. Ma “fare di tutta l’erba un fascio” è assurdo: evidentemente vive in un altro pianeta… se questi sono gli ‘esperti’ delle carceri, che per altro realizzano pubblicazioni auto celebrative con i soldi pubblici, vorremmo dire alle Autorità politiche campane di ascoltare anche i tecnici che il carcere lo vivono in prima persona H24, come gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria, e non solo i teorici che lo vivono al mattino dopo colazione e il pomeriggio dopo il the…”.

Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, commentando alcune dichiarazioni del garante dei detenuti Samuele Ciambriello durante la presentazione, oggi a Napoli, della “Relazione annuale 2021”, scritta in collaborazione con l’Osservatorio Regionale sulla detenzione.

Dura la replica del leader del SAPPE: “C’è nella Regione Campania una sovraesposizione mediatica del ruolo del garante dei detenuti, Ciambriello, francamente inconcepibile. Ci sembra abbia addirittura offuscato il ruolo dell’Amministrazione Penitenziaria campana sulle tematiche delle carceri e dell’esecuzione penale. Parla sempre e solo di detenuti, chiaramente CONTRO la Polizia Penitenziaria, cosa che il garante sta facendo sistematicamente. Altro che figura di garanzia: Ciambriello rappresenta una sola parte del mondo della giustizia, ossia i detenuti, quelli che sono in carcere per avere commesso reati”.

“A cosa serve avere una figura del genere?” aggiunge Capece. ”Valutiamo da tempo l’opportunità di proporre una legge di iniziativa popolare o un referendum abrogativo per sopprimere la figura del garante, visto che ai detenuti delle carceri italiane sono assicurate e garantite ogni tipo di tutela, a cominciare dai diritti legati all’integrità fisica, alla salute mentale, alla tutela dei rapporti familiari e sociali, all’integrità morale e culturale. Diritti per l’esercizio dei quali”, prosegue, “sono impegnati tutti gli operatori penitenziari, la Magistratura - in particolare quella di Sorveglianza -, l’Avvocatura, le Associazioni di volontariato, i parlamentari ed i consiglieri regionali (che hanno libero accesso alle carceri), le cooperative, le comunità e tutte le realtà, che operano nel e sul territorio, legate alle marginalità. E particolarmente preziosa, in questo contesto, è anche l’opera svolta quotidianamente dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria. Donne e uomini in divisa che rappresentano ogni giorno lo Stato nel difficile contesto penitenziario, nella prima linea delle sezioni detentive, con professionalità, senso del dovere, spirito di abnegazione e, soprattutto, umanità. Con buona pace di tutti i garantisti a senso unico”.

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