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Cronaca

D'Onofrio saluta il Palazzo di Giustizia di Avellino: "Lascio qui una parte del mio cuore e tantissimi amici" 

La partenza del sostituto Procuratore lascia un vuoto profondo nel cuore del sistema giudiziario, ma il suo impegno resta un esempio per tutti

Il Palazzo di Giustizia di Avellino, a partire da domani, dovrà fare i conti con la mancanza del Sostituto Procuratore Vincenzo D’Onofrio al secondo piano. La sua assenza racconta nove anni di incisive investigazioni, contraddistinte dalla determinazione di un magistrato esperto, il cui ufficio ha accolto figure di spicco sia nell'ambito politico che imprenditoriale, unite da un comune interesse: la giustizia. Oggi, durante la cerimonia svoltasi presso l'Aula Magna del Tribunale di Avellino, tantissimi messaggi di affetto e sincere ed emozionate parole di ringraziamento. Il Dottor D'Onofrio, sotto l'occhio attento del Beato Rosario Angelo Livatino, cui è dedicata l'aula, ha avuto una parola di affetto per tutti: "Lascio qui una parte del mio cuore e tantissimi amici". Davanti alla scrivania di D’Onofrio si sono presentati, in veste di testimoni chiamati in causa, esponenti di rilievo della politica e del mondo imprenditoriale a livello nazionale. La Procura di Avellino, con la partenza di uno dei suoi magistrati più esperti, perde una figura di rilievo, un professionista che ha contribuito in modo significativo alle indagini sulla criminalità organizzata e economica.

A partire da lunedì, il pubblico ministero che ha attirato l'antipatia sia della camorra che dei colletti bianchi assumerà il ruolo di sostituto procuratore generale a Napoli. La sua esperienza presso la Sesta Sezione Penale negli ultimi mesi ha anticipato questo nuovo incarico. Ripercorrere la storia degli ultimi nove anni permette di rivedere le indagini più rilevanti firmate dai magistrati di Piazza D’Armi, focalizzate sulle sfide della criminalità economica e organizzata.

Giunto al Palazzo di Giustizia nel settembre del 2015, Vincenzo D’Onofrio era già noto per avere praticamente annientato uno dei clan più potenti della camorra nell'area nord di Napoli, i Sarno di Ponticelli. Una delle gesta più memorabili della sua carriera presso la Dda di Napoli risale al settembre del 2012, quando ottenne il sequestro di uno dei Gigli di Barra, sospettato di essere sotto il controllo del potente clan Cuccaro e che fu successivamente abbattuto. In risposta, la camorra pianificò un attentato nei confronti di D’Onofrio nel 2011. Le minacce da parte della criminalità organizzata, estese anche alla provincia di Avellino, non si sono mai interrotte.

Nonostante il cambio di contesto, la toga di D’Onofrio, definita "senza paura", continua a non godere di simpatie tra i boss. Nel marzo del 2018, le minacce furono intercettate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo a casa di Pasquale Galdieri, capo del Nuovo Clan Partenio. Mentre guardava un TG locale, esclamò: "a questo lo uccido", riferendosi al magistrato. Le indagini su estorsioni e turbative nelle aste rientrano tra i numerosi fascicoli affrontati dalla Procura di Avellino sotto la guida di D’Onofrio, coprendo vicende dallo scandalo Aias alla condanna di Gianandrea De Cesare. Nonostante un passato in cui alcune accuse sono state archiviate dalla Procura di Roma e la completa indipendenza sottolineata dai capi procuratori, nel 2021 il Consiglio Superiore della Magistratura non ha riconfermato D’Onofrio nella sua funzione di Aggiunto. Tuttavia, il parere unanime del Consiglio giudiziario nel settembre 2019 afferma che D’Onofrio è ampiamente meritevole della sua posizione, elogiando la sua dedizione e i risultati ottenuti.

L'affetto nei confronti di D’Onofrio è emersa chiaramente, con tantissime testimonianze, a cominciare proprio da quella del Procuratore Domenico Airoma: "Enzo ha fatto la Direzione Distrettuale Antimafia in un periodo in cui la camorra era estremamente virulenta. Quando la scorta gli è stata tolta, poi, lui non ha battuto ciglio. Questo è Vincenzo D'Onofrio; un uomo che ha avuto il coraggio di condurre indagini in un circondario dove, prima, nessuno aveva mai osato. Questo dà la misura del vero magistrato", conclude.

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