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Cultura

Chi era San Modestino? La storia del Vescovo e martire della città di Avellino

Nei secoli il culto di San Modestino è diventato uno dei simboli della fede cittadina

Per tutto il mondo è il giorno di San Valentino, per Avellino e Mercogliano è il giorno del loro Patrono: San Modestino. Il culto molto sentito dalle comunità irpine rivive ogni anno in una festa civile e religiosa che culmina nel rito del Focarone. 

Oltre alla consueta Messa Solenne celebrata dal Vescovo di Avellino con i parroci e i sacerdoti della Diocesi, i fedeli rinnovano il tradizionale focarone in onore del Santo, una sorta di rituale che segna la vittoria del bene sul male.

Nonostante su San Modestino Vescovo e Martire della città di Avellino vige un alone di mistero, viste le poche testimonianze storiche, il santo è una figura simbolo per l'identità avellinese che il 14 febbraio si ritrova in un momento di intensa unione e di fede.

La storia: chi era San Modestino Vescovo? 

Da un’antica tradizione orale e attraverso antichi scritti, veniamo a conoscenza della vita e il martirio dei SS. Modestino.

La storia di San Modestino inizia ad Antiochia, nel 245, anno della sua nascita. Di nobili natali, nel 302 fu consacrato vescovo della città e, poi, patriarca della regione. Durante la persecuzione di Diocleziano si ritirò, per circa sette anni, su di un eremo dove predicò il Vangelo e compì numerosi miracoli e guarigioni.

Per la sua fede cristiana fu poi arrestato e torturato, ma ricevette nuovamente la libertà ad opera dei suoi fedeli.

Insieme a due collaboratori Fiorentino e Flaviano (il primo sacerdote, il secondo diacono), partì per l’Italia. Sbarcarono a Locri (in Calabria) e anche qui iniziarono a predicare la parola di Cristo. Ma ben presto furono arrestati e tradotti in carcere a Sibari.Questa volta la loro liberazione, secondo quanto riporta la leggenda fu dovuta all’Arcangelo Michele. Dopo essere stato liberato "miracolosamente", ed aver guarito da una malattia la figlia del governatore di Locri, provocando la conversione del governatore stesso, sbarcò a Pozzuoli e, guidato dall'arcangelo Michele, Modestino arrivò con i suoi compagni nel territorio di Avellino dove esercitò il suo ministero di evangelizzatore e di vescovo, e dove operò numerosi miracoli. Precisamente si stabilirono a Pretorio, nel territorio mercoglianese, sede di un tempio dedicato al dio Mercurio, dio del commercio. Il tempio era frequentato dagli abitanti di Pretorio e del vicino Urbiniano, oggi conosciuta come Valle di Avellino, e dagli Abellinati che vi si recavano per offrire il sacrificio e bruciare incenso. 

In poco tempo Modestino, Fiorentino e Flaviano riuscirono nella conversione di molti pagani ma furono presto brutalmente catturati, torturati e decapitati pubblicamente nel luogo dove oggi insiste la chiesa a loro dedicata, all’altezza del viale alberato di Mercogliano. La morte è collocata alla notte tra il 14 ed il 15 febbraio del 311.

I corpi, raccolti dai fedeli, furono sepolti e sulle tombe fu poggiata un’insegna con i loro nomi. A San Modestino fu inoltre dedicata una colomba argentea. Attorno al 1167 Guglielmo vescovo di Avellino, nella ricerca di materiale da riutilizzare per la costruzione della cattedrale, rinvenne le spoglie di Modestino e dei compagni martiri presso una antica colonna. La cronaca riporta che il vescovo il 10 giugno di quell'anno, accompagnato dall'arcidiacono Bernardo, dall'arciprete Guglielmo, dal primicerio Alferio, maggiori dignità del Capitolo dei canonici, e da alcuni boni homines, rinvenne nel loco Urbinianum, nei pressi del pretorio di Mercogliano, le reliquie di Modestino, Flaviano e Fiorentino e le collocò nella cripta della Cattedrale ( sono ancora oggi conservati nella Cappella del Tesoro di San Modestino).

Il Culto

Nei secoli il culto di San Modestino è diventato uno dei simboli dell’identità della città. Il 10 giugno veniva celebrato il sinodo diocesano e in città si svolgeva una grande fiera. Ad essere rievocata era la traslazione delle reliquie del Patrono con una solenne processione fino alla Chiesa di S. Carlo al Largo ( sull’area dell’attuale palazzo Sarchiola all’inizio del corso), con i busti dei Santi Modestino, Fiorentino, Flaviano, Gennaro, Lorenzo, Anna, Biagio, Carlo Borromeo, Filippo Neri, Gaetano da Thiene, Andrea Avellino e Apollonia. 

La statua veniva, poi, riportata in Cattedrale nella cappella di patronato della municipalità adornata di fiori, di luci. 

La questione delle reliquie contese

In merito alla traslazione restano, tuttavia versioni contrastanti, vi e infatti, una duplice tradizione: quella avellinese, che vuole che il vescovo Guglielmo abbia effettivamente trasportato nella cattedrale di Avellino i sacri corpi (e in questo coincide con la relazione del vescovo Ruggiero) e quella mercoglianese, che sostiene che i corpi trovati, rimasero in paese. 

Come spiega Padre Giovanni Mongelli nel testo “La storia di Mercogliano, dalle origini ai nostri giorni” da lui redatto e stampato nel 1978, San Modestino è stato da sempre conteso dai i due territori. Nel testo si legge che “tutte le testimonianze storiche giunte fino alla fine del XVI secolo in poi sono concordi nell’additare a Mercogliano in tre cassette distinte, quei sacri corpi, mentre gli avellinesi non hanno mai potuto mostrare se non delle reliquie, più o meno insigni di San Modestino”.

Il falò 

Durante la giornata del 14 febbraio sono diverse le celebrazioni eucaristiche in onore dei tre Santi. La tradizione popolare li ricorda con l’accensione dei tradizionali focaroni, tipici riti propiziatori del sud Italia. 

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