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Lunedì, 29 Aprile 2024
Sapore d'Irpinia

Sapore d'Irpinia

A cura di Rosa Iandiorio

L’Irpinia è una terra di sapori autentici, custode antica di vini pregiati e specialità gastronomiche ricche di gusto. Un luogo incantevole dove sedersi in silenzio per ammirare la sua anima più vera. L'anima di una terra dove per secoli la natura ha scandito i ritmi del tempo, lasciandoci in eredità un patrimonio agroalimentare immenso. È tempo di partire buongustai per riscoprire insieme questo ‘Sapore d'Irpinia’

Sapore d'Irpinia

"A Pasca se 'ngigna 'a subbressata": storia e tradizione della 'regina' delle feste

Il cuoco Giovanni Mariconda e l'artigiano Luigi Giovanniello raccontano l'usanza di celebrare le feste con la soppressata avellinese

“A PASCA SE ‘NGIGNA ‘A SUBBRESSATA” recita un vecchio adagio che indica l'abitudine tipicamente locale di consumare a Pasqua, la regina degli insaccati avellinesi: la soppressata.

Le motivazioni sono da ricercare in una questione religiosa, ma soprattutto tecnica, come ci spiegano Luigi Giovanniello, titolare dell'ominimo salumificio di Sturno e il cuoco Giovanni Mariconda.

Luigi Giovanniello e Giovanni Mariconda-2

"L’usanza di mangiare salumi a Pasqua è molto antica e risale addirittura all’epoca medievale, quando erano principalmente alimenti contadini e gli insaccati rappresentavano il metodo principale di conservazione della carne per lunghi periodi - spiega il cuoco di Santa Lucia di Serino".

In passato, ogni famiglia contadina, aveva il suo maiale e la macellazione avveniva in inverno, tra il giorno di Santa Lucia (il 13 dicembre) e quello di Sant’Antonio ( il 14 gennaio): la lavorazione artigianale delle carni suine portava poi alla realizzazione di prodotti insaccati in budello naturale che richiedevano un periodo di stagionatura diverso a seconda della tipologia di salume.

"La festa di Pasqua cadeva nel momento ideale per consumare i primi prodotti con stagionatura breve, come per esempio la soppressata - aggiunge Giovanniello - Le parti più nobili del maiale, ovvero prosciutto, parte centrale della spalla, fondello, lardello di suino pesante tagliato a punta di coltello, subito dopo la macellazione, venivano tritate e condite con sale e aromi, per poi essere insaccate in budello naturale. Segue la stagionatura che richiede circa tre/4 mesi. Dunque, proprio quel lasso di tempo che va da dicembre/gennaio a Pasqua conferiva alla soppressata i giusti profumi e sapori".

Alle ragioni più pratiche, legate alla macellazione e trasformazione della carne in inverno, si sommavano poi le tradizioni religiose, che sappiamo essere molto radicate nella cultura popolare. La Pasqua rappresenta per i cattolici la festa più importante dell’anno liturgico ed è preceduta da un periodo di quaranta giorni dedicato al digiuno e alla penitenza, la Quaresima. Durante tutto questo tempo preparatorio, nei secoli passati, era usanza rinunciare al consumo di carne: a Carnevale si assaporavano le prime pietanze derivanti dalla stagionatura del maiale e poi bisognava attendere fino a Pasqua.

"C'è un vero e proprio calendario del maiale - chiosa Mariconda - che inizia con le frattaglie, all'indomani o il giorno stesso della macellazione e prosegue con le salsicce nel periodo di Carnevale. C'è poi un periodo di astinenza che si chiude a Pasqua con il taglio della soppressata e va avanti fino alla festa patronale, in estate, con il consumo del Capocollo. Sicuramente la tradizione di NGIGNA ‘A SUBBRESSATA a Pasqua è quella più famosa".

L'usanza di celebrare il periodo pasquale consumando la soppressata si è tramandata fino ai giorni nostri. Il famoso insaccato è infatti un alimento largamente presenti nei pranzi e nei picnic delle feste oltre ad essere il protagonista di una delle torte salate più buone e golose in assoluto: la pizza 'chiena'.

Da Sabato Santo fino a Pasquetta con la tradizionale gita fuori porta, in ogni angolo d’Irpinia, si imbandiscono le tavole e le coperte dei picnic con la tipica soppressata, ma anche con moltissimi prodotti della salumeria e norcineria locale, serviti come antipasto o utilizzati come ingredienti di torte salate o altre succulente ricette stagionali.

"Non c’è famiglia dell'entroterra avellinese che non accolga un ospite senza tirar fuori dalla dispensa una soppressata, affettandola e offrendola quasi come se fosse un omaggio di benvenuto, un simbolo di ospitalità, accompagnata ovviamente da un buon bicchiere di Aglianico - aggiunge Giovanniello - Per questo, seppur con tecniche all'avanguardia, ci tengo a portare avanti un prodotto icona della nostra terra dando al consumatore un alimento genuino che evochi memorie sopite e tuteli la nostra storia gastronomica". 

La sopressata è un rito che resiste al trascorrere del tempo e trova in Giovanniello e Mariconda due validi ambasciatori che provano a tenere vive e valorizzare le eccellenze agroalimentari locali. "Ci ispiriamo al territorio e mettiamo a fuoco la materia - conclude Mariconda - L'obiettivo è tenere viva la storia e diffondere oltreconfine la cultura di un prodotto realizzato con la parte più nobile del maiale".

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