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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Aste Ok, Livia Forte 'certifica' l'associazione mafiosa: "Galdieri diceva che mi avrebbe fatto saltare in aria"

Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza per il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d'illeciti che vede protagonista il Clan Partenio

Nella giornata di oggi, presso il Tribunale di Avellino, in composizione collegiale presieduta dal presidente   Dott.  Roberto Melone, a latere Gilda Zarrella  (oggi sostituita dal giudice Ciccone NdR) e   Vincenza Cozzino , è ripreso il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d'illeciti che vede protagonista il Clan Partenio. Oggi, in aula, è stato il gran giorno di Livia Forte , collegata in video conferenza dalla casa circondariale di Latina e assistita dal difensore di fiducia, Roberto Saccomanno: “La mia attività all'interno delle aste giudiziarie è iniziata nel 2003. Armando Aprile mi disse che il mercato delle aste giudiziarie era in risalita. Io risposi che la mia attività di ristorazione andava bene, lui mi convinse affermando che si sarebbe occupato lui di tutto. Mi sono occupata di questo settore fino al 2017/18”, questo è stato l'esordio della "Regina delle aste", rispondendo alle domande del Pm Woodcock. Livia Forte, poi, racconta il primo avvicinamento di Nicola Galdieri, definendolo – almeno all'inizio – molto cortese e aggiungendo che le minacce arrivano dopo. “Il 'baba' consisteva in questo: gli esecutati venivano da noi, al ristorante It's Ok, e ci facevano regali affinché non partecipassimo alle aste. Venivano sempre loro a dire che ci facevano il regalo. Parecchi esecutati affermavano che solo io e Armando eravamo venuti a vedere le case. Noi, a più riprese, chiedevamo: “Ma se viene qualcun altro non ci date più il regalo?”, loro con sicurezza affermavano che ai sopralluoghi c'eravamo sempre e soltanto noi. Ma il babà non era un sistema, erano loro che facevano solo un regalo”.

Il Pm Woodcock, nel suo esame, è tornato sul concetto di monopolio: “Tutta Avellino partecipava alle aste, non soltanto noi. Alla fine, 'i babà' che ci siamo presi, sono stati circa tre o quattro. Alla fine, la maggior parte di essi, era stata solo promessa ma non è mai arrivata”. La regina delle aste, dopo, parla del rapporto con Formisano e Barone: “Li conobbi in tribunale. Galdieri venne da me dicendo che io mi ero presa 5mila euro da una donna di Atripalda. Io negai questa cosa e ci fu un incontro con questa persona (la super testimone del processo). Gli animi si agitarono, Galdieri credette a me e la chiamò bugiarda. Ci furono degli insulti e Nicola le diede anche uno schiaffo”.

Per l'Antimafia, infatti, è lì che iniziò il patto tra il gruppo Forte-Aprile e Galdieri e Formisano e Barone. E su questo canovaccio il pm antimafia nel corso del suo esame ha incalzato Livia Forte non solo sul giorno delle minacce: “C'era stato imposto il 20% e Galdieri voleva controllare se Formisano e Barone, nelle aste che facevano, rispettavano l'accordo. Le aste insieme a Barone e Formisano non le ho mai fatte”. A questo punto, il Pm ha contestato le affermazioni di Livia Forte, presentando i verbali d'interrogatorio in cui si evinceva proprio questo, ovvero che le aste dovevano essere aggiudicate una volta dal gruppo Forte-Aprile e Galdieri e un'altra da Formisano e Barone.

Woodcock, a quel punto, ha chiesto di chiarire ancora una volta l'accordo secondo il quale i Galdieri ricevevano una commissione del 33% quando portavano il cliente, mentre ricevevano il 20% quando intervenivano solo per indirizzare le aste. Il Pm non ha dubbi, in quei dialoghi si faceva riferimento a un accordo, a un'intesa. Livia Forte ha ribadito con forza: “L'accordo era tra di noi, solo per evitare 'di scannarci' sulle aste. Questo accordo era solo per noi”. Parole che hanno nuovamente attivato le contestazioni del Pubblico Ministero, che tentava di comprendere la reale natura di questo accordo. Ovviamente, trattandosi di cifre da spartire, la risposta dell'imputata - affermando che era solo un accordo nato per non pestarsi i piedi nel corso delle aste - era in totale contraddizione con quanto dichiarato nei precedenti verbali di interrogatorio.

"I Galdieri mi hanno intimato di non ostacolare Costantino Giordano nell'asta de ò Pagliarone"

Livia Forte, in aula, ha descritto il rapporto di assoggettamento che subiva da parte dei fratelli Galdieri. Un accordo che, almeno nelle parole dell'imputata, era stato stipulato senza darle nessuna possibilità di scelta: “Armando Aprile, spesso, non mi diceva tutto. A volte agiva per conto suo senza dirmi nulla. Per quanto riguarda l'asta di Montoro, io avevo paura, perché si voleva partecipare senza dire nulla ai Galdieri. Io mi tirai indietro perché avevo paura che i Galdieri se la prendessero con me. Per quanto riguarda Barone e Formisano, invece, non è che mi riferivano tutto. Semplicemente, nel mondo delle aste, si sapeva sempre più o meno tutto”. Anche su questo punto, però, Livia Forte non riesce a chiarire all'accusa perché Formisano e Barone la reputassero il loro “sponsor”: “I Galdieri dissero che poteva partecipare chiunque ma Galdieri voleva che io vigilassi sul nostro accordo”. In questo momento dell'udienza, Woodcock ha chiesto: “Quindi potresti dire che la sua figura era quella di garante dell'accordo?”. Livia Forte non ha accettato questo appellativo.

Sulle minacce ricevute da Galdieri: “Mi ha minacciato più volte. Mi disse anche che mi avrebbe fatto saltare in aria. Mi ha minacciato di nuovo anche per quanto riguarda l'asta per il ristorante “ò Pagliarone” , in cui mi intimò di non ostacolare l'aggiudicazione dell'asta a Costantino Giordano. Io, addirittura, gli chiesi perché si comportava in questo modo con me, anche dopo che mi aveva definito 'una sorella'. Lui mi disse che i tempi erano cambiati".

“Ho commesso reati, è vero, ma mi sono sempre accompagnata a persone importanti, professionisti; non ho mai minacciato nessuno, anzi, io ho subito minacce. Galdieri mi disse che se Armando l'avesse imbrogliato, lui l'avrebbe messo su una sedia a rotelle. Questa è stata la mia vita e mio fratello è morto col desiderio di mangiare ancora una volta tutti insieme, come facevamo prima”. Su questa pesantissima minaccia, però, Woodcock ha contestato che non vi è mai stata nessuna traccia nei precedenti verbali. Sui rapporti con Damiano Genovese, Livia Forte afferma: “Non ci parliamo. Ripeto, io mi sono sempre frequentata solo con persone per bene. Lui è il marito di mia nipote. C'erano delle gelosie da parte sua. Damiano Genovese aggredì mio marito sotto casa. Le motivazioni di questo gesto erano perfettamente di interesse politico. Mio marito andò in ospedale e, da quel momento, abbiamo interrotto tutti i rapporti”.

Dopo aver risposto alle domande del Pm, è iniziato il controesame condotto dai difensori. Il primo a rivolgere domande all'imputata è stato il suo avvocato di fiducia, Roberto Saccomanno. Successivamente, è intervenuto l'avvocato Alberico Villani, seguito dall'avvocato Ferdinando Taccone, dall'avvocato Benny De Maio, dall'avvocato Claudio Botti, dall’avvocato Carmine Anzalone, dall'avvocato Claudio Mauriello e, infine, dall'avvocato Gaetano Aufiero. Quest'ultimo - nello specifico - ha rivolto numerose domande, tuttavia, l'imputata ha dichiarato di non ricordare la stragrande maggioranza delle circostanze dettagliatamente menzionate.

Per gli altri, invece, Livia Forte ha risposto ribadendo quanto affermato in precedenza e ha sottolineato che la sua "forza economica", manifestata attraverso gli investimenti nel mondo delle aste giudiziarie, non dipendeva dalla presunta connessione con i Galdieri, bensì dal fido di un milione di euro concesso dalla banca. La prossima udienza è attesa per il 2 febbraio 2024. In quell’occasione saranno ascoltati gli imputati Gianluca Formisano e Antonio Barone. 

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