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Cronaca

Il delicato caso di Giovanna Pedretti e le implicazioni legali dell'istigazione al suicidio

L'Avvocato Rosaria Vietri, penalista del Foro di Avellino, offre una prospettiva legale su questo delicato caso e sulle possibili implicazioni penali dell'istigazione al suicidio

Nel pomeriggio di domenica 14 gennaio, Giovanna Pedretti, titolare della pizzeria Le Vignole di Sant'Angelo Lodigiano, è stata ritrovata senza vita nel fiume Lambro. Dopo la scoperta del cadavere, la Procura di Lodi ha immediatamente aperto un'inchiesta per indagare sullo stato emotivo della 59enne, travolta da accuse di aver falsificato una recensione che le aveva portato complimenti e attenzioni. L'obiettivo dell'inchiesta è anche quello di chiarire se tali commenti abbiano contribuito al suo tragico intento suicidario.

L'Avvocato Rosaria Vietri, penalista del Foro di Avellino, offre una prospettiva legale su questo delicato caso e sulle possibili implicazioni penali dell'istigazione al suicidio: "L'istigazione al suicidio può essere di natura morale o materiale. In questo caso, sembra esclusa la natura materiale dell'istigazione al suicidio, poiché non sembra che ci sia stato qualcuno che materialmente abbia aiutato la povera signora a togliersi la vita". L'avvocato spiega che, al momento, sembra essere più plausibile un'ipotesi di concorso morale, dove assume rilevanza decisiva il nesso causale. È fondamentale stabilire se, eliminando mentalmente il contributo di istigazione, il suicidio si sarebbe comunque verificato: "Se il suicidio fosse stato un disegno coltivato indipendentemente dalla condotta di istigazione, non ci sarebbe il reato".

La "incidenza causale della condotta di istigazione sul suicidio" è un aspetto tecnico che non può essere trascurato

Vietri mette in luce la necessità di esaminare se la signora aveva già un proposito suicidario indipendentemente dalla presunta istigazione. La "incidenza causale della condotta di istigazione sul suicidio" è un aspetto tecnico che gli investigatori devono valutare attentamente. Sulla questione dei comportamenti sui social e delle responsabilità penali ad essi associate, l'avvocato sottolinea che più persone possono concorrere nel reato, poiché la condotta di partecipazione morale non è predeterminata e può manifestarsi in vari modi, come consigli, suggerimenti, esortazioni o atti di persuasione: "La norma incriminatrice è molto pericolosa per tutte le persone che fanno gli odiatori sui social, perché a certe condizioni rischiano concretamente di essere incriminate per l'istigazione al suicidio".

I commenti o i post non devono necessariamente contenere un invito esplicito al suicidio per integrare il reato. La condotta deve essere di partecipazione morale e avere un'efficacia causale sulla determinazione al suicidio. La gravità del reato di istigazione al suicidio, punito con 5-12 anni di reclusione se il suicidio avviene. Nel caso in cui la persona istigata sia minore di 14 anni o incapace, si applicano le pene relative all'omicidio. Infine, la penalista richiama l'attenzione sulla responsabilità morale e giudiziaria che può derivare dalla "gogna social-mediatica", evidenziando la necessità di una consapevolezza sull'uso dei social media e delle possibili conseguenze gravi che ne possono derivare: "Quando si usano i social per esprimere le proprie opinioni, bisogna essere coscienti e consapevoli di poter fare danni, creare traumi emotivi che non è la prima volta, purtroppo, che finiscono in tragedia, a cui fanno seguito responsabilità morali e giudiziarie", conclude.

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