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Calcioscommesse, per la Procura dubbi su Catania - Avellino

La partita finì uno a zero per gli etnei grazie ad un calcio di rigore accordato dall'arbitro tra le proteste dei biancoverdi. Ma in Irpinia ricordiamo quella partita per i disordini accorsi ai tifosi.

Tra Catania e Avellino non c'è mai stato gran feeling. Ma per la Procura distrettuale di Catania in conferenza stampa per parlare dell’indagine sul Catania che ha portato agli arresti il Presidente Antonino Pulvirenti, l’AD Pablo Cosentino, l’ex DG Daniele Delli Carri, che sono accusati di “frode sportiva e truffa”, il procuratore Sardi annuncia che “Secondo le indagini almeno cinque partite, addirittura forse sei, siano state truccate attraverso il pagamento dei giocatori". Attualmente ancora al lavoro gli inquirenti per la partita Catania-Avellino del 29 marzo scorso terminata per 1-0 dove ancora non si hanno elementi utili per definire comprata. Ma gli inquirenti si sono sbilanciati dicendo che anche questa dovrebbe essere truccata. Uno scenario inverosimile, raccapricciante, difficile da ipotizzare visto i fatti di quel 29 marzo che a memoria ricordiamo.

Tra le due tifoserie non corre buon sangue: il fatto è risaputo. L'Avellino veniva da due sconfitte consecutive e i playoff erano a rischio. La formazione di Rastelli doveva a tutti i costi fare bottino per restare nel novero delle squadre che contano. Dietro c'erano molte squadre pronte ad approfittare del passo falso. Anche la situazione in classifica del Catania era traballante: terz'ultimi in classifica. Due squadre dunque assetate di punti.

Una partita che si risolse su un calcio di rigore molto dubbio per la decisione dell'arbitro di dare la massima punizione. Dalle immagini Fabbro certamente non strattonò Calaiò ma il direttore di gara la pensò diversamente. Il difensore irpino già diffidato si vide anche un cartellino giallo al volto e saltò il match successivo. 

Ma quella gara è ricordata per i disordini che videro coinvolti i tifosi irpini. La Curva Sud Avellino, all’epoca, affidò ad un comunicato la minuziosa ricostruzione dell’odissea consumatasi nella calda domenica siciliana. "L’incubo ebbe inizio a Reggio Calabria, poi la sosta a Messina ed un viaggio interminabile alla volta dell’Etna. Nelle vicinanze dello stadio “Angelo Massimino”, via alle perquisizioni oltremodo scrupolose con cani antidroga e antiesplosivo e al prefiltraggio con tanto di identificazione preliminare di ogni singola persona. Operazioni che richiesero parecchio tempo e costrinsero i tifosi a entrare nel settore loro riservato verso la fine del primo tempo. Prima però la tensione ai varchi d’accesso con i tornelli in tilt ed il rischio di una pericolosa calca all’ingresso. Da qui l’iniziativa di alcuni tifosi irpini di aiutare gli steward a smaltire il più in fretta possibile il caos, interpretata invece dalla Questura di Catania come un tentativo di favorire l’ingresso di alcuni compagni di viaggio sprovvisti di regolare tagliando".

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