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'La democrazia al bivio' di De Luca: "Ero partito da due grandi questioni, poi è scoppiata la guerra in Ucraina"

Le parole del Presidente della Regione Campania in occasione della presentazione del suo nuovo libro: "Destino della democrazia e unico partito politico progressista le grandi tematiche. Inevitabile la riflessione sul conflitto: abbiamo assistito a un obbligo di pensiero inaccettabile. Voglio spiegare ai miei amici del Nord che il tema del Sud è essenziale per lo sviluppo dell'Italia"

In occasione della presentazione del suo libro, intitolato "La democrazia al bivio. Fra guerra, giustizia e palude burocratica", evento tenutosi presso la Libreria Feltrinelli di Napoli, il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha ripercorso i temi principali della sua nuova opera: "Il problema principale era quello di stringere e fare una sintesi sugli argomenti trattati, oltre che di riprendere alcuni riferimenti bibliografici che riguardavano la storia del Mezzogiorno e qualche riflessione più di fondo, legata alla mia vecchia attività di filosofo. Fondamentalmente, ero partito da due grandi questioni: la prima è il destino della democrazia; la seconda è l'unificazione di un soggetto politico rappresentante il mondo progressista. Io non credo che si possa trasformare un Paese senza avere un grande partito politico, in grado di rappresentare un fronte sociale maggioritario. Nel frattempo, è scoppiata la guerra in Ucraina ed è diventata inevitabile una riflessione anche su questo tema: abbiamo assistito per 2-3 mesi a una sorta di obbligo di pensiero unico che mi pare totalmente inaccettabile".

"Difficile difendere il Sud se ci presentiamo con l'immagine della cialtroneria"

Sul tema del Mezzogiorno: "È ancora uno di quei capitoli che dovrebbero far parte di una politica riformatrice del nostro Paese, non stiamo parlando di cose ormai morte. Credo che sia un tema vivo e la cosa drammatica è che, mentre per decenni le varie forze politiche facevano i congressi, dedicavano sempre un capitolo alla questione meridionale. Questo valeva per il Partito Comunista Italiano, per la Democrazia Cristiana, per il Partito Socialista. Questo tema, in larga misura, è scomparso, in quanto le immagini provenienti dal Sud non erano gratificanti: dall'emergenza rifiuti alla criminalità organizzata, passando per elementi di disamministrazione. È difficile divendere il Sud se ci presentiamo con l'immagine della cialtroneria. Ma, poi, ci sono anche questioni oggettive: in particolare, negli anni Ottanta e Novanta, è emersa una crisi soprattutto nel Nord-Est, che ha colpito tutto l'apparato medio e piccolo produttivo del Veneto e di parte della Lombardia. Poi c'è stata la valanga del populismo, cavalcata soprattutto dalla Lega, ma anche dal Movimento 5 Stelle, seppur in forme diverse. Se proponiamo il tema del Sud in termini di rivendicazione, abbiamo perso in partenza. Il Sud, oggi, non conta nulla, soprattutto per la presenza di una classe dirigente meridionale molto limitata e inefficace a livello nazionale. Voglio spiegare ai miei amici del Nord che il tema del Sud è essenziale per lo sviluppo del sistema Paese. Ritengo che dobbiamo presentarci come quella parte del Paese che è in grado di affrontare la sfida dell'efficienza, anche nei confronti del Nord. Lo abbiamo fatto durante l'emergenza Covid e abbiamo dato una prova straordinaria di efficienza. Dobbiamo spiegare che un Paese che ha un 20% di forza lavorativa non impegnata nel Sud è un Paese destinato al declino. Abbiamo interesse a recuperare le aree del sottosviluppo e a rilanciare economicamente il Sud: è interesse anche delle industrie del centro-nord. Bisogna sfruttare anche l'uso di una piattaforma logistica meridionale, a ridosso dell'Africa e del Medio Oriente e che può generare un vantaggio competitivo per l'apparato produttivo italiano".

Non manca il dibattito sulla ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale: "Abbiamo presentato una diffida al Ministero della Salute perché, dopo un decennio, ci siamo stancati di essere presi in giro. Abbiamo fatto i nostri calcoli: la Campania viene derubata, ogni anno, di 220 milioni di euro. Non va in crisi il bilancio regionale, ma non sono neanche una cifra banale. Da sette anni, non viene data esecuzione a una legge che impegna il Governo italiano a stabilire i criteri sulla base dei quali fare il riparto del Fondo Sanitario Nazionale".

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