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Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica

La Curia bacchetta i politici: "Fate un passo indietro, lasciate spazio ad altri"

Lo scrive Mario Barbarisi in un editoriale del settimanale cattolico

Il monito della Curia contro la politica: "Due anni fa Benedetto XVI compiva un gesto straordinario: il passo indietro". Una richiesta ai politici irpini che sono sulla scena da decenni.

La richiesta è del direttore del settimanale cattolico dell'Irpinia Mario Barbarisi. Il giornalista lo scrive in un editoriale che di seguito riportiamo: "Due anni fa Benedetto XVI compiva un gesto straordinario: il passo indietro. Si dimetteva per lasciare spazio a nuove e diverse energie, per il bene supremo della Chiesa. Un gesto che a distanza di tempo è stato unanimemente letto come un atto di coraggio.

Quanti politici e amministratori che si richiamano ai valori della fede hanno avuto il coraggio di imitare l'esempio di Ratzinger? Abbiamo provato a dare uno sguardo a cominciare dalla nostra provincia, l’Irpinia, ed abbiamo scoperto che numerose persone impegnate in politica e negli Enti sono presenti sulla scena da almeno due decenni: molti di loro senza che possano annoverare un seppur piccolo risultato conseguito nell'interesse della comunità.

La politica come professione non appartiene certamente alle grandi (neanche alle meno grandi!) storiche figure del cattolicesimo democratico impegnate in passato. Non esiste una regola specifica per dire basta e fermarsi, ma esiste la regola del buon senso, un’etica da rispettare quando gli anni passano e non si è più (nel caso della politica: semmai lo si è stati!), all'altezza del compito.

E' la stessa regola che ha ispirato Benedetto XVI che, con grande umiltà e con un gesto sofferto, ha permesso di aprire le porte alla novità, al cambiamento che ora tutti diciamo di apprezzare quando ascoltiamo papa Francesco. Questo pontificato è nato anche grazie alla scelta di chi lo ha preceduto. Perciò, vorremmo un giorno poter raccontare del rinnovamento in tutti i settori dirigenziali, a cominciare dalla politica dove un tempo si decideva il futuro del Paese e dove, oggi, si assiste ad autentiche delegittimazioni: i risultati dei vari referendum non vengono presi in considerazione, l’attuale Presidente del Consiglio è il terzo “nominato” (non eletto) e si va avanti a colpi di riforme non condivise, non solo dalla maggioranza degli italiani, ma dallo stesso Parlamento di nominati. Il cambiamento non è solo da intendersi sul piano anagrafico ma dei contenuti e se , dopo anni, nulla cambia in meglio allora il rinnovamento anagrafico è necessario: costituisce quasi un atto dovuto.

Esempio calcistico: se una squadra di calcio colleziona sconfitte, si passerà prima a nuovi moduli di gioco, e se necessario si cambierà allenatore, ma se le sconfitte continueranno allora non resterà altro che cambiare i giocatori. Nella ravvisata necessità che abbiamo, nella nostra società, di cambiare: che ruolo hanno le Associazioni e cosa può fare la stampa cattolica? In verità, esistono numerose Associazioni,laiche e cattoliche, che non esprimono più alcun rinnovamento. Restano immobili nel tentativo di “difendere” posizioni consolidate da molti decenni, senza idee, senza fantasia e senza voglia di mettersi in gioco. Molto spesso dietro le sigle e chi le rappresenta si nasconde il nulla.

Molte altre realtà,invece, si rivelano improduttive e spesso “pantofolaie”. I tempi chiedono altro! La stessa Fisc (Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici) dovrebbe inserire una marcia in più. Non è possibile invocare il rinnovamento dai giornali diocesani e conservare al tempo stesso poltrone per decenni, senza un’autentica prospettiva di rilancio ed una strategia comune. Evidentemente, si è smarrita la memoria della propria vocazione originaria, la consapevolezza della qualità dell’impegno dei cattolici, nella stampa e nella politica del territorio.

Al recente convegno che si è svolto a L’Aquila il vescovo Bruno Forte, rivolgendosi alla platea di numerosi giornalisti intervenuti, ha affermato che “la stampa cattolica crescerà se è voce degli ultimi e non se fa buonismo; quello del giornalista cattolico è un compito eticamente molto alto … bisogna avere la forza di denunciare, di andare controcorrente, di seguire la Verità e non il potere. La stampa cattolica non deve fare informazione, perché già la fanno tutti, ma deve interpretare la realtà. E’ noto che a certi settori la stampa cattolica dia fastidio. Ci stiamo giocando un ruolo davvero molto importante.”-ed ha concluso chiedendo: “E’ in grado la stampa cattolica di raccogliere questa attuale ed importante sfida educativa e formativa?”

Don Luigi Sturzo nel Luglio del 1924, un mese dopo il delitto Matteotti, così scriveva ad un amico per sollecitare l'impegno dei cattolici in un grave momento di difficoltà per il Paese. "In questi giorni di ritiro spirituale a Montecassino, ho sentito ancora di più il dovere cristiano e sacerdotale di essere con gli umili, con i sofferenti, con i perseguitati, per una causa di moralità e di giustizia, che influirà nei decenni della nostra vita italiana. La nostra assenza sarebbe causa vinta agli avversari della religione e metterebbe questa a lato dei potenti e a difesa degli oppositori e dei violenti. Occorre pregare assai che il Signore guardi benignamente la patria nostra e quindi i cattolici nelle gravi difficoltà presenti"-(la sera del 24 Agosto dell’anno 1923, don Giovanni Minzoni venne ucciso a bastonate e l’anno seguente don Luigi Sturzo fu costretto all’esilio. Fece ritorno in Italia nel 1946,ventidue anni dopo).

Cosa è rimasto di quell’eredità culturale nella politica di oggi e nello stesso associazionismo? C'è tra le persone impegnate la consapevolezza del ruolo e della vocazione al sacrificio per difendere le idee e per il bene comune? Quello che stiamo vivendo è indiscutibilmente un periodo buio, caratterizzato dal malcostume diffuso, dalle ruberie dentro e fuori il “Palazzo”, dalla capacità di confondere le autentiche ragioni dell'impegno politico per servire la comunità. In questo contesto sembra non esserci spazio per i giovani e, quindi, non si intravede una prospettiva valida per il futuro. E’ un problema che si è già presentato nella storia italiana ma che è stato affrontato con altre misure e da persone di ben altra statura morale e culturale. Alcide De Gasperi, agli inizi degli anni 40, scrisse che "con la nascita del nuovo partito bisognava evitare di offrire l'impressione di invitare i giovani ad un'assemblea ove podio e poltrone fossero già occupati in forza di meriti passati e in base all'anzianità di servizio". Don Domenico Pompili- direttore dell’Ufficio di Comunicazioni Sociali e Sottosegretario CEI- sempre nel Convegno a L’Aquila ha,tra l’altro, dichiarato che “i giovani sono lontani dalla politica perché hanno compreso che questa politica non è in grado di dare le giuste risposte alle loro esigenze e alle aspettative delle nuove generazioni”. A rileggere bene la storia, sono gli stessi motivi che spinsero, oltre un secolo fa, tanti giovani cattolici ad assumere iniziative culturali e di aggregazione in ogni città e periferia italiana, avviando un lento ma efficace percorso che ha condotto l’intero Paese ad uscire dalla crisi ed a costruire le premesse essenziali per la nascita della democrazia. Quell’eredità, celebrata di recente con il “25 Aprile”, va necessariamente raccolta, difesa ed incrementata. E’ un andare controcorrente ma la storia ci insegna che il cambiamento non è mai stato caratterizzato da percorsi privi di insidie e difficoltà".

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