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Cultura

Due preziosi abiti d’epoca donati dalla professoressa Orsola Tarantino Fraternali

E' una nota ed apprezzata studiosa avellinese di costume e moda

Al  Museo Civico di Avellino il regalo è giunto in anticipo, ed è costituito da due preziosi abiti d’epoca da donna provenienti dalla prestigiosa collezione della professoressa Orsola Tarantino Fraternali, nota ed apprezzata studiosa avellinese di costume e moda.

«Conosco Villa Amendola – ha commentato la professoressa Orsola Tarantino Fraternali - da quando era abitata ancora dai discendenti diretti di Don Francesco Amendola, che fu Sindaco di Avellino nell’immediato dopoguerra, e che chi come me di anni ne ha un bel po’ ricorda quanto amore quest’uomo avesse per la nostra Avellino, e quanto rispetto nutrisse per la sua storia. Con gioia quindi – ha proseguito la studiosa avellinese di storia del costume e della moda - ho appreso la notizia della volontà dell’Amministrazione Comunale di destinare Villa Amendola a sede del Museo Civico. E, con altrettanta gioia sono venuta a conoscenza del fatto che ad occuparsi del Museo fosse Alberto Iandoli, che conosco da anni e che so per certa quanto amore e impegno metta nel suo lavoro. Tutto ciò mi ha spinto nei mesi scorsi a decidere di donare al Museo Civico di Avelino delle antiche ceramiche della Regia Scuola d’Arte di Avellino, appartenute a mio padre, che Alberto Iandoli ha prontamente provveduto ad esporre in una bella vetrina posta all’ingresso della Sala Conferenze del Museo, ed ora – ha aggiunto la professoressa Tarantino Fraternali – con piacere ho deciso di donare al Museo Civico anche due abiti facenti parte della mia collezione personale. Una collezione, la mia, scaturita da una passione, quella per la storia del Costume e della Moda iniziata negli anni ’70 del secolo scorso, passione in verità questa ereditata da mio padre, che collezionava di tutto, gioielli antichi, libri dei secoli passati, mobili. Per quasi mezzo secolo – ha proseguito la professoressa Tarantino Fraternali – ho raccolto abiti, accessori, come testimonianze e segni del vivere sociale. Gli abiti, i cappellini, le trousses in tartaruga di mia madre hanno costituito un primo nucleo della mia collezione, che negli anni è andato man mano arricchendosi sempre più, e ciò grazie anche ai miei frequenti viaggi di studio in Inghilterra e Francia. Ebbene, per voler sintetizzare con una piccola donazione, costituita solo da due pezzi, circa mezzo secolo del mio collezionare e studiare moda, ho scelto i due abiti che da questo momento in poi saranno patrimonio del Museo Civico di Avellino. Il primo abito, fa parte del nucleo originario e iniziale della mia collezione, ed è un abito a cui sono molto legata, perché è appartenuto a mia madre, ed è stato da lei indossato. Si tratta di un vestito dei primi anni ’50 del secolo scorso, realizzato dalla Sartoria avellinese di Maria Lucadamo. Il vestito di colore nero, elegante, da cerimonia o anche da teatro, è costituito da un unico corpo realizzato in merletto meccanico, lavorato con motivi floreali trattenuti da un reticello di filo».

«Il secondo abito, invece – ha commentato la professoressa Orsola Tarantino Fraternali - è un vestito elegantissimo risalente al periodo della Belle E’poque, è di provenienza parigina ed è databile tra il 1880 e il 1890. L’abito, da me acquistato in uno dei miei viaggi di studio in Francia , comprende un corpetto e una gonna in tessuto di mousseline nera con inserti di colore bronzo. Il corpetto, chiuso sul davanti con un fiocco nero terminante con una frangia di corallini penduli, è ricoperto con tessuto trasparente nero, interamente ricamato con corallini. Sicuramente l’abito è appartenuto ad una dama dell’aristocrazia parigina di fine ‘800, e dai miei studi ho potuto appurare che abiti del genere erano indossati anche dalle signore dell’Avellino della fine del XIX secolo che, accompagnate dai loro mariti, prendevano parte alle sontuose feste organizzate nei saloni della Prefettura o assistevano alle rappresentazioni nell’antico teatro comunale, che allora sorgeva nell’area oggi occupata da Palazzo Sarchiola, all’angolo tra Piazza Libertà e Corso Vittorio Emanuele».

Alle parole della professoressa Orsola Tarantino Fraternali vanno ad aggiungersi quelle dell’Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Avellino, Bruno Gambardella : «Doveroso è da parte mia, in qualità di delegato alle Politiche Culturali della Giunta Foti esprimere i miei sentimenti di gratitudine alla professoressa Orsola Tarantino Fraternali per questa sua seconda donazione al nostro Museo Civico. Mesi fa infatti la professoressa ha donato all’Amministrazione Comunale delle ceramiche realizzate agli inizi del secolo scorso nei laboratori dell’allora Regia Scuola d’Arte, antenata dell’attuale Liceo Artistico “Paolo Anania de Luca”, oggi invece dona due abiti d’epoca facenti parte della sua raccolta, che vanno ad impreziosire il patrimonio del Museo. Tra qualche giorno sarà Natale – ha continuato l’Assessore Gambardella - e la decisione della professoressa Tarantino Fraternali di donare questi due abiti d’epoca al Museo Civico mi piace definirla un regalo di Natale alla comunità avellinese, sempre più desiderosa di riscoprire le proprie radici. Un grazie di cuore quindi ancora alla professoressa Orsola Tarantino Fraternali per il prezioso dono – ha concluso l’Assessore Gambardella – e un grazie di cuore anche a chi con quotidiano zelo, mi riferisco al dott. Alberto Iandoli, cura la vita del Museo Civico di Avellino, e al cui impegno si deve anche questa nuova donazione al nostro Museo».

Soddisfatto per la nuova acquisizione al patrimonio del Museo anche il curatore del polo museale di Villa Amendola, lo Storico dell’Arte Alberto Iandoli «I due abiti donati al Museo Civico dalla professoressa Orsola Tarantino Fraternali – ha commentato Alberto Iandoli - offrono da oggi l’opportunità a quanti visiteranno il nostro Museo, allestito a Villa Amendola, di accostarsi alla storia di Avellino letta in una chiave, o meglio, aspetto specifico, quello attinente la moda e il costume, appartenendo i due abiti a due differenti, ma significative epoche della storia cittadina, il primo, ovvero quello risalente all’ultimo ventennio dell’800, appartiene ad un periodo storico in cui Avellino , forte di una sua classe dirigente, formatasi e cresciuta dopo l’Unità d’Italia, si pensi al riguardo ai vari Francesco De Sanctis e Pasquale Stanislao Mancini, ma anche a Serafino Soldi, Michele Pironti e ai vari esponenti delle famiglie Capone e Capozzi, era una delle città più moderne della Penisola, ne è la prova l’avvento, proprio in quel periodo nel capoluogo irpino della corrente elettrica, notoriamente giunta in città nel 1888. Il secondo abito, invece, è un esempio di alta sartoria avellinese della metà del secolo scorso, il ‘900, quello che lo storico britannico Eric Hobsbawn ha definito “il secolo breve”, e ai fini della storia locale ci racconta della ripresa, dopo la fine del Secondo Conflitto Mondiale, che interessò anche Avellino, la cui popolazione, lentamente si preparava a quel benessere diffuso che lo stesso Hobsbawn ha definito “Età dell’Oro”, e che notoriamente interessò un poco tutto l’Occidente nell’arco temporale che va dalla seconda metà degli anni ‘40 all’inizio degli anni ’70 del ‘900. Mi piace pensare, nel caso di questo secondo abito – ha aggiunto Alberto Iandoli – alla donna che lo ha indossato, come ad una donna sposa, madre, che per la prima volta va a votare in quel giugno del 1946 in una città, Avellino, libera, come il resto d’Italia. Mi piace pensare a chi ha indossato quell’abito, come ad una donna impegnata nella storia a contribuire con il suo penziero e la sua azione ad una crescita del Paese. Ad una donna che magari come la maestra elementare Olimpia Cerullo, prima donna a sedere nel Consiglio Comunale di Avellino nel 1946, abbia potuto, come la Cerullo, frequentare nel Capoluogo d’Irpinia del dopoguerra Villa Amendola, ospite di Don Ciccio, in quel salotto democratico delle idee e del sapere che a Villa Amendola allora aveva dimora. E in quel salone della Villa, “salotto democratico di idee”, che nell’allestimento museale ho pensato di chiamare “la sala del ‘900 ad Avellino” troverà permanente collocazione l’abito da donna del dopoguerra donato al nostro Museo dalla professoressa Tarantino Fraternali, mentre l’altro, quello più antico, risalente all’ultimo ventennio dell’800, farà compagnia alle varie testimonianze di Storia Patria che sono collocate nello spazio del Museo dedicato all’ Avellino nello Stato Unitario. Detto ciò non posso che associarmi quindi – ha concluso Alberto Iandoli – ai ringraziamenti formulati a nome dell’Amministrazione Comunale dall’Assessore Gambardella alla professoressa Orsola Tarantino Fraternali, che per la seconda volta in questo 2017, che ormai volge al termine, premia il Museo Civico di Avellino, decidendo di donare prima delle ceramiche della locale antica Scuola d’Arte e ora i due abiti facenti parte della sua prestigiosa raccolta, nota agli studiosi più attenti di storia del costume e della moda nel resto d’Italia, e non solo».

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