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Sangue e passione al castello di Gesualdo, il fantasma di Maria sulle tracce di Carlo

Amore, passione e delitti: il castello del grande madrigalista è segnato da una storia di sangue e tradimenti

La vicina collina di Gesualdo ospita un imponente Castello risalente al VII secolo che nel cinquecento, fu trasformato in residenza baronale dal principe Carlo Gesualdo, uno dei più famosi madrigalisti dell'epoca.

La leggenda di sangue e mistero che aleggia sul maniero è legata ad un delitto passionale che ruota intorno alla storia di Carlo Gesualdo e Maria D'Avalos. La vicenda che ha affascinato registi del calibro di Bertolucci e Werner Herzog narra la storia di due cugini, Carlo e Maria che nel 1586 convolarono a nozze per interessi dinastisci. I D'Avolos decisero che la bella Maria, alla giovane età di 24 anni e al suo terzo matrimonio dovesse d'ora in avanti dividere il talamo nuziale con uno sposo non scelto, il cugino schivo e malinconico, di cui tutti esaltavano la sensibilità artistica.

Gli sposi andarono a vivere a Napoli, nel loro sontuoso palazzo di piazza San Domenico Maggiore e dopo qualche tempo la loro unione fu rallegrata dalla nascita del primo figlio, Emanuele. Purtroppo questa felicità fu breve.

Si racconta che Gesualdo perse presto interesse verso la moglie che a sua volta s'innamorò del duca d'Andria. La fiamma tra i due fedifraghi si accese nel corso di una festa di ballo, gli occhi di Maria d'Avalos, incantevole e ricca, s'incrociarono con quelli di Fabrizio Carafa, 30enne affascinante come un Adone considerato dalle dame del tempo il cavaliere più bello della città. Tra loro fu subito amore, quegli amori travolgenti ai quali i due amanti si abbandonarono completamente. Inizialmente Gesualdo non prestò attenzione ai pettegolezzi di corte, era troppo preso dalla sua arte per dedicare tempo a certe frivolezze, fin quando qualcuno accecato dall'invidia non volle scatenare l'irreparabile. Don Giulio Gesualdo, zio di Carlo, invaghitosi di Maria, dopo i ripetuti rifiuti ricevuti dalla nipote, per vendetta decise di raccontare tutto al povero principe. Gesualdo in quel momento dovette misurarsi con impulsi ed emozioni nuove, ma soprattutto dovette vestire i panni del nobile del suo rango e affrontare con la spada il misfatto per difendere il suo onore.

Per confermare i suoi sospetti Carlo architettò un piano ingegnoso: un giorno finse d'indire una battuta di caccia che sarebbe durata qualche giorno, ma questi non partì per andare lontano, quella notte la caccia avvenne al castello. Tornato di nascosto a casa ebbe modo di vedere con i suoi occhi la lussuria travolgente dei due amanti e come un cacciatore li pugnalò a morte. Il giorno dopo depose il corpo all'ingresso del famoso palazzo napoletano in modo che tutti lo potessero vedere e per evitare la vendetta delle famiglie fuggì via da Napoli e per diciassette anni dimorò nel castello di Gesualdo.

Durante il suo soggiorno in Irpinia il principe, perseguitato dal ricordo di quella notte, si fece ideatore di composizioni geniali, di madrigali struggenti e malinconici e credette di poter lavarsi la coscienza con opere di pietà: curò amorevolmente il paese di Gesualdo fondando chiese e conventi, per cercare il perdono di Dio.

Ciò non bastò perchè il fantasma di Maria lo torturò per sempre, pare che nelle notti di luna piena, una figura femminile si aggiri nei dintorni del castello di Gesualdo, qualcuno l'avrebbe sentita urlare disperata, altri l'avrebbero vista piangere. Ma l'aspetto più inquietante di questa storia è che durante un trasferimento dei corpi degli amanti uccisi, negli anni '90, nella tomba di lui sono state trovate delle ossa con dei tagli ma quella di lei, di Maria D'Avalos, era vuota.

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