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Benito Mussolini visitò il Santuario di Montevergine

Quei giorni passarono alla storia come le storiche giornate di Montevergine

Benito Mussolini fece visita al Santuario di Montevergine. Quei giorni passarono alla storia come le storiche giornate di Montevergine. Pertanto, il cronista sottolineava compiaciuto che “l’unica visita di S. M. il Re ed Imperatore e la prima del Duce nell’Irpinia sono stati al nostro Santuario”. Inoltre, è appena il caso di far osservare come, per ammissione dello stesso redattore benedettino, le relazioni allacciate con Mussolini, risalivano a pochi anni addietro, in occasione della restituzione dell’Archivio, che avvenne nel 1926, seguita dal completamento della strada rotabile e dai colossali lavori di consolidamento, di sistemazioni e di abbellimento del Santuario.

Appena giunse ad Avellino, la sera del 24 agosto ospite del Prefetto Tamburini, il Capo del Governo Fascista, subito fece sapere di voler visitare il Santuario di Montevergine. Tuttavia, l’annuncio ufficiale fu diramato dallo stesso Prefetto soltanto due giorni dopo all’abate Marcone. Così, il Duce mentre si accingeva a raggiungere il Santuario, nei pressi di Ospedaletto la popolazione del luogo, raccolta lungo la strada gli tributò un’autentica ovazione, gettando «i fiori più belli e profumati dei boschi della zona», al passaggio della sua automobile. Giunto, all’ingresso del Santuario, un gruppo di operai che stavano effettuando dei lavori di restauro, con alcuni pellegrini accorsi per l’occasione dai monti e dai paesi limitrofi, inscenarono l’ennesima manifestazione di giubilo.

“Alle ore 14,55 – scriveva con dovizia di particolari il cronista – la macchina  del Duce entrava nel piazzale esterno del Santuario; con giovanile baldanza ne discende(va) sorridente il Duce mentre dalla Comunità Monastica salivano al Cielo vibranti acclamazioni: Viva il Duce!». Ai piedi della grande scalinata marmorea Mussolini venne accolto dall’abate Marcone, il quale gli porse il benvenuto, e dal saluto cordiale dei monaci che improvvisarono un coro in suo onore rivolgendogli mistici motti in latino al grido di «Vivat ista manus Italicum regens», al che il Duce rispose col consueto saluto romano varcando la porta maggiore.

La prima visita fu alla Basilica, dove Mussolini si soffermò «in mistico raccoglimento» dinanzi all’Altare della Vergine, «con visibile commozione – sottolineava ammirato il cronista – soggiogato dal fascino misterioso della Madonna» In tale circostanza, il prelato benedettino colse l’occasione per rievocare, brevemente, le vicende storiche riguardanti la sacra immagine venerata da migliaia di fedeli. Subito dopo gli venne mostrato il monumento di Caterina di Valois che aveva donato all’abbazia con il ritratto della Vergine Bizantina.

Quando il Capo del Governo fece il suo ingresso in chiesa, la schola cantorum del monastero lo accolse intonando l’Ave Maris Stella ed il Bendedictus qui venit del Perosi. «Il Duce si fermò ad ascoltare la musica – leggiamo nelle cronache – poi proseguì alla visita della Basilica, fermandosi ad ammirare minuziosamente ogni cosa. Di tutto egli s’interessò con squisita sensibilità artistica». Osservò, con riguardo, il coro intagliato in legno di noce risalente al lontano 1573 ed il cenotafio dove, sotto l’altare maggiore, riposarono le spoglie di S. Gennaro per oltre tre secoli, prima del trasferimento definitivo, nel 1497, nella città partenopea. Terminata la visita della Basilica, il Capo del Governo Fascista, espresse all’abate il desiderio di ammirare l’Osservatorio Meteorologico dove contemplò incuriosito i ruderi del tempio pagano ed il Medagliere. Ad ogni modo, fu sulla torretta del Belvedere «che il suo sguardo rimase estasiato davanti all’ampio e meraviglioso panorama che si apriva tutto in giro, a perdita d’occhio. Il Duce non si saziò mai di quella visita stupenda – sottolineava il redattore benedettino –.

Mentre la folta schiera di auto si accingeva a partire, il Duce espresse il desiderio di percorrere un tratto di strada a piedi, in compagnia del Prefetto di Avellino Tamburini, fino alla vista del Vesuvio. Quindi, giunto nei pressi dell’Ospizio Vecchio, si degnò di accettare un corroborante bicchiere di birra da un abitante del luogo, Nubiella di Nardo. Subito dopo, risalì nell’automobile e si diresse spedito alla volta del capoluogo irpino. Non trascorsero neanche due giorni che, improvvisamente, giunse al Santuario anche Sua Maestà il Re e Imperatore. La visita colse alla sprovvista i monaci che al suo arrivo, approfittando della splendida giornata, si erano recati a fare un’escursione negli incantevoli boschi della montagna.

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