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Cronaca

Strage del bus, la testimonianza agghiacciante di quattro sopravvissuti

Il processo continua ad Avellino. Ascoltati quattro sopravvissuti che hanno raccontato quei momenti terribili

Morirono in 40 sul bus che precipitò sul viadotto dell’Acqualonga di Monteforte lungo l’autostrada A16 in direzione Napoli. I pellegrini ritornavano a fine luglio 2013 da una gita religiosa a Pietrelcina. Una strage stradale che ricorderemo per sempre. Il processo al Tribunale di Avellino va avanti.

E’ toccato a 4 superstiti raccontare la propria versione ai magistrati che dovranno emettere la sentenza e trovare le responsabilità. Una giornata non semplice per Clorinda Iaccarino, Patty De Felice, Annalisa Caiazzo e Gennaro Schiano Di Cola. Nell’aula hanno raccontato quei momenti che non cancelleranno mai dalla mente. Una tragedia nella tragedia per alcuni di loro.

Gennaro Schiano di Cola racconta che “ dopo l’incidente si sono create condizioni che hanno spinto me e mia moglie per il bene dei nostri figli a separarci”. Clorinda Iaccarino, invece, ha perso il marito e le due figlie nello schianto. “Io e mio marito, che eravamo seduti in corrispondenza della porta centrale, sul lato dell'autista, abbiamo sentito un rumore strano, un 'tac - tac'. E mio marito ha capito che si stava rompendo un giunto. Era capitato alla nostra macchina e aveva riconosciuto il rumore". A quel punto, i magistrati ascoltano senza interromperla: “Mio marito si e' alzato dal suo posto ed e' andato dall'autista  per avvertirlo ma l’autista  rispose che era solo un pezzo che aveva bisogno di un po' di grasso. Il bus imboccata la curve sbandava a destra e sinistra. Ricordo solo una forte inclinazione e poi piu' nulla". La donna si risvegliò dopo giorni di coma in ospedale e scopri di aver perso i membri della sua famiglia.

Annalisa Caiazzo, ha i segni dell’incidente visibili: una cicatrice al viso da bocca a mandibola, nella deposizione dice: “Mio marito è stato due mesi in rianimazione e per due volte me lo hanno dato per morto. Mia figlia si è spaccata la testa ma è viva, vorrebbe camminare ma non può. Lotta ogni giorno, cerca di essere forte. Fa riabilitazione ogni giorno, si ferma solo la domenica”.

Sullo stato del bus si sofferma Patty De Felice: “Era brutto, vecchio, malandato non il solito che la ditta Lametta ci proponeva. Ce ne accorgemmo tutti, tant’è che vedevamo Ciro (autista morto nell’incidente) che, quando eravamo fermi, faceva continuamente lavori di manutenzione”. La signora De Felice rivela che “ l’organizzatore invitò Lametta ad aprire le porte per farci scendere al volo, ma non seguì il suo consiglio. Il pullman sbandava e Luciano, quando capì quello che sarebbe successo, disse con la coroncina tra le mani: "Prepariamo le nostre anime a Dio". L’epilogo è sangue, corpi irriconoscibili e una tragedia che segnerà la vita di una intera collettività.

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