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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Il culto di San Modestino e il mistero delle reliquie contese

Avellino e Mercogliano festeggiano il 14 febbraio il loro patrono, resta un alone di mistero intorno alla traslazione

Il 14 febbraio è conosciuto da tutti come il giorno in cui si celebra l’amore, per noi avellinesi invece è un momento carico di significato in cui si rinnova il culto per il nostro patrono San Modestino.
La storia racconta che il santo nacque ad Antiochia, nel 245. Di nobili natali, nel 302 fu consacrato vescovo della città e, poi, patriarca della regione. Durante la persecuzione di Diocleziano si ritirò, per circa sette anni, su di un eremo dove predicò il Vangelo e compì numerosi miracoli e guarigioni.
Per la sua fede cristiana fu poi arrestato e torturato, ma ricevette nuovamente la libertà ad opera dei suoi fedeli.
Insieme a due collaboratori: Fiorentino e Flaviano (il primo sacerdote, il secondo diacono), partì per l’Italia. Sbarcarono a Locri (in Calabria) e anche qui iniziarono a predicare la parola di Cristo. Ma ben presto furono arrestati e tradotti in carcere a Sibari.Questa volta la loro liberazione, secondo quanto riporta la leggenda fu dovuta all’Arcangelo Michele. Dopo essere stato liberato "miracolosamente", ed aver guarito da una malattia la figlia del governatore di Locri, provocando la conversione del governatore stesso, sbarcò a Pozzuoli e, guidato dall'arcangelo Michele, Modestino arrivò con i suoi compagni nel territorio di Avellino dove esercitò il suo ministero di evangelizzatore e di vescovo, e dove operò numerosi miracoli. Nuovamente arrestati, furono processati da un inviato dell’Imperatore Massenzio, condannati, subirono il martirio con vesti arroventate. La morte è collocata alla notte tra il 14 ed il 15 febbraio del 311.
I corpi, raccolti dai fedeli, furono sepolti e sulle tombe fu poggiata un’insegna con i nomi e a San Modestino fu dedicata una colomba argentea. I corpi furono ritrovati nel 1166 e portati nella cattedrale di Avellino (sono ancora ivi conservati, nella Cappella del Tesoro di San Modestino).
Attorno al 1167 Guglielmo vescovo di Avellino, nella ricerca di materiale da riutilizzare per la costruzione della cattedrale, rinvenne le spoglie di Modestino e dei compagni martiri presso una antica colonna. La cronaca riporta che il vescovo il 10 giugno di quell'anno, accompagnato dall'arcidiacono Bernardo, dall'arciprete Guglielmo, dal primicerio Alferio, maggiori dignità del Capitolo dei canonici, e da alcuni boni homines, rinveniva nel loco Urbinianum, nei pressi del pretorio di Mercogliano, le reliquie di Modestino, Flaviano e Fiorentino e le collocava nella cripta della Cattedrale.

Narra fra' Scipione Bellabbona che
« a schiere vedevansi le persone uscite incontro alli corpi de' Santi Martiri. Li fanciulli svellendo li rami dall'alberi adornavano le strade, et ogni canto era ripieno di soavissimi odori… a gara sforzavasi ciascuno di dar lode a Dio e a fare onore ai santi martiri. »
Nei secoli il culto di San Modestino è diventato uno dei simboli dell’identità della città. Il 10 giugno veniva celebrato il sinodo diocesano e in città si svolgeva una grande fiera. Ad essere rievocata era la traslazione delle reliquie del Patrono con una solenne processione fino alla Chiesa di S. Carlo al Largo ( sull’area dell’attuale palazzo Sarchiola all’inizio del corso), con i busti dei Santi Modestino, Fiorentino, Flaviano, Gennaro, Lorenzo, Anna, Biagio, Carlo Borromeo, Filippo Neri, Gaetano da Thiene, Andrea Avellino e Apollonia. 
La statua veniva, poi, riportata in Cattedrale nella cappella di patronato della municipalità adornata di fiori, di luci. L'8 gennaio del 2011 si è tenuta la proclamazione del giubileo dei Santi martiri Modestino, Fiorentino e Flaviano, in memoria del loro martirio avenuto 1700 anni prima, un giubileo caratterizzato da celebrazioni, convegni, nuove pubblicazioni, capace di dare nuova forza al culto. 
In merito alla traslazione restano, tuttavia versioni contrastanti, vi e infatti, una duplice tradizione: quella avellinese, che vuole che il vescovo Guglielmo abbia effettivamente trasportato nella cattedrale di Avellino i sacri corpi (e in questo coincide con la relazione del vescovo Ruggiero) e quella mercoglianese, che sostiene che i corpi trovati, rimasero in paese. 
Come spiega Padre Giovanni Mongelli nel testo “La storia di Mercogliano, dalle origini ai nostri giorni” da lui redatto e stampato nel 1978, San Modestino è stato da sempre conteso dai i due territori. Nel testo si legge che “tutte le testimonianze storiche giunte fino alla fine del XVI secolo in poi sono concordi nell’additare a Mercogliano in tre cassette distinte, quei sacri corpi, mentre gli avellinesi non hanno mai potuto mostrare se non delle reliquie, più o meno insigni di San Modestino”.

Intanto entrambi i paesi hanno scelto come loro protettori i santi martiri e ne hanno celebrato finora la festa della traslazione, anzi secondo Padre Mongelli, proprio la contesa dellle reliquie ha accresciuto nei fedeli di Avellino e di Mercogliano la devozione verso il loro patrono.

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