RSA "Fabrizio Guarino", ecco la drammatica lettera di denuncia scritta dalle operatrici
Intanto, i membri del vecchio Cda sono pronti a presentare ricorso contro il provvedimento della Regione Campania
La RSA "Fabrizio Guarino" di Solofra è stata commissariata dalla Regione Campania il 3 marzo scorso. I membri del Cda, monsignor Mario Pierro, Antonio Aufiero e Vincenzo Famiglietti, sono pronti a fare ricorso contro il provvedimento. In una missiva inviata il 3 marzo scorso dalla Direzione generale per le politiche sociali della Regione, al presidente e ai componenti del cda della Residenza Anziani, al Consorzio A5, al sindaco di Solofra e all’arcivescovo di Salerno, è stato comunicato l’avvio del procedimento di attuazione dei poteri sostitutivi: “A seguito di ulteriori segnalazioni anche anonime pervenute con riguardo alle assunte criticità ed irregolarità nella gestione della RSA, veniva richiesto all’Ambito dei Servizi Sociali A5 di riferimento in indirizzo di conoscere lo stato del procedimento avviato dal medesimo nei confronti della ASP Casa di Risposo” Fabrizio Guarino” per la revoca delle autorizzazioni al funzionamento dei servizi residenziali quale casa Albergo per persone anziane”.
La Regione, nel dettaglio, specificava che la revoca dei provvedimenti di autorizzazione e di accreditamento per la “Fabrizio Guarino” è dovuta “a delle criticità ed irregolarità rilevate dall’Ambito A5 nell’esercizio delle funzioni di controllo e di vigilanza sulle attività e sui servizi erogati dall’Azienda e avvia il procedimento di scioglimento dell’organo di Amministrazione ordinario”. Decorsi i 30 giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento di scioglimento del Consiglio di amministrazione si procederà alla nomina, con decreto del Presidente della Giunta regionale della Campania, di un Commissario per la reggenza temporanea dell’Azienda in sostituzione del disciolto ordinario organo amministrativo.
Ecco la lettera delle operatrici: "Atteggiamenti al limite della violenza e della minaccia"
Tra luglio ed agosto dello scorso anno, operatrici e familiari hanno sollevato questioni di rilievo sull'andamento della struttura a consiglieri, presidente ed organi istituzionali ma nulla è stato preso in considerazione. Anzi, alcune di loro furono minacciate di licenziamento, la denunzia della situazione critica in cui versavano fu vana. All'indomani le cose peggiorarono. Questioni che riguardarono l'andamento generale della struttura (tecnica-finanziaria-organizzativa), dai contratti delle operatrici (relativa natura giuridica del contratto diverse), al clima di tensione e di sottomissione cui erano sottoposte fino all'assetto burocratico e strutturale carente. Riferimenti di non poco conto sul rapporto stabilito da alcune operatrici con gli anziani, fino alla descrizione della completa autogestione e alla gestione della quotidianità fondata sul buon senso (non per tutte), nessuna regola, nessun controllo.
Qualche familiare ha avuto il coraggio di scrivere e di porre attenzione su diverse situazioni, dall'aspetto dell'assistenza, dell'igiene, della scarsa umanità di alcune operatrici e in generale sull'inefficienza. Noi siamo entrati in possesso della lunga relazione in cui le operatrici hanno raccontato tutto il loro disagio e ve la mostriamo integralmente: “Le scriventi operatrici dell'A.S.P. "Fabrizio Guarino" si trovano costrette, loro malgrado, a rappresentare la grave situazione di criticità nella quale sono costrette ad operare. Siffatta situazione è stata segnalata vie brevi a Mons. Pierro che ne ha preso atto e si è dichiarato disponibile ad aprire una discussione nel corso della prossima riunione del CdA, durante la quale si saranno esaminate, oltre al bilancio consuntivo, anche importanti decisioni che inevitabilmente influenzeranno lo sviluppo delle attività presso l'A.S.P. Dopo tale colloquio nel quale il menzionato Mons. Pierro ha manifestato piena adesione alle segnalazioni avanzate dalle scriventi, tanto da auspicare un confronto risolutivo con il Presidente, affinché anche gli altri componenti il CdA siano resi edotti della condizione gestionale della struttura, si riportano, di seguito, alcune tra le principali carenze riscontrate. In primo luogo, duole segnalare che, fatte salve talune significative eccezioni, le SS.LL. non sogliono visitare la casa di riposo e, pertanto, non possono comprendere il disagio delle operatrici e degli ospiti; in particolare, si pregia di segnalare a Mons. Pierro che la sua figura di prelato sarebbe vista come un conforto per gli anziani che, da un lato, accoglierebbero con gioia un ministro di fede e, dall'altro, anche per il valore della funzione rappresentata, alla sua persona potrebbero raccontare particolari che meglio di tutto potrebbero rappresentare la loro condizione. Egualmente, la presenza anche fisica dei consiglieri di amministrazione consentirebbe alle operatrici un dialogo costante, finalizzato a migliorare gli standard del servizio che, allo stato, sono lasciati alla libera determinazione del Presidente, che agisce come un padre-padrone, incurante del corretto funzionamento della struttura, affidato alla buona volontà del personale. È evidente che non possono le colleghe stigmatizzare certi comportamenti, mai redarguiti dal Presidente che o non vede oppure, se vede, gira lo sguardo altrove per non colpire chi riscontra i suoi favori. Analoga distonia si ritrova nella formazione dei turni, spesso organizzati in modo tale da favorire alcune a detrimento di altre: sarebbe più corretto che vi fosse una figura che raccolga tutte le istanze e le ricomponga, non lasciando al Presidente la predisposizione degli avvicendamenti (anche se, per onor di cronaca, qualora si facesse esplicita domanda, lo stesso Presidente direbbe che è estraneo a tale attività). Ciò che maggiormente preoccupa, però, è lo stato in cui le persone anziane, che rappresentano non solo la fonte di reddito per l'A.S.P. ma anche la sua precisa mission sociale, spesso si trovano: fatte salve talune operatrici dedite al lavoro, durante la notte talune colleghe sono solite allietare i corridoi con il suono del loro russare imperterrito e fastidioso, mai interrotto, tanto da meritare una stanza privata nella quale non essere disturbati. Ciò a totale danno degli ospiti che, per la loro natura fragile, quasi bambinesca, durante le ore notturne hanno più bisogno di presenza e conforto. Per quanto riguarda la gestione dei medicinali, poi, le operatrici sono costrette a sopperire alle deficienze organizzative derivanti dal fatto che l'unica infermiera presente in Azienda svolge attività per solo 6 ore giornaliere e non sempre: in tal modo le operatrici stesse devono, di fatto, sostituire tale figura e predisporre le terapie per gli ospiti, con evidenti ricadute in termini di professionalità che le OO.SS. non possono garantire. Tra l'altro, non viene effettuata alcuna selezione dei potenziali ospiti: vengono accolti tutti i richiedenti, senza che intervenga una preventiva valutazione medica per verificare se lo stato di salute sia compatibile con l'impegno che la struttura può effettivamente assumere Viene meno anche il senso di pietà che non dovrebbe appartenere solo a chi svolge questo lavoro ma agli esseri umani! Si tace in questa sede, inoltre, qualsiasi giudizio sul modo di rapportarsi agli anziani nelle normali vicende quotidiane quando, invece di una parola di conforto, si hanno in molti casi (ma, per fortuna, da parte solo di alcune operatrici, cui tutto è concesso) atteggiamenti al limite della violenza e della minaccia. Dal punto di vista lavorativo, inoltre, si ha una sovrapposizione di competenze che diventa quasi sempre confusione di ruoli, senza che intervenga alcuna forma di coordinamento e di organizzazione: come sopra detto, si lascia molto (se non tutto) alla buona volontà delle operatrici che, quando sono assennate e misericordiose, si comportano con diligenza e, invece, quando sono dissennate, si lasciano andare, come detto, all'ozio, al facile lassismo e, in certi casi, duole ricordarlo, ancorché nel chiuso delle stanze, a comportamenti affatto consoni, che mai si dovrebbero tenere in un ambiente di lavoro, per etica e opportunità. Da ultimo, preme segnalare che si sta attuando una grave forma di discriminazione tra le lavoratrici: all'interno della struttura la forza lavoro è variamente contrattualizzata, passando dal tempo indeterminato a quello determinato, dal contratto di prestazione di servizi al tirocinio. Orbene, con le più recenti scelte dell'Amministrazione e con quelle che dovrebbero consumarsi nella prossima seduta del CdA, si sta esasperando la differenza, atteso che si è proceduto e si sta per procedere ad assunzioni a tempo indeterminato di operatrici che hanno avuto e che hanno una limitata esperienza nell'A.S.P., simile a quella maturata da gran parte delle collaboratrici a partita IVA e di gran lunga inferiore a quella di alcune colleghe che da lungo tempo vivono l'Azienda. Si sta, in altre parole, attuando una disparità di trattamento che viola, tra l'altro, le norme in materia di reclutamento di personale, con gravi responsabilità anche di natura patrimoniale nei confronti del CdA. Infatti, per quanto è dato intendere il meccanismo legislativo applicato per la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato integra una violazione dei principi in materia di causali per il ricorso al lavoro a tempo determinato, che espone il Mons. Pierro, il sig. Famiglietti e il sig. Aufiero, in uno al Presidente, ad azioni di responsabilità, in sede civile e contabile, come stabilito dall'art. 41 del Regolamento Regionale 22 febbraio 2013 n.2. Sembra che si scelgano vie traverse, sfruttando furbizie, al limite dell'illegittimità (se non ampiamente oltre), per assumere a tempo indeterminato alcune operatrici, lasciando nel guado le altre. Si evita, inoltre, di interrogarsi se vi siano o meno condizioni di conflitto di interessi che dovrebbero consigliare ad almeno uno dei componenti il CdA di esprimere il proprio voto sull'argomento. Ad esempio, sarebbe opportuno verificare se vi siano o meno rapporti di parentela con qualche membro del C.d.A. Inoltre, sulla qualifica della persona che si intende assumere, si specifica che tutte le attuali operatrici svolgono la medesima attività in rotazione presso la cucina e, pertanto, non si ravvede la necessità di prendere una decisione definitiva e affettata. sull'organico, prima che ci sia una ricognizione della forza lavoro. Tutto ciò ha avvelenato il clima tra le lavoratrici che non ritrovano più le condizioni per operare con la serenità che il tipo di attività richiede. Anche alla luce delle precedenti segnalazioni, sarebbe opportuno che il CdA eviti di assumere decisioni sull'assunzione in pianta stabile della forza lavoro, riservandosi di verificare, prima, le circostanze rappresentate e, poi, di effettuare un'ampia ricognizione delle figure necessarie alla luce di quanto emergerà dalle attività di controllo da espletare necessariamente. La presente viene indirizzata anche agli organi di stampa che si auspica vorranno interessarsi alla vicenda, al solo fine di migliorare il servizio reso all'utenza, costituita dalla più fragile tra le fasce sociali. In conclusione, si esprimono voti perché sia migliorata la gestione complessiva della struttura e siano ristabilite condizioni di legittimità e di eguaglianza fra tutte le lavoratrici: qualora il CdA rimanesse sordo rispetto alla presente istanza, si sarà costrette a segnalare l'intera vicenda alla autorità competenti, con specifico riferimento alle responsabilità derivanti dall'assunzione a tempo indeterminato di unità in palese violazione di legge”.