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Cronaca

Processo Gioia, Giovanni: "Volevo salvare Elena dal male che diceva di ricevere"

Questa mattina è ripreso il processo ai due fidanzati accusati dell'omicidio di Aldo Gioia, 53enne di Avellino ucciso a coltellate

Questa mattina, presso il Tribunale di Avellino, è ripreso il processo che vede imputati Elena Gioia e Giovanni Limata per l'omicidio di Aldo Gioia, 53enne di Avellino ucciso a coltellate il 23 aprile scorso. Elena Gioia è assistita dal legale Livia Rossi del foro di Roma; mentre Giovanni Limata è difeso dagli avvocati Kalpana Marro e Fabio Russo. 

"Giovanni sta elaborando l'abbandono"

Il primo a essere ascoltato è stato lo psichiatra Paolo Cavalli, consulente voluto dalla difesa di Giovanni Limata: “Il ragazzo è affetto da un serio disturbo della personalità. Un disturbo borderline della personalità. Frequenti gesti auto-lesivi e numerosi tentativi di togliersi la vita”. Il medico prosegue: “Lui sta elaborando il momento dell’abbandono. Ricorda ancora quando a cinque anni è stato portato in casa-famiglia. Mi ha raccontato un suo precedente tentativo di suicidio. Tutti i suoi gesti nascono sempre dalla paura dell’abbandono. In carcere ha tentato di tagliarsi la gola. Io vedo tutti i caratteri del disturbo di personalità. Questo condurrebbe sistematicamente Giovanni a compiere gesti autolesionistici. Si potrebbe addirittura pensare che, in realtà, il gesto da lui compiuto nei confronti del suocero, rappresenterebbe un tentativo di rivalersi nei confronti della figura paterna".

Successivamente è stato il turno della dott.ssa Giulia Bocchino, che si è occupata di stilare la consulenza psico-criminologica: "Anallizzando le chat ho riscontrato che il soggetto più forte dei due è Elena Gioia, che ha indotto Giovanni Limata. Nelle chat, la ragazza afferma con forza il desiderio di svincolarsi dalla pressione familiare: "Spero che dopo ciò non si parli più della mia famiglia. Ho sempre sognato che morissero in un incidente stradale" - "Non mi importa niente di loro, io voglio stare con te". Presente, inoltre, anche la manipolazione. Dalle mie conclusioni si evince che la coppia è distorta dalla volontà di Elena Gioia, figura predominante tra i due". 

La terza testimonianza, la dott.ssa Carmen Iannucci - un'altra consulenza della difesa - invece, dichiara quanto segue: "Io mi sono soffermata sul verbale della polizia scientifica. In quattro ore sono stati requisiti tre reperti sulla scena del crimine. Io ritengo, senza ombra di dubbio, che la scena del crimine sia stata inquinata. Gli investigatori non hanno cambiato i guanti e, questo, è un errore grave. Un altro errore madornale è stato l'utilizzo di tamponi utilizzati, solitamente, per la ricerca di virus e batteri; quelli utilizzati, per intenderci, per il Covid-19. Non certamente preposti per analizzare i reperti presenti sulla scena di un crimine. Sulla scena del crimine si utilizza un criterio e, da quello che ho visto, mi sembrava quasi di sfogliare il dépliant di una agenzia immobiliare". La consulente, inoltre, ha addirittura ipotizzato la presenza di un'altra persona al momento dell'aggressione di Aldo Gioia. Una testimonianza che ha scatenato le ire del Pubblico Ministero - Vincenzo Russo - il quale ha riferito che, ovviamente, quest'ultima affermazione non coincideva minimamente con quanto emerso, fino a questo momento, in sede processuale. Bollandola, di fatto, come totalmente inutile e priva di fondamento. 

Emerso, inoltre, il contenuto della lettera che Giovanni Limata ha fatto recapitare al giudice nella scorsa udienza: "Chiedo scusa a tutti. So che ciò che ho fatto non potrà essere mai perdonato. Ho fatto ciò che ho fatto perché volevo salvare Elena dal male che diceva di ricevere. Solo ora mi rendo conto degli schiaffi che ho ricevuto e dell'infanzia difficile che ho vissuto". 

La prossima udienza, in cui verranno ascoltate altre tre consulenze psichiatriche, avrà luogo il 22 giugno 2022. 

La dinamica del delitto di Aldo Gioia 

Aldo Gioia è stato assassinato la sera di venerdì 23 aprile da Giovanni Limata, 23 anni di Cervinara, entrato in casa della vittima grazie alla complicità della figlia 18enne, Elena Gioia, sua fidanzata all'epoca del delitto. Le urla di Gioia, colpito mentre dormiva, avevano richiamato l'attenzione della moglie e dell'altra figlia e l'aggressore era scappato. Poco dopo era rincasata Elena, che aveva chiamato i soccorsi: alle Forze dell'Ordine aveva parlato di un'irruzione da parte di ladri. 

Giovanni Limata, rintracciato dagli agenti della Squadra mobile a Cervinara, dove abitano il padre e il fratello, ha confessato l'omicidio. Anche la 18enne Elena Gioia, quella sera stessa, ha confessato agli inquirenti di aver pianificato con il fidanzato la morte del padre. E' stata proprio Elena, infatti, a farlo entrare in casa uscendo col pretesto di andare a gettare la spazzatura e lasciando la porta aperta. 

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