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Cronaca

Omicidio Gioia, emessa la condanna per Elena e Giovanni

Nella scorsa udienza, il Pubblico Ministero Vincenzo Russo, al termine della sua requisitoria, al momento della richiesta di condanna, ha indicato la pena di anni 24 per Elena Gioia e Giovanni Limata

Oggi, presso il Tribunale di Avellino, dinanzi al Giudice Dott. Gian Piero Scarlato, a latere il dottor Argenio Giulio, si è concluso il processo che vede imputati Elena Gioia - assistita dai legali Livia Rossi e Francesca Sartori del foro di Roma - e Giovanni Limata - difeso dall'avv. Rolando Iorio - per l'omicidio di Aldo Gioia, 53enne di Avellino ucciso a coltellate il 23 aprile 2021. In data odierna, dopo le discussioni degli avvocati di fiducia degli imputati, è stata emessa la condanna. Nella scorsa udienza, il Pubblico Ministero Vincenzo Russo, al termine della sua requisitoria, al momento della richiesta di condanna, ha indicato la pena di anni 24 per Elena Gioia e Giovanni Limata aggiungendo che, nonostante l'efferatezza dell’omicidio, "restano due ragazzini". Alle ore 17:00 veniva emessa la sentenza di condanna: condanna alla pena di anni 24 per Elena Gioia. Condanna alla pena di anni 24 per Giovanni Limata. Confermate, dunque, le richieste di pena avanzate dal Pubblico Ministero, dottor Vincenzo Russo. Condanna, inoltre, Giovanni Limata ed Elena Gioia a risarcire i danni cagionati a Gaetano e Giancarlo, i fratelli di Aldo Gioia, pagando – a ciascuno di essi – la somma di 30mila euro. Condanna, altresì, Giovanni Limata a risarcire anche Liana Ferrajolo ed Emilia Gioia, rispettivamente moglie e figlia di Aldo Gioia, al pagamento di 30mila euro a ciascuna di esse. Tra novanta giorni, saranno depositate le motivazioni della sentenza. Dopo, ci sarà l’Appello.

"Tu e mamma siete l'unico sostegno che ho, non potrei andare avanti senza di voi"

La prima a discutere è stata l'avvocato Livia Rossi: "La condanna non deve essere esemplare, deve essere giusta. Una condanna degna di uno stato di diritto, non tesa a soddisfare le emozioni di piazza. Nel corso del processo sono emersi tutti gli elementi possibili e non possiamo basarci sulle apparenze. Non possiamo valutare i messaggi di Elena come quelli di una fredda mandante di un omicidio. C'è tutta una storia dietro, un percorso lungo e difficile. Elena è una ragazza giovanissima, con una famiglia assolutamente normale, ma che, fin da subito, ha avuto dei problemi. Ha subito bullismo. Una serie enorme di problematiche che hanno ingigantito i suoi problemi. Elena ha sofferto questa situazione. Un dolore interiore che non conosce fine. Mi ha colpito moltissimo un messaggio presente sul cellulare di Aldo Gioia, inviato proprio da Elena: "Tu e mamma siete l'unico sostegno che ho, non so neanche come potrei andare avanti senza di voi". Bisognava certamente valutare diversamente l'aspetto neurologico. Stiamo parlando di una ragazza di 17 anni, che ha raccontato sempre il suo malessere interiore e non ha dei rapporti sociali esterni. Non ha particolari amicizie a scuola. Il suo rapporto principale era all'interno della famiglia e, quindi, priva di qualsivoglia confronto con l'esterno. Per quanto riguarda il rapporto con il padre, spesso ci siamo interrogati sulle motivazioni che hanno condotto all'allontanamento tra i due. Il rapporto simbiotico che c'era prima, a un certo punto, si è cancellato. La risposta ai nostri dubbi è arrivata attraverso l'esame dei messaggi con il padre. Io sono rimasta colpita da alcuni messaggi inviati da Elena quando quest'ultima aveva 13 anni e in cui si evince chiaramente che Aldo Gioia era il suo punto riferimento. Messaggi affettuosi, carichi d'amore, che in seguito hanno modificato la loro forma, fino a quasi diventare delle comunicazioni di servizio. Non era successo nulla, però, tra padre e figlia. Era soltanto cambiato qualcosa nella testa di Elena. Questo rapporto con il padre, ovviamente, non cresceva in maniera proporzionale alle aspettative di Elena e, piano - piano, la ragazza ha visto sgretolarsi la figura di super eroe che era per lei il padre". L'avvocato Rossi, ancora, ha affrontato il problema dell'ansia sociale nata anche durante il lockdown. Una situazione che è andata ad aggravare il problema dei rapporti sociali cui Elena già soffriva. "Io purtroppo devo constatare che l'aspetto psicologico dei due ragazzi è stata completamente trascurato. Ognuno applica i metodi che più ritiene idonei ma, noi, sappiamo che la perizia è stata sviluppata solo a seguito di due colloqui. Se ci sono delle linee guida, però, ci sarà un motivo. Qui, invece, è stata fatta una perizia inadeguata. Riteniamo che ci sia un evidentissimo difetto nella metodologia della perizia. Bisognava indagare in maniera molto più approfondita sull'aspetto psicologico". 

L'avvocato Livia Rossi, ancora, ha raccontato le conversazioni intercorse tra Elena e Giovanni immediatamente prima dell'omicidio, puntando i riflettori su un messaggio che Giovanni mandò ad Elena: "Siamo come Joker ed Harley Queen; due psicopatici". Un paragone che, per l'avvocato Rossi, risulta assolutamente calzante poichè, proprio il personaggio di Joker, è una figura opprimente e scaltra, proprio a discapito della stessa Harley Queen che, invece, nella sua follia, è soggiogata dalla personalità di Joker. L'avvocato Rossi ha concluso affermando: "Occorre ritenere sussistente la circostanza attenuante, che venga esclusa l'aggravante della premeditazione, che vengano concesse le attenuanti generiche e, esclusa la premeditazione, deve essere concessa la riduzione del rito e, infine, invito la Corte a sollevare la questione di legittimità costituzionale relativa all'inapplicabilità della pena dell'ergastolo per coloro che, anche avendo già compiuto 18 anni, non hanno ancora completato il loro percorso di crescita. Dobbiamo tenere conto, anche in base alle valutazioni proposte dal Consiglio d'Europa, ormai, anche soggetti di venti anni devono essere valutati come soggetti più giovani". 

L'Avv. Iorio, difensore di Limata: "La relazione del dottor Sciudone è stata imbarazzante" 

Dopo è stato il turno dell'avvocato Rolando Iorio che, in aula, ha ribadito le problematiche anche psichiatriche mostrate da Giovanni Limata, un soggetto invalido, con la 104. Il legale del giovane di Cervinara ha rimarcato tutte le perizie di parte in cui l'imputato ha mostrato numerosi disturbi, anche ufficializzati nella corposa documentazione clinica agli atti e, soprattutto, attaccando ferocemente la perizia presentata dal consulente voluto dal Pm, il dottore Sciaudone: "Nella perizia è emerso il fatto che, Giovanni Limata, ha acconsentito alle richieste di Elena, che per lui era come una dea. Giovanni si è ritenuto l'unico in grado di salvarla e aiutarla da tutti i maltrattamenti che, Elena, dichiarava di ricevere dalla famiglia. Ritengo la relazione presentata dal dottor Sciaudone veramente imbarazzante. Una relazione completamente al di fuori da qualsiasi linea guida della psicologia forense. Questa metodologia è stata criticata da tutti ma, il primo sentore, lo dovevamo cogliere quando è stato ritenuto, dal dottor Sciudone, non opportuno videoregistrare gli incontri. Parliamo di un processo per omicidio con due giovanissimi imputati e, sinceramente, non registrare gli incontri, anche in assenza dei consulenti della difesa. I colloqui con Limata sono stati due e, il primo, è durato massimo dieci minuti e, per ammissione dello stesso Sciudone, è stato sterile. Il secondo, durato circa 35 minuti, è stato più soddisfacente e, su quello, il dottore ha basato tutta la sua perizia. Mi aspetto, sinceramente, che il reparto di salute mentale possa inviare una fattura per il lavoro svolto su Giovanni Limata al posto del dottore Sciaudone. Un modus operandi certamente discutibile e, ancora, mostrato anche in aula, dove il professore non ricordava neanche le chat cui si stava discutendo in fase dibattimentale. Giovanni, anche a causa delle numerose esperienze negative del passato, si lega in maniera viscerale ad Elena Gioia, per cui avrebbe fatto tutto. Giovanni, all'interno di alcuni messaggi con Elena, riferisce: "tu sei me. Tu non sei uguale a me, sei molto di più". Rolando Iorio, nella sua discussione, ha riportato numerosi dialoghi intercorsi tra i due fidanzatini e, in questi, risultavano evidenti le lamentele di Elena nei confronti della sua famiglia. Lamentele che, per il penalista, avrebbero innescato la reazione di Giovanni, innamoratissimo di Elena, per cui avrebbe fatto di tutto. L'illusione di questo amore che ha trovato il suo massimo esempio nelle tre ultime parole scritte da Elena e inviate a Giovanni al momento dell'omicidio: "Ok, vai amò". L'avvocato Rolando Iorio, parlando dei sentimenti di Limata, ha paragonato gli stessi alla celebre canzone di Fabrizio De Andrè: "La ballata dell'amore cieco". Un testo che racconta il suicidio di un uomo che, per la gioia della donna amata, si toglie la vita. "Da più parti è stato diagnosticato, in Giovanni, il disturbo di personalità borderline e  un disturbo anti-sociale della personalità e, per questi motivi, io chiedo, per Limata, il minimo della pena, che sia riconosciuto non imputabile e quindi prosciolto dalle accuse con l'esclusione dell'aggravante della premeditazione". 

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