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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Aste ok, dichiarazioni spontanee di Armando Aprile e controesame alla supertestimone

Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza relativamente all'inchiesta giudiziaria ribattezzata "Aste Ok"

Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza per il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d'illeciti che vede protagonista il Clan Partenio

L’udienza è partita con le dichiarazioni spontanee dell’imputato Armando Aprile, in collegamento dalla casa circondariale di Vibo. L’imputato ha dichiarato che, il suo intervento, era dettato dalla volontà di chiarire quanto accaduto presso l’abitazione di Livia Forte. Aprile ha affermato che, a contattare Nicola Galdieri, è stata la testimone dell’accusa; intenzionata a discutere dei famosi 5mila euro che, lo stesso Aprile, avrebbe incassato a titolo di consulenza. Aprile, nello specifico, ha affermato che questa sarebbe stata una cattiveria nei suoi confronti. Successivamente, ancora, l’imputato ha affermato di aver dovuto incontrare Galdieri proprio per chiarire la vicenda. Per rappresentare quanto accaduto a casa della Forte, infine, Armando Aprile ha utilizzato una metafora: “Noi, agli occhi di Galdieri, eravamo presenti come imputati. Galdieri era stato eletto a giudice supremo. Colei che ci accusa era il pubblico ministero. Quest’ultima, ancora, ha cercato di accusarci in ogni modo aumentando il disappunto di Galdieri. L’interrogatorio si svolse con una enorme aggressività verbale da parte di entrambi. Fummo noi a preoccuparci della nostra incolumità fisica. Fortunatamente riuscimmo a far comprendere che non mi ero appropriato indebitamente sia dei 15mila, sia dei 5mila euro”. La dichiarazione spontanea di Armando Aprile, ancora, descrive il momento dell’aggressione subita dalla supertestimone: Galdieri, sentitosi apostrofato “maiale”, le diede uno schiaffo. Aprile, infine, ha concluso affermando di essere stato vittima di una ricostruzione inesistente, fuorviante e artefatta.

Nella giornata di oggi, poi, aveva luogo il controesame della supertestimone dell’accusa, assistita dall’avvocato Sergio Tecce. La donna ha risposto alle domande degli avvocati Gaetano Aufiero, Rosaria Vietri e Carlo Taormina. Nella fattispecie, gli avvocati hanno pressato moltissimo relativamente a una sua presunta condanna per estorsione a tre anni e sette mesi di reclusione. Sentenza che gli avvocati degli imputati depositeranno nel corso della prossima udienza fissata per il 13 gennaio. In quell'occasione, ancora, sarà approfondita anche la posizione del compagno della donna che, stando a quanto emerso oggi in aula - dal 2019 in poi, da quando sono finiti in carcere Forte, Aprile e Galdieri - ha acquistato diversi beni finiti all’incanto. 

Aste Ok e il coinvolgimento del Nuovo Clan Partenio

L’indagine, convenzionalmente denominata “ASTE OK”, ha consentito di disarticolare un’organizzazione malavitosa composta da membri di spicco del c.d. “Nuovo Clan Partenio” (egemone nel capoluogo irpino, oggetto dell’operazione “PARTENIO 2.0”, condotta il 14 ottobre del 2019), nonché da imprenditori e professionisti. Dalle risultanze investigative è infatti emerso un contesto di espansione degli interessi criminali del gruppo camorristico ai redditizi settori delle aste e delle acquisizioni immobiliari, unito a un sempre forte e corrispondente interesse a influenzare la vita politica e amministrativa della città di Avellino, allo scopo di accedere alla “cabina di regia” delle scelte operate dalla Pubblica amministrazione, per esempio, per l’appunto, in materia urbanistica ed edilizia. In particolare, anche attraverso le elaborate investigazioni economico-finanziarie sviluppate per seguire i trasferimenti di immobili ceduti all’asta e gli anomali flussi di regolamento, l’indagine ha consentito di acclarare forti legami tra alcuni sodali del clan camorristico, i titolari di alcune società d'intermediazione immobiliare e professionisti nel settore i quali, avvalendosi dell’intimidazione derivante dal vincolo associativo, inibivano a proprietari esecutati la partecipazione alle aste giudiziarie aventi per oggetto propri beni, in questo modo appropriandosene al fine di chiedere ai medesimi ex-proprietari una quota di denaro maggiorata qualora avessero voluto rientrarne in possesso.

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