Aste OK: "Ho scelto di fare parte di questo 'gioco maledetto' per poter denunciare"
Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza relativamente all'inchiesta giudiziaria ribattezzata "Aste Ok"
Nella giornata di oggi ha avuto luogo una nuova udienza per il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d'illeciti che vede protagonista il Clan Partenio.
L’udienza odierna inizia con il controesame della teste. Quest’ultima, nell’udienza precedente, aveva raccontato l’aggressione ai suoi danni da parte di Nicola Galdieri quando, quest’ultimo, l’afferrò per il bavero del cappotto, sferrandole un pugno e uno schiaffo. Oggi, la testimone, ha raccontato cosa avvenuto successivamente a quell’episodio; finanche la prima volta in cui è tornata presso il ristorante IT’S Ok. Un ritorno, presso il ristorante di proprietà di Livia Forte, avvenuto anche successivamente alla denuncia. La teste, inoltre, ribadisce la totale tranquillità di Livia Forte che, anche dopo averla riconosciuta, sembrava quasi sorpresa della sua presenza anche dopo aver subito questa presunta aggressione.
La teste, ancora, ha spiegato i motivi che l’hanno spinta a fare parte di quello che – testualmente – aveva definito un “gioco maledetto”. Nella fattispecie, l’obiettivo era mettere insieme più prove e informazioni funzionali alla denuncia degli illeciti che si stavano compiendo. Denuncia, poi, avvenuta nel 2019. La testimone, poi, racconta anche il successivo incontro con Nicola Galdieri. In quell’occasione venne anche Livia Forte. L’incontro durò poco perché Galdieri e Forte si dissero qualcosa bisbigliando. Si salutarono e se ne andarono.
La teste, infine, racconta del perché aveva omesso alcune informazioni nel corso delle indagini. La tensione, la lunghezza della deposizione – diverse ore – ha sfiancato la testimone, impedendole di fornire immediatamente tutti i dettagli – seppure importanti – necessari alla ricostruzione della vicenda. Nel corso della prossima udienza, attesa per il 2 dicembre 2022, sarà completato il controesame della teste.
La seconda escussione del giorno, invece, poneva l'accento su una specifica procedura immobiliare. L’immobile del suddetto è finito all’asta nel 2018. Raccontato in aula il primo incontro con Armando Aprile. Il colloquio fu breve e Aprile disse che, per le aste e per poter rientrare in possesso dell’immobile, avrebbe dovuto rivolgersi a lui e a Livia Forte. Nello specifico, la richiesta economica sarebbe stata di 5mila euro e sottolineando, ancora, di non ever mai saputo che i soldi dati ad Aprile fossero destinati a terzi.
Dichiarazioni spontanee di Armando Aprile
L'udienza termina con le dichiarazioni spontanee di Armando Aprile, che prende le distanze da quanto affermato nel corso delle testimonianze odierne; smentendo di essersi relazionato con i suddetti. Dichiarando, invece, aver chiesto dei soldi per un’attività di consulenza che avrebbe svolto a favore loro nei confronti delle banche creditrici.
Aste Ok e il coinvolgimento del Nuovo Clan Partenio
L’indagine, convenzionalmente denominata “ASTE OK”, ha consentito di disarticolare un’organizzazione malavitosa composta da membri di spicco del c.d. “Nuovo Clan Partenio” (egemone nel capoluogo irpino, oggetto dell’operazione “PARTENIO 2.0”, condotta il 14 ottobre del 2019), nonché da imprenditori e professionisti. Dalle risultanze investigative è infatti emerso un contesto di espansione degli interessi criminali del gruppo camorristico ai redditizi settori delle aste e delle acquisizioni immobiliari, unito a un sempre forte e corrispondente interesse a influenzare la vita politica e amministrativa della città di Avellino, allo scopo di accedere alla “cabina di regia” delle scelte operate dalla Pubblica amministrazione, per esempio, per l’appunto, in materia urbanistica ed edilizia. In particolare, anche attraverso le elaborate investigazioni economico-finanziarie sviluppate per seguire i trasferimenti di immobili ceduti all’asta e gli anomali flussi di regolamento, l’indagine ha consentito di acclarare forti legami tra alcuni sodali del clan camorristico, i titolari di alcune società d'intermediazione immobiliare e professionisti nel settore i quali, avvalendosi dell’intimidazione derivante dal vincolo associativo, inibivano a proprietari esecutati la partecipazione alle aste giudiziarie aventi per oggetto propri beni, in questo modo appropriandosene al fine di chiedere ai medesimi ex-proprietari una quota di denaro maggiorata qualora avessero voluto rientrarne in possesso.