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Cronaca

Alessandro aggredito a Napoli dagli italiani e salvato dagli immigrati

La triste storia raccontata dal protagonista. Stava ritornando in Irpinia quando ha subito l'aggressione a piazza Garibaldi: rubato il cavalletto per la macchina fotografica

Malmenato selvaggiamente, ha ancora i segni ad un braccio ma ciò non gli fa mancare la forza per descrivere cosa gli è successo. Alessandro Farese lo fa prima ad Orticalab che divulga la notizia della sua aggressione a Napoli mentre sta per prendere il bus per riportarlo ad Avellino. Ciò che sconforta Alessandro è la noncuranza generale, persone che hanno assistito all'aggressione ma non sono intervenuti. Gli unici eroi sono due immigrati. 

"Ero disteso sul marciapiede e mi pestavano, mi hanno guardato ma nessuno si è scandalizzato, ha provato a dire qualcosa o si è mosso per aiutarmi. Fortunatamente è intervenuto un gruppo di ragazzi africani, algerini probabilmente, che si sono intromessi e hanno fatto allontanare i due aggressori. Gli unici ad avermi soccorso, soltanto loro mi sono stati vicini e mi hanno aiutato, nonostante qualcuno abbia provato a far ricadere su di loro la colpa dell’aggressione – dice Alessandro - quando sono riuscito ad alzarmi sono stato accompagnato in un bar ed erano tutti pronti a confortarmi, mi chiedevano cosa fosse successo, anche se avevano assistito a tutto. Mi hanno chiesto anche di che nazionalità fossero gli uomini che mi avevano aggredito e io ho risposto napoletani, perché li sentivo parlare in dialetto e minacciarmi mentre ero steso per terra".

Ma perché è stato aggredito? "Una ragazza mi ha detto che aveva visto i due aggressori prendere qualcosa dal mio zaino, solo dopo ho scoperto che era il nuovo cavalletto, quello per cui avevo speso un bel po’ di soldi. A quel punto volevo soltanto tornare ad Avellino, non mi andava di restare a Napoli un minuto di più. Le persone nel bar mi hanno detto di andare via tranquillo perché non sarebbe successo di nuovo, ma io non ero tranquillo e ho preteso che qualcuno mi accompagnasse.  Mentre ostinato continuavo a restare nel bar, è arrivato un vigile in borghese che mi ha chiesto la dinamica dell’aggressione, ha promesso di accompagnarmi all’autobus, ma prima mi ha portato al gabbiotto per provare a medicarmi, ha comprato lui le garze mentre una sua collega mi disinfettava, intanto continuavo a raccontare e mi hanno detto che a loro era arrivata la voce di un’aggressione da parte di un gruppo di algerini e anche qua ho dovuto ribadire che quei ragazzi mi avevano salvato"

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