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Sapore d'Irpinia

Sapore d'Irpinia

A cura di Rosa Iandiorio

L’Irpinia è una terra di sapori autentici, custode antica di vini pregiati e specialità gastronomiche ricche di gusto. Un luogo incantevole dove sedersi in silenzio per ammirare la sua anima più vera. L'anima di una terra dove per secoli la natura ha scandito i ritmi del tempo, lasciandoci in eredità un patrimonio agroalimentare immenso. È tempo di partire buongustai per riscoprire insieme questo ‘Sapore d'Irpinia’

Sapore d'Irpinia

La zeppola degli irpini: tradizione, storia e evoluzione del dolce tipico di San Giuseppe

Tra aneddoti, proverbi, storie e ricette, il cuoco Giovanni Mariconda ci racconta l'origine della zeppola

Un antico proverbio dialettale recita: "Tene 'na mano a fa' zeppole". L’origine di questa formula non è del tutto chiara ed ha traduzioni molteplici. In genere si vuole indicare una persona scaltra e un po' tirchia in quanto, la ricetta originaria della zeppola annovera ingredienti poverissimi e richiede grande abilità per realizzare, con poco, un capolavoro del gusto. 

L'antico adagio popolare, oggi caduto un po' in disuso, ci è utile per risalire alla storia di una tradizione che nelle case irpine è ancora ampiamente consolidata. Infatti, se nelle pasticcerie abbondano i più sontuosi scrigni di pasta choux è tra i focolari domestici che bisogna guardare per ritrovare gli usi e i costumi di un tempo. 

Il 19 marzo, in molte case dell'avellinese, di buon mattino si frigge l'impasto della sera prima: farina, patate, lievito e aromi bastano a dare forma a soffici nuvolette ricoperte di granelli di zucchero. Una carezza soave per augurare il buongiorno al 'Pater Familias', ai 'Giuseppe', o alle Giuseppine. 

 Assoluta semplicità e massimo godimento per un dolce che nonostante le mode non tramonta mai. La zeppola di San Giuseppe come viene identificata oggi, invece, è più recente e di tutt’altra pasta: ovvero quella degli choux detti anche bignè, arrivati a Napoli intorno al '700 con l'avvento dei' Monsù, gli chef francesi. 

Una storia che ho ripercorso con il cuoco Giovanni Mariconda che di tradizioni gastronomiche ne è sapiente intenditore. 

"Durante il regno borbonico, dal 1734 al 1860, la cucina francese ha avuto una grande influenza su quella partenopea in quanto Maria Carolina d’Austria, sposa di Ferdinando I delle Due Sicilie, fece venire alcuni fra i migliori cuochi francesi per educare i colleghi locali ai gusti più in voga del tempo - racconta - Il temine Monzù deriva dalla storpiatura dialettale del termine francese “Monsieur”(signore); titolo attribuito ai capocuochi delle case aristocratiche in Campania e in Sicilia. Furono loro a mixare i sapori e i profumi della cucina partenopea con la cucina francese creando numerosi piatti tra cui, pare anche la pasta choux, inventata a Firenze, ma migliorata in Francia. Fino ad allora l'unica zeppola conosciuta su tutto il territorio campano era la classica ciambella fritta che in assenza di zucchero veniva addolcita col miele. Il giorno di San Giuseppe se da noi si friggeva nelle case, a Napoli c'erano i frittellari che in onore del loro patrono scendevano in strada e friggevano per l'intera giornata. Evidentemente da questa tradizione partenopea, a corte, sarà nato, poi, il bignè con la crema, più ricco e difficile da realizzare. Sicuramente non un dolce alla portata del popolo contadino. Da noi la moda della pasta choux con la crema è arrivata, penso dagli anni '80". 

Ma perché le zeppole sono assurte a simbolo tipico della Festa del Papà? Anche su questo nodo ci aiuta il cuoco di Santa Lucia di Serino. "Pare che quando San Giuseppe era in Egitto, dove era fuggito con Maria e Gesù, vendeva frittelle per sostenere la famiglia. E per questo oltre ad essere il protettore dei falegnami lo è anche dei frittellari". 

Di certo all'epoca la pasta choux non esisteva. Sarà cambiata la forma, qualche ingrediente, ma la ricetta base dei frittellari dell'epoca è molto simile a quella delle nostre nonne. Le creme e la pasta choux, seppur buonissime, sono arrivate in un passato molto più recente entrando a far parte delle nostre abitudini, ma non delle nostre radici. La zeppola quella autentica rimane quella fritta. Un simbolo della nostra città, un modo per tornare indietro nel tempo, quando i dolci si cucinavano in casa, quando i papà di oggi erano i bambini di ieri e mangiare le zeppole era un rito meraviglioso, una caldo abbraccio di cui ancora oggi conserviamo odori, sapori, ma soprattutto memorie e tanti ricordi.

Di seguito la ricetta di Giovanni Mariconda

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Ingredienti 

  • 1kg di farina forte
  • 150 gr patate
  • 10 tuorli d'uova
  • 200 gr di strutto o burro
  • 100 gr zucchero
  • 400 gr latte
  • 40 gr lievito
  • 10 gr sale
  • Olio per friggere

Aromi a scelta tra

  • 2 limoni (buccia) o
  • 2 arance (buccia) 
  • Vaniglia o
  • Cannella

Procedimento 

Impastare farina, zucchero e patate lesse su un piano da lavoro. Sciogliere il lievito nel latte tiepido. Aggiungere all'impasto il lievito, il latte, le uova, il sale e il burro morbido (o lo strutto) in più riprese. Aggiungere gli aromi. Impastare circa 20 minuti fino a quando il panetto non è elastico. Far riposare mezz'ora l'impasto in una pirofila coperta da canovaccio. 

Formare le zeppole da 50 gr. Far riposare. Per agevolarvi potete far riposare le zeppole ognuna su un foglio da carta forno. 

Al raddoppio friggere in olio a 180°. La cottura è all'incirca di tre minuti per lato. Per immergerle nell'olio aiutatevi con la carta forno. Una volta cotte passare nello zucchero. Mangiare calde. 

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