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Sapore d'Irpinia

Sapore d'Irpinia

A cura di Rosa Iandiorio

L’Irpinia è una terra di sapori autentici, custode antica di vini pregiati e specialità gastronomiche ricche di gusto. Un luogo incantevole dove sedersi in silenzio per ammirare la sua anima più vera. L'anima di una terra dove per secoli la natura ha scandito i ritmi del tempo, lasciandoci in eredità un patrimonio agroalimentare immenso. È tempo di partire buongustai per riscoprire insieme questo ‘Sapore d'Irpinia’

Sapore d'Irpinia

Il vino in anfora oltre le mode e i luoghi comuni: l'intervista a Francesco Moriano

L'enologo: "Non dobbiamo farci distrarre dalla moda e dal mercato che magari chiede vini sempre più pronti e immediati, dobbiamo interpretare il territorio e i vitigni e concedere loro il tempo necessario ad esprimersi senza annichilire l'autenticità e la storia di un prodotto"

La rinascita del vino in anfora. Un metodo di vinificazione ancestrale che è sotto la lente di ingrandimento dell'enologo di Montefredane Francesco Moriano

Non una semplice moda che è tornata alla ribalta, ma uno studio attento e meditato sugli effetti della vinificazione in giara che ci ha offerto lo spunto per un'analisi approfondita sul mondo del vino insieme all'enologo vincitore del premio internazionale 'Miglior tecnico en vino'. 

"La terracotta consente di ottenere ottimi risultati nella vinificazione, maturazione e conservazione del vino - esordisce Moriano - ma dobbiamo sempre partire dal presupposto che l’obiettivo è un vino buono. Il resto è uno strumento per arrivare al risultato finale. Non lo dico io che non abbiamo bisogno delle solite barriques o delle solite tecniche di sovraestrazione per fare grandi vini . Lo dicono i grandi vini del mondo. Io sono un attento e appassionato tecnico per le vinificazioni in anfora e cemento ma più che parlare di anfora, botte, acciaio e cemento, dovremmo parlare di vino". 

Francesco Moriano ama sperimentare, il suo è un percorso enoico in continua evoluzione che trae origini dal territorio in cui è nato e cresciuto ma si alimenta di viaggi, esperienze e confronti. La vinificazione in giare è l'ultima delle sue indagini per provare a creare vini più autentici rispetto alla miriade di produzioni caratterizzate da note legnose legate all’invecchiamento in botte.

Tra le Cantine dove sta adoperando il principio enologico legato all'uso, ben conosciuto nell'antichità di anfore ci sono due realtà vitivinicole molto interessanti: la prima a Raito e la seconda a Paternopoli. 

"A inizio marzo uscirà il primo vino fermentato e affinato in sole anfore di terracotta. Sarà un rosato base Aglianico e Piedirosso della società agricola Trotta di Raito prodotto con uve coltivate nei vigneti della Costiera Amalfitana. La seconda etichetta in produzione, invece, riguarda l'Irpinia e precisamente l'azienda Fonzone di Paternopoli con cui abbiamo avviato un ragionamento che racchiude anche i bianchi. Non sarà esclusivamente un vino in anfora, ma un blend. Parte dei bianchi (Falanghina e Fiano) macerano fino a 7 mesi con le bucce in anfora di terracotta e l'Aglianico che uscirà a breve ha macerato per 25 giorni in anfora di cocciopesto per poi essere assemblato alle altre masse di legno e acciaio". 

Dunque nessuna rivalità tra botti e anfore, anzi per Moriano ognuno di essi presenta caratteristiche intrinseche molto diverse che comportano tanti vantaggi quanti svantaggi, ma soprattutto effetti diversi sull’evoluzione del vino. E qui subentra la visione e l'impronta dell'enologo che nel caso di Francesco vuole essere quanto più fedele possibile alle caratteristiche del terroir.

"Se il nostro obiettivo è quello di creare vini per il mercato, liberi di essere Britney Spears - commenta - Però sono musicisti come Mozart e Hendrix che resistono alle mode: non a caso erano autori autentici, che di mercato non si sono mai interessati. L’obiettivo è un vino buono. Il resto è uno strumento per arrivare al risultato finale. Si deve uscire dalla logica del “tanto è meglio”: non è che se faccio un vino più strutturato allora per forza è meglio. È dalla terra che dobbiamo partire per fare un vino buono - aggiunge - La viticoltura tradizionale della Penisola è stata basata per secoli su una visione olistica, si guardava la luna per capire quando piantare gli ortaggi o quando imbottigliare, non si usavano prodotti di sintesi, solo zolfo e rame. I diserbanti, volendo usare una metafora, sono come la cocaina per il terreno e la vite stessa: sembra li potenzino, in realtà li distruggono. La media mondiale della durata di un vigneto si aggira fra i 18 e 20 anni. In Argentina e in Armenia, dove la meccanizzazione con i suoi effetti non è arrivata, lavoro con viti di 120-150 anni che hanno una produzione ancora ottimale anche a livello di grappoli per pianta. Personalmente, come winemaker sono più simile alla botte che alla barrique: valorizzo la materia prima che trovo in loco nei vari Paesi, ovvero non solo il vitigno ma anche le persone del luogo la cui conoscenza del territorio è una risorsa preziosissima. Quindi l’ottica a mio avviso deve andare nella direzione del winegrower più che del winemaker".

Secondo l'enologo l’Italia e l'Irpinia adesso devono giocarsi la carta del vino sotto una logica che coniuga arte, cultura, antropologia e gastronomia facendo leva sugli aspetti singolari delle aree vitivinicole elette. 

"Bisogna valorizzare i tanti territori specifici che possediamo - dice - Non solo il vino ma il mondo intero, in ogni suo aspetto, ha vissuto e sta vivendo un periodo di passaggio, che porterà, inevitabilmente, cambiamenti ad ogni livello. Oggi il mercato pretende sempre più un vino di qualità, un vino di origine certa, soprattutto legato al territorio. Questo ha fatto diminuire, quasi scomparire, i produttori di vini da taglio anonimi e ha fatto aumentare sempre più le aziende che imbottigliano i loro vini di qualità, dandogli così una riconoscibilità e un valore aggiunto. Il quadro è sicuramente favorevole, ma si deve fare di più e meglio. Sarebbe oltremodo sbagliato adeguarsi alla logica del low cost, dobbiamo stare ben lontani dal ricorrere alla leva del prezzo per puntare a valori identificabili con cultura e valorizzazione del territorio. Quello che ci vuole è un modello imprenditoriale e di comunicazione maggiormente adeguati ad un mondo globalizzato ed interconnesso. Bisogna entrare nell'ottica che il vino è cultura , un motore che fa muovere più di 20 milioni di eno-appassionati". 

Numeri importanti che in un contesto come l'Irpinia potrebbero creare un indotto di rilievo economico e turistico, anche se dall'analisi di Francesco il comparto è ben lontano da una strategia condivisa e illuminata. 

"L'Irpinia come tutti sappiamo è un areale dalle grandi potenzialità . La materia c'è ed è pure tanta. Stiamo vivendo un momento di grande crescita numerica delle aziende ed anche qualitativa per i vini prodotti. D'altronde siamo in un territorio dove le forti escursioni termiche e la composizione dei terreni ci permettono di produrre nella valle del Sabato vini bianchi di spalla acida e di grande invecchiamento e dall'altra parte rossi di grande struttura, acidità e carattere. Quello che manca, forse, è la riconoscibilità a livello nazionale ed internazionale. Fondamentale sarà quindi una comunicazione più decisa. Pecchiamo nella mancanza di unione tra i diversi produttori, si fa un pò la guerra alla gloria. Abbiamo un consorzio che dopo anni non riesce a mettere insieme le diverse idee e creare un filo conduttore comune che ci renda riconoscibili sia come territorio sia come prodotto vino.  Spero che nelle nuove generazioni come la mia ci sia uno spirito diverso che non sia influenzato da questa mentalità che dopo un quarto di secolo ha fatto emergere i lati più oscuri di una terra che brilla di materia prima".

Infine un'ultima riflessione Moriano la fa sulle recenti dichiarazioni di Oscar Farinetti che ospite di un appuntamento a Summonte per presentare il suo ultimo libro ha esaltato la provincia Irpina riconoscendone il valore enogastronomico e la potenzialità del Fiano da invecchiamento. 

"A Farinetti mi lega una conoscenza stabilita soprattutto con il figlio Andrea con il quale ho avuto piacere di condividere idee in materia di sostenibilità e di vinificazioni. Loro in Piemonte e non solo, stanno lavorando molto su questo aspetto di biologico e sostenibilità che rappresenterà il futuro nel rispetto del passato e della tradizione. Sono pienamente d'accordo con Farinetti autore di analisi sempre lucide e costruttive. Il Fiano come anche gli altri vini bianchi dell'irpinia hanno bisogno di tempo per esprimersi . Molti produttori ci stanno già lavorando da anni sul creare vini che siano presentati al pubblico con qualche anno di ritardo, primo fra tutti il compianto Antoine (Villa Diamante), uomo di ampia e lunga visione. Io personalmente sto lavorando su questo piano con la Falanghina irpina, vitigno che in questo territorio dona vini di trama sapida e di spalla acida molto importante e che fanno ben sperare all'invecchiamento. Come dicevo prima non dobbiamo farci distrarre dalla moda e dal mercato che magari chiede vini sempre più pronti e immediati, dobbiamo interpretare il territorio e i vitigni e concedere loro il tempo necessario ad esprimersi senza annichilire l'autenticità e la storia di un prodotto".

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