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Sapore d'Irpinia

Sapore d'Irpinia

A cura di Rosa Iandiorio

L’Irpinia è una terra di sapori autentici, custode antica di vini pregiati e specialità gastronomiche ricche di gusto. Un luogo incantevole dove sedersi in silenzio per ammirare la sua anima più vera. L'anima di una terra dove per secoli la natura ha scandito i ritmi del tempo, lasciandoci in eredità un patrimonio agroalimentare immenso. È tempo di partire buongustai per riscoprire insieme questo ‘Sapore d'Irpinia’

Sapore d'Irpinia

Donato Russo, 29 anni di Solofra è lo chef di cucina del Miglior Ristorante al Mondo

Dall'Istituto Alberghiero di Avellino fino al tristellato Mirazur di Menton al fianco di Mauro Colagreco. Russo: "Avevo fame e volevo mangiarmi il mondo"

L'Irpinia, probabilmente, è stata una scuola e forse la fame, la necessità di emergere in un contesto che di possibilità ne dà poche ha costituito una spinta alla professionalità, alla duttilità e allo studio di Donato Russo. 29 anni, nato e cresciuto a Solofra, un talento secondo Mauro Colagreco che quest'anno l'ha promosso a Chef de cuisine di quello che nel 2019 è stato incoronato Miglior Ristorante al mondo dalla The World’s 50 Best Restaurants. 

Donato è colui che nella gerarchia della brigata viene subito dopo l’Executive Chef occupandosi di ogni aspetto della cucina, sia prima che durante il servizio ed è punto di riferimento di tutto il personale del Tre Stelle Michelin, il Mirazur di Menton

Non male per un autodidatta che a forza di sacrifici, appena ventenne, si è formato nei migliori hotel della Costa Azzurra. Nessuna scuola blasonata dopo l'Alberghiero ad Avellino, solo passione, determinazione e voglia di raggiungere la vetta in una nazione che ha saputo codificare l'arte del buon gusto. 

La Francia ha dato alla 'fame' di Donato la possibilità di trasformarsi in fama.  Lo chef solofrano all'indomani dell'Alberghiero, ha fatto la scelta che ha segnato la svolta cruciale alla sua carriera. Lasciare l'Italia e lavorare al Mirazur. E il no di Mauro Colagreco, al suo primo colloquio, non spense la fiamma del desiderio. Anzi, fu stesso lo chef tristellato che con quel rifiuto gli mostrò la strada per incanalarsi nel perseguire magistralmente i propri sogni e interessi.

L'intervista 

Donato come sei arrivato a ricoprire il ruolo di chef di cucina del miglior ristorante al mondo? Qual è stato il tuo percorso da Solofra alla Francia?

Ti sembrerà strano, ma a differenza della maggior parte dei miei colleghi il sogno di fare lo chef non inizia dai ricordi d'infanzia con la nonna a giocare in cucina. Piuttosto ho intrapreso questa strada grazie a mia sorella che ha 4 anni più di me. Lei studiava al Rossi Doria di Avellino e i suoi racconti mi suscitarono una curiosità tale da decidere di frequentare la stessa scuola. I primi anni volevo fare il barman poi col tempo la cucina iniziò ad emozionarmi. Mi ritrovavo bene in quello spazio: mi dava appagamento e stimoli al punto che neanche maggiorenne iniziai a lavorare  nei weekend, insieme allo chef Vitiello presso il ristorante Pozzillo, a Serino. Fu un'esperienza significativa che mi aprì nuovi orizzonti. Capii che il mio futuro era in cucina. 

Quando hai deciso di lasciare Solofra per seguire la tua passione? 

Dopo il diploma, grazie al prof. Pietro Montone che mi diede la possibilità di fare esperienza a Nizza in un ristorante classico di cucina italo francese dove ho lavorato per tre anni. In quell'arco di tempo iniziai a frequentare i ristoranti stellati, ma mai nessuno mi aveva emozionato tanto quanto il Mirazur di Menton. Improvvisamente ebbi chiaro il mio futuro. Volevo lavorare al fianco di Mauro Colagreco. Mi feci coraggio e gli chiesi un colloquio di lavoro. Tuttavia non ero pronto, non avevo alcuna esperienza in quel tipo di ristorazione. L'esito fu quindi negativo, ma chef Mauro mi invitò a perseguire il mio obiettivo indirizzandomi verso il ristorante di un Hotel a 5 stelle vicino Marseille. Non ti nego che gli inizi furono difficili, avevo una base solida, ma non ero a quel livello. Tuttavia, impegno, umiltà e sacrifici mi ripagarono e nel 2017 fu stesso uno dei miei superiori a chiamare Colagreco per dirgli che ero pronto. Feci un nuovo colloquio e nell'aprile dello stesso anno approdai al Mirazur. Era il 12 aprile e avevo 25 anni. 

Mirazur-2

A quell'epoca il Mirazur aveva due stelle. Possiamo affermare che hai contribuito alla terza? 

È un lavoro di squadra. La terza Stella è il risultato di tanta dedizione ad un progetto comune. Io ho avuto la fortuna di arrivare al Mirazur in una fase di piena evoluzione. Sono entrato in punta di piedi ricoprendo diversi ruoli: prima gli antipasti freddi, poi le guarnizioni, poi sono diventato demì chef, sous chef fino a diventare da qualche mese chef di cucina. Credo di essere arrivato nel momento giusto: ho visto questo ristorante mettersi in discussione, crescere, evolversi. Colagreco mi ha insegnato tanto. Non parlo solo di cucina, parlo di valori, sentimenti. Lui tiene alla squadra e quando è duro lo fa solo perché sa che da noi può ottenere di più. È un grande maestro umanamente e professionalmente. 

E quando il Mirazur ha preso la terza stella come ti sei sentito? 

Non me l'aspettavo. Sapevo che l'avremmo presa, era il nostro obiettivo, ma non in quel momento. No! Non me lo aspettavo proprio. Ricordo che ero a Solofra, sul divano con mio padre e seguivamo la diretta. È stata un' emozione incredibile, ancora più intensa perché l'ho condivisa con mio padre che per me ha fatto tanti sacrifici. Ho perso mia madre a 13 anni e mio padre mi ha sempre sostenuto. Non dico economicamente, mi sono sempre mantenuto da solo, parlo di sostegno morale. Volevo renderlo orgoglioso e se qualcuno mi chiede: Qual è stata la tua soddisfazione più grande: non rispondo la terza stella, ma vedere piangere mio padre quando mi è venuto a trovare qui a Menton e ha visto dove ero arrivato.  

E adesso dove vuoi andare?

Voglio andare esattamente dove sono. Questo ristorante è la mia casa, io ambivo a farmi una posizione. A 29 anno l'ho raggiunta ed è merito del Mirazur. 

Non sogni di tornare in Italia? 

Non vorrei sembrare presuntuoso. Io non dimentico da dove sono venuto. L'altro giorno mi hanno chiesto qual è il piatto che più ti rappresenta. Io non ho esitato e ho risposto subito: "Zuppa di porcini, funghi e salsiccia".

Zuppa-5

È il piatto delle mie origini, della mia prima esperienza al Pozzillo. La mia terra me la porto con me, non a caso ho scelto, di concordo con la sommelier, di inserire in carta più vini irpini: Taurasi, Greco di Tufo, Fiano di Avellino. Ma adesso il mio posto è qui, sto dando anima e corpo a un progetto in cui ho investito, l' ho visto crescere e ognuno nella mia brigata lo sente come un figlio.

Hai solo 29 anni e già guidi la cucina di un Tre Stelle Michelin. Cosa suggerisci ai ragazzi che vogliono raggiungere una posizione come la tua? 

Di avere fame. Io volevo mangiarmi il mondo e ancora oggi ho fame di confronto, di esperienza, di crescita. Purtroppo oggi i ragazzi non sanno più cosa significa la parola valori, sacrifici. Arrivano in cucina, magari hanno fatto formazione nei migliori ristoranti, ma al livello di praticità non vedo niente. Sono delle macchine, hanno tutto scritto, neanche una salsa al pomodoro sanno fare. Bisogna avere concentrazione, conoscenza, testa, cuore, idee chiare. Io ci ho messo dieci anni a diventare chef di cucina di un tre stelle Michelin e non sono ancora arrivato. Non si arriva mai perché non si finisce mai di imparare. 

Grazie 

Grazie a te. 

 

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