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La mobilitazione di Don Riboldi e l’importanza del ricordo contro la camorra nel libro di Perone

“La camorra si può sconfiggere se si creano le condizioni sociali, politiche ed economiche affinché poi non rinasca”

Appuntamento con la letteratura questo pomeriggio al Circolo della Stampa di Avellino. Presentato il libro "Don Riboldi 1923-2023. Il coraggio tradito", dell'autore Pietro Perone, giornalista e caporedattore de Il Mattino di Napoli. Negli anni Ottanta è stato uno dei “ragazzi” di don Riboldi. Segue le vicende politiche del nostro Paese, dopo essersi occupato di criminalità organizzata, e crede nel dovere della verità, seguendo l'insegnamento del suo Vescovo Riboldi.

A cento anni dalla nascita del Vescovo che ha manifestato contro il potere della camorra, il libro ripercorre le tappe principali del suo impegno per la legalità, verso una riforma del vivere civile non solo di Acerra, della quale fu Vescovo, ma di tutta la Campania.

L'importanza di ricordare

"È importante parlarne - ha dichiarato l'autore Pietro Perone - soprattutto in un periodo in cui si parla sempre meno di mafia e camorra come se il problema fosse risolto ma è tutt’altro che scomparso. È scomparso invece dai radar dalla politica, nel momento in cui con le risorse del PNRR la mafia, la camorra e la 'ndrangheta si avviano a fare affari come quelli che si fecero dopo il terremoto dell’Ottanta. Ricordare Don Riboldi significa ricordare un impegno, una stagione di grandi speranze che andrebbe ripetuta. Ricordare per rinascere diceva Don Riboldi, nella mobilitazione contro la criminalità organizzata”.

Criminalità organizzata che ad Avellino, ma in tutte le province campane, ha raggiunto livelli record. “Che la camorra sia un fatto strutturale nella società - ha proseguito Perone - è qualcosa a cui non ci si può rassegnare. La camorra si può sconfiggere se si creano le condizioni sociali, politiche ed economiche affinché poi non rinasca. Con Don Riboldi dimostrammo che la camorra poteva essere sconfitta, il potere di Cutolo fu sgominato dopo la grande mobilitazione, gli avversari di Cutolo furono messi in galera, il problema è che però poi non sono state create le condizioni ideali affinché la camorra non rinascesse. Da qui il sottotitolo il coraggio tradito, tradito dalla politica. Gli stessi che marciarono al fianco di Don Riboldi, quando si sono ritrovati in posti di potere a gestire istituzioni, non sono stati all’altezza di creare condizioni affinché quella stagione rappresentasse un punto di svolta per la nostra regione e per il Mezzogiorno”.

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