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Libera: "La storia di Pasquale Campanello non ha ricevuto la giustizia che lo Stato avrebbe dovuto garantirgli"

"I tanti conferimenti che ha ricevuto hanno un valore simbolico importante, ma solo quando si ha il coraggio di raccontarli alla società civile"

Nella serata di ieri si è svolta la cena di raccolta fondi organizzata dall’associazione Libera di Avellino che, grazie alla collaborazione della Trattoria Martella, ha voluto dare nuova forza a una storia, quella dell’omicidio di Pasquale Campanello, Sovra Intendente capo al carcere di Poggioreale, che, ancora oggi, presenta troppi punti oscuri.  

Avellino Today ha raccolto le dichiarazioni di Emilia Noviello, referente provinciale di Libera:

Da quell’8 febbraio del ’93 ad oggi, la verità su questo terribile omicidio fatica ancora ad emergere, nonostante sia stata collocata nel contesto più ampio e drammatico della Trattativa. Erano gli anni di prima sperimentazione del carcere duro e in tanti, 
nell’ambiente malavitoso, ne chiedevano l’abolizione. La vicenda di Pasquale narra, invece, di un uomo retto e fedele servitore dello Stato, che non si è piegato a scomode richieste e che, senza indugio alcuno, ha applicato la legge. 

La storia di Pasquale ha cominciato ad essere patrimonio di tutti, da quando, nel 2005, ha incontrato la voce di Libera. Da allora è stata portata nelle scuole, nelle piazze, nei palazzi istituzionali, perché non la si dimenticasse. E nel corso degli anni è diventata qualcosa di più, motivo di impegno quotidiano. A partire da un presidio che Libera, ad Atripalda, ha voluto dedicargli, all’intitolazione della strada avellinese, a quella della casa circondariale di Ariano Irpino fino, allo scorso 17 maggio, al conferimento della medaglia d’oro al valore da parte del Ministero degli Interni. 

Il riconoscimento di questa storia, come patrimonio di tutti, è stato il volano per un ulteriore passo. “Un giorno come tanti” è un’idea, quella di realizzare attraverso il contributo di tutti, un documentario sulla storia di Pasquale Campanello. È la tappa finale di un lungo percorso che deve farci ripartire dai territori, dalle comunità, da chi ogni giorno si impegna. È il bisogno di rifondare le nostre comunità su verità e giustizia. 

La biografia di Pasquale Campanello

Nato ad Avellino, Pasquale si era diplomato in agraria e progettava di fare l’enologo, ma poi aveva scelto di indossare la divisa, rinunciando ad altri sogni. La moglie Antonietta Oliva ha sostenuto che la scelta del marito non era stata un ripiego lavorativo, ma lo aveva fatto con convinzione e alto senso del dovere. Arruolatosi nel Corpo degli Agenti di Custodia poco più che ventenne, quando nel 1990 venne istituito il Corpo di Polizia Penitenziaria, Pasquale era diventato sovrintendente Capo del Corpo.

Assegnato alla Casa Circondariale di Poggioreale, dove era addetto al padiglione di massima sicurezza “Venezia”, nel quale erano reclusi diversi affiliati alla Camorra, si distinse per l'intransigenza con la quale svolgeva il proprio lavoro. Fu proprio questa sua intransigenza che firmò la sua condanna a morte da parte dei clan.

Il terribile omicidio

L’ 8 febbraio 1993, finito il turno di lavoro, Pasquale stava rientrando a casa dalla giovane moglie Antonietta e i figli Silvia e Armando, quando sotto casa sua, a Torrette di Mercogliano, un commando di quattro killer lo bersagliò con 14 colpi di arma da fuoco, di cui 4 alla testa, uccidendolo sul colpo, all'età di 32 anni.

Memoria

Il Sovrintendente Campanello è stato riconosciuto "Vittima del Dovere" ai sensi della Legge 466/1980 dal Ministero dell'Interno. Alla sua memoria è intestata una targa presso la Sala Convegni dell'istituto penitenziario di Napoli Poggioreale.

Il 1° febbraio 2017, il DAP ha comunicato la volontà di intitolargli la Casa Circondariale di Ariano Irpino.

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