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Biodigestore, Comitato Nessuno tocchi l’Irpinia: "Basta ostinarsi su Chianche"

La nota del Comitato Nessuno Tocchi l'Irpinia

Il coordinamento "Nessuno tocchi l’Irpinia" ha scritto al Prefetto, Paola Spena, e al Sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia, in relazione all’annosa diatriba del Biodigestore di Chianche.

Di seguito il testo della missiva

«Il nostro Coordinamento è costituito da Comuni, imprenditori della filiera vitivinicola, associazioni, movimenti ambientalisti, organizzazioni di categoria e sindacali e liberi cittadini della Provincia di Avellino per concorrere a definire un Piano provinciale integrato dei Rifiuti che risponda ai princìpi dell’eco sostenibilità, della salvaguardia dei nostri territori e della condivisione democratica. In tale contesto propositivo abbiamo espresso la nostra contrarietà per come sia stato svolto nel merito e nel metodo la previsione di localizzazione di un impianto industriale di trattamento dei rifiuti solidi urbani nel comune di Chianche.

Tale posizione non è il frutto di una logica corporativa, tantomeno di campanilismo territoriale, ma il senso di una battaglia di civiltà che riguarda l’intera provincia e la soluzione condivisa della soluzione di tale importante questione.

Ben prima dell’aggiornamento del Piano regionale dei rifiuti la Regione Campania emette un bando che chiede ai Comuni e non agli ATO territoriali, come previsto dalla normativa in materia, il compito di individuare, a seguito di un circostanziato studio di fattibilità del territorio, l’impiantistica nelle diverse province campane.

Il Comune di Chianche (AV) manifesta la volontà di partecipazione con un mero atto monocratico del Sindaco, senza avvertire il bisogno civico e istituzionale di convocare il Consiglio comunale, un’assemblea della popolazione, una necessaria Conferenza dei Servizi con i comuni limitrofi e i soggetti sociali ed economici interessati, trattando la realizzazione di un impianto e di un correlato sistema infrastrutturale dal forte impatto territoriale alla stregua di un’opera pubblica municipale.

Il biodigestore, che è calibrato per il trattamento di ben 30.000 tonnellate di rifiuti annue, salvo emergenze, è previsto in un’area che non corrisponde oggettivamente a nessuno dei requisiti previsti dalla normativa in materia ambientale e urbanistica in quanto è un Piano Insediamento

Produttivo previsto trent’anni fa e mai realizzato, posto a ridosso del passaggio a livello della tratta ferroviaria “Avellino-Benevento” , per buona parte entro i limiti di rispetto del contiguo alveo del fiume Sabato, a ridosso dello “Stretto di Barba” , presso uno snodo storicamente interessato da ciclici eventi franosi e alluvionali, alla congiunzione di sole strade provinciali e comunali già di per sé soggette a un crescente traffico veicolare di mezzi pensanti e a problemi strutturali manutentivi, in mezzo a dei vigneti e in pieno areale di pregio della D.O.C.G. “Greco di Tufo”, su un suolo che è stato oggetto di sequestro giudiziario per motivi ambientali.

Per far comprendere che non si trattava di una iniziativa ideologica o di mero ostracismo da “no nel mio giardino” e per rappresentare in modo costruttivo le nostre posizioni, abbiamo esposto queste posizioni attraverso una serie di convegni, pubblicazioni, iniziative mediatiche e due importanti manifestazioni c carattere partecipativo popolare.

Nel frattempo vi è stata un’azione parallela di diversi comuni, associazioni di categoria e Istituzioni territoriali che hanno avviato un’azione di opposizione giudiziaria – amministrativa che poche settimane or sono ha prodotto una sentenza del TAR della Campania che ha accolto le nostre tesi, rappresentate dai Sindaci dei comuni di Tufo, Altavilla Irpina e Santa Paolina, riconoscendo l’obbligatorietà propedeutica della Valutazione di Impatto Ambientale che la stessa Struttura dimissione della Regione Campania erroneamente non aveva ritenuto necessaria.

Ma al di là del provvedimento in sé sono interessanti le motivazioni che hanno portato il Collegio giudicante a formulare tale pronunciamento in quanto trattasi di elementi strutturati con caratteristica di irreversibilità come, ad esempio il non rispetto delle distanze dall’alveo fluviale, la persistenza di vigneti di pregio nelle sue immediate vicinanze, la vetustà del mai realizzato strumento urbanistico produttivo locale che di fatti viene sostituito dalla vigenza del Piano territoriale Coordinamento Provinciale che riconosce la prevalenza della vocazione agronaturalistica dell’area, il non aver notiziato i comuni confinanti e limitrofi circa l’avvio del procedimento amministrativo da parte del Comune di Chianche.

Nel frattempo l’ATO Rifiuti di Avellino ha pubblicato un proprio bando per la localizzazione dell’impianto in questione senza però realizzare uno studio di fattibilità e di compatibilità territoriale per cui si è ritrovato la candidatura dello stesso comune di Chianche e di quelli di Montella, di Savignano Irpino e Domicella.

A tal fine la dirigenza dell’Ente d’Ambito ha istituito una Commissione di professionisti sterni per valutare tecnicamente le diverse alternative ma inaspettatamente ci si è trovati di fronte a una sorta di graduatoria, alla cui stesura ha partecipato anche la Direttrice dell’ Ente Annarosa Barbati, mai contemplata, che ha predisposto una sorta di elenco di posizionamento riconoscendo a quella di Chianche la priorità nel mentre la stessa dirigente tecnica in una relazione ufficiale si era spinta, in un atteggiamento non proprio super partes, a lodare l’agire del Sindaco di Chianche fino a definirlo meritevolmente un “avanguardista” ;

La valutazione è stata realizzata con sistemi di parametri e formulari algebrici attuariali e in specie aderente alla stretta compatibilità impiantistica senza analizzare la ricaduta e la problematica complessiva in un cotesto territoriale.

Per i comuni di Savignano Irpino e di Montella, inoltrre, è doveroso osservare che si sono proposte aree industriali e produttive già avviate e nel caso di quest’ultima si trattava di una già interessata da interventi della filiera della lavorazione dei rifiuti, quindi già abilitata e parte integrante del Piano Territoriale Regionale. Ma vi è di più, perché sempre in un’ottica di visione oggettiva delle compatibilità territoriali

abbiamo segnalato all’Ente d’Ambito la presenza nel territorio irpino di numerose aree industriali già infrastrutturale, purtroppo non utilizzate o abbandonate, nonché di opifici dismessi messi a bando pubblico, come quello recente dell’ASI di Avellino, che potevano essere delle eventuali ipotesi di soluzione alternativa viste le corrispondenze logistiche, infrastrutturali ed economiche, considerato che il budget progettuale in pochi anni è passato da 14 a ben 22 milioni di euro.

Abbiamo più volte, sempre con estremo rispetto istituzionale, auspicato la convocazione dell’Assemblea generale dei Sindaci dell’ ATO Rifiuti Avellino perché fosse l’organismo maggiormente deputato a definire una valutazione di merito più compiuta e democratica ma, ad oggi, tale consesso non è stato ancora riunito, nonostante vi fossero in posizionamento altri comuni oggettivamente in condizioni più vantaggiose dal punto di vista giuridico-amministrativo, logistico e urbanistico – territoriale .

Nella giornata di ieri di questa vicenda sono stati interessati anche il Ministro dell’Interno e quello dell’Ambiente attraverso una circostanziata interrogazione parlamentare rappresentata da tre senatrici della Campania. Nonostante quanto esposto il Presidente dell’Ente d’Ambito Arch. Valentino Tropeano sembra

voler continuare a perseverare la scelta di Chianche prevedendone la localizzazione del biodigestore nel redigendo Piano Provinciale dei Rifiuti, come si evince da recenti notizie di stampa. Questa volontà non solo non tiene conto della sentenza succitata ma nemmeno dei diversi ricorsi attualmente pendenti intentati dai Comuni di Montefusco e Petruro Irpino, dalla Provincia di Avellino, dalla Comunità Montana del Partenio, dalle Organizzazioni regionali di categoria e da quelli da mettere certamente nel conto da parte dei soggetti direttamente interessati del territorio.

Ci chiediamo, allora, perchè perseverare ostinatamente su tale individuazione nonostante la persistenza di oggettivi elementi ostativi che metterebbero a rischio la fattibilità della realizzazione o, comunque, la loro perdurante sospensione, oltre che a un’esposizione a serie conseguenze economiche ed erariali ?

Per questi motivi, per quanto di competenza, abbiamo ritenuto doveroso rappresentare quanto esposto nell’esclusivo interesse dell’intera comunità provinciale e dei territori interessati in quanto il ritardo nella realizzazione dell’impianto può arrecare danno alla popolazione irpina e protrarre “sine die” una condizione generalizzata di disagio e di maggiori costi. Nel ringraziare vivamente per la cortese attenzione riservataci l’occasione è gradita per porgere i più cordiali saluti».

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