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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Carlo Iannace, il medico "rosa" si confessa: "I miei illeciti amministrativi per aiutare la povera gente"

E' stata una notte difficile. Carlo Iannace, il medico "rosa" venerato da tante donne iscritte e non all'Amdos ha sul suo capo una condanna in primo grado. Non è un condannato definitivo ci sono altri gradi di giudizio. E' giusto essere garantisti. C'è chi lo fa ma anche chi è pronto a gettare tutto nel tritacarne

E’ stata una notte difficile. Carlo Iannace, il medico “rosa” venerato da tante donne iscritte e non all’Amdos ha sul suo capo una condanna in primo grado di 6 anni di reclusione (tre indultati) e 5 di interdizione dai pubblici uffici per lo scandalo Welfare. Non è un condannato definitivo ci sono altri gradi di giudizio. E’ giusto essere garantisti. C’è chi lo fa ma anche chi è pronto a gettare tutto nel tritacarne. Le parole della consigliera regionale Valeria Ciarambino del Movimento 5 stelle non sono piaciute a molti, figurarsi ad un suo collega che siede nella stessa aula (da verificare l’applicazione della Legge Severino). Quel post violento, di una brutale ferocia è difficile da mandare giù: “Questa è la gente che De Luca ha portato in Consiglio regionale. Ma ciò che mi suscita un'indignazione rabbiosa sono i reati di cui questo personaggio si sarebbe macchiato: ricoveri e interventi di chirurgia estetica, come mastoplastiche e liposuzioni, venivano spacciati, secondo l'accusa, per interventi oncologici, falsificando la documentazione. Operazioni eseguite a spese del sistema sanitario, nell'Azienda ospedaliera "San Giuseppe Moscati" di Avellino dove Iannace era responsabile dell'unità senologica. Ora mi chiedo: mentre la nostra gente muore perché la sanità non funziona, le liste d'attesa sono infinite, i posti letto sono insufficienti e pure le sale operatorie e il personale sanitario, chiamare peculato e tentata truffa i reati di cui questo figura si sarebbe macchiato vi sembra il nome giusto?”.

Di buon mattino Carlo Iannace convoca una conferenza stampa. E’ provato. Ha gli occhi lucidi. “In cuor mio non ritengo di essermi reso responsabile di reati. Al massimo posso aver commesso degli illeciti amministrativi che sono serviti per superare la lenta burocrazia degli ospedali. Tutto fatto senza percepire un soldo e per il bene e la salute dei pazienti. La mia storia parla chiaro”.

Le testimonianze a favore del medico, originario di Benevento ma una vita spesa qui ad Avellino sono innumerevoli. Carlo Iannace, ex direttore della Brest Unit dell’Ospedale Moscati di Avellino, si difende: “Non penso di meritare questo tipo di sentenza visto che dal punto di vista giudiziario non penso di aver commesso quel genere di reati. In quel periodo storico, parliamo di dieci anni fa, al vecchio Moscati eravamo un po’ accampati. In uno c’erano addirittura tre o quattro reparti e in sala operatoria non veniva fatta distinzione tra operai di sesso maschile o femminile o della patologia. Era una piccola Bagdad. In questo contesto venivano commessi i supposti reati. Da qualche anno a questa parte è stato introdotto il DRG, uno strumento che serve a classificare i ricoveri ospedalieri, che bisogna eseguire con un certo rigore. Prima, invece, non c’era tutta questa apprensione e le cartelle cliniche venivano anche chiuse con più calma. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per venire incontro alle esigenze dei pazienti e per non arrecare un danno economico alla struttura sanitaria. Non ho mai chiesto un euro a nessuno e non ho mai intascato soldi in maniera illecita. Mi farebbe piacere essere valutato per gli obiettivi raggiunti ed io ho sempre concepito questo lavoro come una missione. Fino a quando me lo permetteranno farò questo lavoro, altrimenti andrò in Africa. Mi sento un incompreso, ho avuto la stessa condanna di Schettino e questo mi dà fastidio”.

Dal punto di vista politico, insieme al suo avvocato Quirino Iorio si confronterà per decidere la linea da seguire per la tegola Legge Severino. Dal mondo politico poche telefonate: “nessuna da De Luca ma solo dal suo vice Buonavitacola”.

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