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Cronaca

Mazzette e liste di attesa all'ospedale a Salerno: arrestato medico irpino

Le indagini sono state avviate nel mese di maggio 2015 dopo la denuncia presentata ai carabinieri dal parente di una paziente ricoverata, sottoposta a un intervento alla testa e poi deceduta

I carabinieri del nucleo investigativo stanno eseguendo sia nel Salernitano che in altre province quattro misure cautelari (arresti domiciliari) emesse dal gip a carico di quattro medici per il reato di concussione. Il blitz dei carabinieri rientra nell’ambito di una inchiesta su un presunto giro di mazzette e liste d’attesa modificate nel reparto salernitano.  

Le liste di attesa potevano essere aggirate, anticipando la propria operazione. Bastava che il paziente pagasse, da 1500  fino a 6000 euro, denaro che finiva direttamente nelle tasche del primario e dei suoi complici.

Tra i quattro nomi c'è anche quello di un irpino: si tratta del primario Luciano Brigante. Sono coinvolti il direttore del dipartimento di Neuroscienze, Renato Saponiero (a cui si contesterebbe di essere al corrente del giro illecito) il luminare giapponese Takanori Fukushima, che nell’ottobre del 2015 venne accostato da un quotidiano a Papa Francesco per una presunta visita medica poi smentita dal Vaticano, e un altro neurochirurgo, Gaetano Liberti, in organico a una clinica specialistica di Pisa in cui il medico nipponico ha istituto una sorta di base italiana.
Le indagini dei militari dell'Arma, iniziate ad aprile 2015 con metodi tradizionali e intercettazioni, hanno riguardato un sistema concussivo che sarebbe stato messo in piedi nel reparto di Neurochirurgia del nosocomio salernitano e nella clinica privata toscana, una prassi diffusa di cui erano vittime i pazienti con patologie molto gravi (meningiomi, neoplasie cerebrali, problemi spinali, metastasi al cervello, neurinoma dell'acustico). E sono 9 i casi accertati, in due dei quali secondo gli inquirenti non ci fu pagamento solo perchè per raccomandare i malati ci furono contatti di altri medici con Brigante. Gli interventi chirurgici che i neurochirurghi prospettavano come urgenti e che eseguivano convincendo i malati a pagare per saltare la lista di attesa erano formalmente prenotati come intramoenia, ma del previsto versamento del 5% della prestazione le casse del Ruggi d'Aragona non hanno mai beneficiato. Brigante, sostiene l'accusa, assicurava a tutti che avrebbe curato di persona l'operazione, e che avrebbe superato le prenotazioni al Cup.
I costi dell'operazione, del ricovero e della degenza erano invece regolarmente imputati al Servizio sanitario nazionale, e i soldi versati dai pazienti percepiti dal primario, da Fukushima, e da un allievo di questi, il 61enne neurochirurgo dell'Università di Pisa Gaetano Liberti, altro destinatario della misura cautelare, che avrebbe messo in rapporto suoi pazienti con il primario del Ruggi d'Aragona, facendo anche pressioni perchè si operassero e rilasciando loro una ricevuta formalmente emessa dal Fukushima Brain Institute con la causale 'Consulenza neurologica' per il versamento di denaro effettuato. In due casi, Brigante avrebbe prospettato a malati la necessità di una operazione immediata, da farsi a Salerno, garantendo che avrebbe operato Fukushima, seppure non autorizzato dalla direzione ospedaliera, al di fuori delle liste d'attesa, con il solo bonifico di 5mila dollari come donazione alla fondazione americana International Neurosurgery Education and Research da lui diretta.
Avrebbe un ruolo anche Annamaria Iannicelli, 48enne caposala del reparto di Brigante, che per gli inquirenti avrebbe curato la disponibilità della sala operatoria nel giorno stabilito, cancellando e modificando la posizione di pazienti nella lista di attesa a sfavore di quelli "ordinari", che cioè non avevano dato mazzette al "gruppo". Liberti, dicono le indagini, a due suoi pazienti ha prospettato la possibilità di farsi operare da Fukushima a San Rossore con 60mila e 57mila euro, oppure a Salerno per 20mila e 15mila euro, da versare però sul conto del Brain Institute. Uno dei due pazienti morì, e il denaro venne restituito alla famiglia. Anche in questi casi ci sarebbe stata la collaborazione della caposala. A Saponiero viene contestato di non aver controllato la gestione delle liste, senza promuovere accertamenti neppure dopo segnalazioni interne, tutelando Brigante con cui aveva un rapporto di conoscenza decennale; non potrà esercitare per 9 mesi.

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