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Domenica, 28 Aprile 2024
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La testimonianza di Lina all'ITE Amabile: per uscire dalla violenza bisogna eliminare la paura dei pregiudizi

Questa mattina la sua testimonianza ai ragazzi e alle ragazze dell'istituto scolastico di Avellino, in occasione dell'incontro "Io, vittima! Come uscire dalla rete"

"Ripercorrere l'iter è sicuramente doloroso, ma è anche motivo di gioia per me, perchè oggi posso raccontare la mia testimonianza a differenza di molte altre donne. E mi auguro che molte altre possano farlo come lo sto facendo oggi io. Al di là di leggi e pene severe che stanno funzionando, quello che deve cambiare è la mentalità delle persone. I ragazzi devono essere sensibilizzati su questo tema: l'amore non va vissuto come possesso e violenza, l'amore è tutt'altro". L'amore vero, quello che non alza le mani, quello che non ti chiede di tacere, quello che non ti perseguita, quello che non ti fa sentire sola e inadeguata, lo ha conosciuto solo dopo Lina, nome di fantasia della donna vittima di violenza, che oggi, dopo aver denunciato l'ex compagno violento, vive felicemente la sua storia d'amore con il marito. Questa mattina Lina ha portato la sua testimonianza ai ragazzi e alle ragazze dell'ITE "Amabile" di Avellino, in occasione dell'incontro "Io, vittima! Come uscire dalla rete", che l'hanno accolta con cartelloni e mani dipinte di rosso, per dire "Basta alla violenza sulle donne".

Mancano pochi giorni al 25 novembre, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, e i recenti fatti di cronaca descrivono uno scenario tragico e straziante in Italia, dove le donne ammazzate dagli uomini, le donne sfregiate con l'acido, le donne perseguitate dall'ex compagno, sono in continuo aumento. Quello che emerge, anche ascoltando la testimonianza di Lina, evidentemente emozionata all'ingresso nell'aula magna e durante il racconto della sua triste vicenda, è la necessità di un cambio di rotta a livello culturale: l'eliminazione di ogni pregiudizio e la sensibilizzazione alla tematica.

La testimonianza di Lina all'ITE Amabile: per uscire dalla violenza bisogna eliminare la paura dei pregiudizi (Foto Sabina Lancio)

La testimonianza di Lina

Lina ha avuto il coraggio di denunciare il suo aggressore nel 2009 e per due anni ha affrontato una dura battaglia con l'aiuto dei familiari, degli amici, del suo legale, delle istituzioni, delle forze dell'ordine. La sua testimonianza racconta di un percorso, quello che parte dalla denuncia, sicuramente non facile ma che non ha dovuto affrontare da sola."Oggi esistono misure di ammonimento sicuramente più rigide, che tengono la persona sotto controllo. Dopo la denuncia ho avuto paura, sicuramente, infatti cercavo di stare sempre insieme ad altre persone, lavoravo in compagnia di colleghi e familiari. Ma ho avuto l’ausilio di conoscenti e familiari, dei Carabinieri che sostavano sotto casa e questo mi ha aiutato molto. Le istituzioni sono state presenti sin dall'inizio e non mi hanno fatto mancare il loro supporto. Per me hanno fatto tanto, hanno fatto il possibile. Quello che purtroppo è stato difficile da affrontare sono stati i pregiudizi e le critiche di alcune persone, anche perchè all'epoca la tematica della violenza di genere non veniva affrontata come oggi. Quando si parla di violenza, qualsiasi essa sia, non è mai semplice. Alle donne dico di non avere paura, di andare oltre i pregiudizi e le critiche, di denunciare e di farlo col sostegno dei familiari e, se non ci fosse, anche da sole perchè le istituzioni oggi possono fare tanto".

L'educazione all'affettività per imparare a gestire le emozioni

L'incontro di questa mattina ha voluto porre l'attenzione in particolare, non solo sulla testimonianza di Lina e sulla ricostruzione del processo penale che ha portato alla condanna dello stalker, ma anche sull'importanza dell'educazione all'affettività, come ha spiegato la Professoressa Antonella Pappalardo, dirigente scolastica dell'Ite "Amabile": "Ogni anno facciamo questo tipo di iniziative. Quest'anno abbiamo dato un taglio diverso, con l'attenzione rivolta alla testimonianza di una vittima uscita dalla rete della violenza, ma anche sull'importanza dell'educazione all'affettività che noi già facciamo a scuola, facendo impattare i ragazzi e le ragazze che hanno delle problematiche con psicologi e legali".

"Il minuto di silenzio - ha aggiunto Pappalardo - è residuale e insignificante rispetto ai fiumi di parole che si dovrebbero spendere sulla problematica. Per questo il 29 novembre dedicheremo un'intera giornata alla Violenza di Genere con ulteriori riflessioni per gli studenti. I nostri ragazzi sono abituati all'amore liquido, alle connessioni rapide, con un click cancellano la vita online e questo si ripercuote anche sulla vita offline, dove molto spesso si è incapaci di gestire le proprie emozioni. Per questo la scuola deve prendere le redini della situazione, ascoltare i ragazzi".

Con l'introduzione dei Social, che spesso diventano ulteriori canali di violenza, non è solo più facile ritrovarsi in situazioni di pericolo, ma è possibile ricostruire attraverso le chat e i contatti, la dinamica violenta. Quando Lina ha scelto di denunciare il ruolo del web non era ancora così pregnante nelle relazioni interpersonali, ma la ricostruzione è partita, nel suo caso, proprio dai continui contatti telefonici da parte dello stalker. "Nel caso di Lina - ha raccontato l'avvocato Almerigo Pantalone - la ricostruzione operata dai Carabinieri attraverso i tabulati telefonici è stata fondamentale nel dimostrare la persecutorietà del comportamento del soggetto nei confronti della vittima, che si è ritrovata a dover affrontare anche un altro episodio triste e drammatico: Lina - ha raccontato l'avvocato - si è ritrovata iscritta, a sua insaputa, ad un sito di incontri. Era stato il suo aggressore a farlo e una moltitudine di uomini iniziavano a contattarla per incontri a sfondo sessuale. Lina allora ha sporto un'altra denuncia, è stata cancellata dal sito, e sono partite nuove indagini ancora più approfonfite. Dunque, anche senza la diffusione all'epoca di Social, c'era stata la volontà di distruggerla telefonicamente, di distruggerne l'immagine". 

L'importanza di credere nella giustizia e andare fino in fondo

"Non è vero che non c'è la certezza della pena - ha spiegato l'avvocato Pantalone -, forse in molti casi non c'è la certezza di essere certi: ho notato che le vittime presentano la denuncia e, dopo le lacrime di coccodrillo dello stalker o dell'aggressore, la ritirano e questo è deleterio perchè spegne il procedimento penale. L'aggressore non cambierà e in molti casi, dopo il ritiro della denuncia, ritornerà all'attacco ancora più cattivo di prima. Per cui bisogna credere nella giustizia fino in fondo e andare avanti, essere certe di intraprendere un percorso di redenzione personale ancor prima che processuale. Gli strumenti della Legge ci sono e ci sono anche ottimi avvocati che sostengono le vittime in questo percorso, così come ottimi esponenti della Polizia Giudiziaria e delle Procure della Repubblica".

Investire nei Cav e nelle case rifugio per aiutare le donne che scelgono di denunciare

All'avvocato penalista abbiamo voluto porre all'attenzione, però, anche la paura delle donne che scelgono di denunciare, proprio perchè la denuncia può rendere l'aggressore ancora più violento. In che modo le donne che scelgono di denunciare possono sentirsi al sicuro? La risposta del legale: "Nel 2021 e nel 2022 i fondi stanziati dal Governo per le case rifugio, dove vanno a vivere le vittime di violenza, non sono aumentati, ma addirittura diminuiti in alcuni casi. Nella regione Campania esistono solo 7 case rifugio, pur essendo una delle più popolate e statisticamente ai primi posti per questo tipo di reati. Occorrerebbe dunque investire nelle case rifugio, perchè una donna che lascia la propria abitazione molte volte lo fa insieme ai figli e accogliere interi nuclei familiari comporta esigenze organizzative ed economiche che diventano importanti. Occore lo sforzo di investire soldi nei centri antiviolenza che non possono essere limitati solo alle consulenze, anche quelle sicuramente importanti soprattutto nella prima fase, ma il problema lo riscontra poi la donna che deve poi tornare a casa dall'orco. Inoltre serve riconoscere non solo la soluzione abitativa quotidiana, ma anche una soluzione di tipo economico per consentire alle donne di uscire anche dalla dipendenza economica e garantire loro un reinserimento nel mondo del lavoro. Sono queste le quote rose da individuare e su cui investire realmente".

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