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Martedì, 30 Aprile 2024
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Irpinia terra di sagre, sì ma “gourmet”: altro che eventi popolari, i prezzi sono alle stelle

Allora ci chiediamo: anche le sagre stanno diventando per pochi? O si potrebbe far qualcosa per mantenere viva, oltre alle tradizioni culturali e culinarie irpine, anche la tradizionale partecipazione popolare, laddove, per popolare, s’intende appunto accogliere tutti, senza distinzioni piramidali economico-sociali? 

Irpinia, terra di sagre e feste di paese. Tutte belle, per carità. Tutte divertenti, ricche di tradizione e buon cibo, musica e spettacoli vari, convivialità, condivisione, socializzazione e l’oramai tanto abusata “riscoperta del territorio”. Ma quanto costa tutta questa partecipazione in termini di spesa per i partecipanti? Tanto, ve lo possiamo garantire. 

Cenare ad una sagra, o pranzare, poiché molti eventi del genere accolgono i commensali anche per il pasto centrale della giornata, è diventato quasi un lusso. Prezzi alle stelle, infatti, anche per i piatti “di strada”, laddove “di strada” vuol dire consumati in strada, appunto. Quindi senza servizio al tavolo, o al muretto, o alla panchina o dove si trova un posto per degustarli. 

Ricordo che il costo del classico panino con la salsiccia, nelle feste di paese, con tanto di contorno e con bicchiere di vino incluso nel prezzo, fino a qualche anno fa non superava i tre euro. Ci ritroviamo oggi, invece, a pagarlo ben cinque euro, il più delle volte senza contorno perché non previsto o terminato, e con bicchiere di vino da pagare a parte. Stesso prezzo abbinato ad un semplice panino con la mortadella arrostita, uno dei salumi meno costosi tra l’altro. Per non parlare del tanto agognato caciocavallo impiccato, che per quanto possa essere una delle cose più deliziose al mondo, sembra essere diventato un piatto gourmet: anche la fetta di pane abbrustolita alla brace, con pochi grammi di formaggio fuso spalmato sulla stessa, ha raggiunto il costo di 5 euro in diverse sagre irpine andate in scena nelle ultime settimane. 

E fin quando alla sagra bisogna pensare a sfamare solo se stessi, probabilmente si può ancora ragionare. Magari meglio a pancia piena. Ma se vi partecipa una famiglia composta, ad esempio, da quattro o cinque persone, come la mettiamo? La mettiamo che un giro alla festa di paese viene a costare più di un pranzo o di una cena al ristorante, dove almeno oltre al cibo e alle bevande, viene offerto il servizio al tavolo.

Allora ci chiediamo: anche le sagre stanno diventando per pochi? O si potrebbe far qualcosa per mantenere viva, oltre alle tradizioni culturali e culinarie irpine, anche la tradizionale partecipazione popolare, laddove, per popolare, s’intende appunto accogliere tutti, senza distinzioni piramidali economico-sociali? 

Con tutto il rispetto e tutta la comprensione verso gli organizzatori che lavorano mesi all'allestimento di tali eventi e che, oltre all'infinita lista di permessi e autorizzazioni, affrontano spese di vario tipo, tenendo conto anche dell'aumento dei prezzi delle materie prime, siamo costretti a pensare che anche le sagre stiano entrando nel circuito di quelle esperienze sensoriali alle quali, come si suol dire, si rischia di arrivare a "pagare anche l'aria che respiriamo". 

Ogni volta che una famiglia vuol prendere parte ad un evento del genere, infatti, e degustare i piatti preparati negli stand, deve preventivare una spesa pro capite di circa 20/25 euro se ogni componente desidera consumare un pasto più o meno completo. Per quanto riguarda le bevande, che si sa ai più piccoli della famiglia non si può certo far bere aglianico o falanghina, nè si può costringere gli astemi a dissetarsi con un bel calice di greco seppur fresco e piacevole d'estate, l'acqua meglio portarsela da casa e conservare due euro a testa (questo il costo di una bottiglia da 500 ml in molti degli eventi estivi), per il prossimo giro di caciocavallo impiccato, che a quello, si sa, non si potrà mai rinunciare. 

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