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Il Comitato Palazzine Bene Comune ripete al Sindaco De Vito: “non si abbatte la memoria”

"Casette asismiche” di Aquilonia: un Piano B per l'Ambito B?"

Nel pomeriggio di ieri 12 luglio una squadra di Vigili del Fuoco – chiamata, secondo quanto abbiamo appreso, dai Carabinieri della locale stazione – ha effettuato un intervento sulle cosiddette “palazzine asismiche” di Aquilonia (Av), in particolare quelledell'Ambito B. L'intervento è evidentemente legato allo stato di abbandono delle strutture e al possibile rischio pubblico causato dall'abbandono. Presumiamo che i pompieri siano intervenuti per prevenire il distacco di qualche elemento dalle coperture o per simili ragioni di emergenza; poi hanno transennato il perimetro, in mancanza di una recinzione a norma. La necessità di un intervento dei VVF conferma che esiste una precisa “strategia dell'abbandono” perseguita dall'amministrazione comunale per raggiungere, di fatto, gli scopi che non riesce a conseguire con atti amministrativi.

Il piano del sindaco De Vito, nel suo primo mandato, era di abbattere le palazzine in base alla delibera comunale n. 112 del 21/11/2017. Dal dicembre 2017 il Comitato “Palazzine bene comune”, sorto spontaneamente a seguito di una denuncia su Facebook, si è battuto con successo per scongiurare la distruzione mettendo in piedi una mobilitazione che è riuscita a coinvolgere molte centinaia di persone, compresi Vinicio Capossela, Franco Arminio, Franco Farinelli, Vito Teti, Antonio Onorato e altri prestigiosi firmatari di un appello contro l'abbattimento. Il Comitato e tantissimi cittadini giudicano insensato abbattere un patrimonio edilizio storico la cui rigenerazione – studiata in numerosi corsi universitari – potrebbe al contrario rafforzare, in un paese in via di spopolamento, il senso di appartenenza dei cittadini al luogo, la consapevolezza della propria storia, la coesione della comunità. Tale intento è ancora più assurdo in quanto non accompagnato da alcuno straccio di ipotesi di sostituzione, nonché contrario alle tutele garantite dalla legge (D.lgs. 42/2004 - Codice dei beni culturali e del paesaggio), così come avvertiva la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Salerno e Avellino con nota ufficiale del 27 dicembre 2017.

Questo piano è quindi fallito. Ed ecco il piano B: non fare nulla, aspettare che tutto vada in rovina. È di fatto questo il nuovo piano adottato per l'Ambito B di Aquilonia da un'amministrazione che, nel secondo mandato, conferma evidentemente le intenzioni del primo, ma con un cambio di strategia. Rifiutare sempre e comunque il confronto pubblico sul tema rappresenta, invece, un elemento di continuità tra il primo e il secondo De Vito.

Di fronte al cambio di strategia del Comune di Aquilonia, il Comitato “Palazzine bene comune” non può che confermare quanto ha sempre sostenuto, inascoltato dal sindaco: l'area, al centro del paese, è l'ultimo lotto ancora esistente del primo insediamento di “casette” costruite per ospitare in via temporanea gli sfollati del cosiddetto “terremoto del Vulture” (1930) nel Comune di Aquilonia. Essa è costituita da un nucleo di 6 palazzine e si distingue per il fatto di rappresentare l’ultimo luogo di Aquilonia che conserva la struttura, il tessuto, l’atmosfera stessa di un piccolo quartiere caratteristico dell’impianto urbanistico che il paese aveva alla sua fondazione. Di fatto, l'Ambito B è il centro storico della nuova Aquilonia ricostruita dopo la distruzione del 1930. La storia di Aquilonia che quel luogo testimonia, sia pure drammatica, è cara a tanti dei suoi abitanti e l'Ambito B è tra le cose che fanno di Aquilonia, e solo di Aquilonia, quello che è. Non si abbatte la memoria.

Si provveda, piuttosto, alla messa in sicurezza conservativa degli edifici, che costituisce un preciso obbligo del Comune di Aquilonia. E si facciano, come il Comitato ha sempre richiesto, dei progetti di riqualificazione fondati sul rispetto dei valori rilevati dalla Soprintendenza di Avellino e Salerno, secondo la quale tali edifici sono “consolidati nell'immaginario collettivo come elemento di identificazione storico-culturale”. Inoltre, sempre secondo la Soprintendenza, le palazzine “rappresentano uno degli ultimi esempi di 'edilizia sociale' dei primi decenni del XX secolo inserito nel dibattito architettonico europeo sul tema dell'abitazione minima e, dal punto di vista strutturale, della sicurezza antisimica”. Il sindaco non può continuare a ignorarlo.

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